Una notte, come questa,
sessanta anni fa,
nessuno sapeva che in un punto della terra
una donna stava correndo al luogo del “sì”.
Chi era lo sposo?
Unica testimone, la Chiesa.
L’abito nuziale
aveva il colore della pioggia e del vento.
Lo sposo non aveva un cognome da donare alla sposa:
le prometteva un regno nascosto
dove il dolore diventa gioia,
la tenebra si muta in luce
e dove ogni odio sbiadisce al calore dell’amore.
Nessun invitato,
nessuna firma oltre ad una lacrima,
nessun pranzo nuziale.
Un diadema, sì, quello c’era:
tre gemme rosse,
come garofani accesi,
stemma della famiglia.
Oggi,
milioni di testimoni e invitati
festeggiano lo sposalizio segreto.
Lo sposo porta alla sposa la lacrima diventata diamante.
E lei cosa gli porta?
Ha in mano tre gemme accese la cui fragranza,
che va e che viene,
inebria i popoli.
Poi apre i suoi occhi
e lo sposo vi vede un’acies di fuoco.
Nell’universo c’è un fremito:
dove la sposa guarda,
le ombre si diradano,
fuggono, svaniscono
e i pezzi sparsi compongono una casa
grande come il mondo.
La notte del 7 dicembre 2003
ricordando con commozione
il "sì" di Chiara Lubich a Dio,
un "sì" che aveva generato anche la mia vocazione,
ho composto questo
segno di gratitudine immensa
sempre bella, sempre da rivedere, sempre da pensare....un dono
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