Oggi sono stato alla sepoltura della mamma di un amico. Pioveva a dirotto e la sala della “casa della tristezza”, come chiamano in Slovacchia l’edificio dove si svolge la cerimonia di commiato, che può essere anche un rito religioso, era troppo piccola per contenere tutti.
Tenevo l’ombrello in modo che non disturbasse i vicini. Dalla sala poi, dietro al feretro, comincia a muoversi un serpentone di ombrelli che diventerà un fiore variopinto attorno alla fossa già scavata. Tra canti dell’intero gruppo di amici, con qualche ricordo gridato in un microfono ondeggiante, cerco di ascoltare chi parla. Davanti a me due donne si comunicano notizie delle rispettive famiglie e ricette di dolci per diabetici, incuranti dei loro ombrelli che dondolano secondo il racconto, facendo dondolare anche la testa di chi cerca qualche spiraglio per vedere in faccia i parenti stretti o il parlatore di turno.
Comunque riesco a seguire un vescovo che parla della defunta, di Marika, come di una grande attivista in tempi duri. Una ragazza coraggiosa che si esponeva anche a pericoli pur di testimoniare la sua fede. Lei aveva intuito che i sogni hanno bisogno di martiri, di gente che sa rischiare tutto. Le due donne che stavano davanti a me, decidono di andare via. È più facile ora seguire il ricordo che fa piangere marito e figli.
Sapevo poco di quella donna, da vent’anni ridotta all’immobilità da una feroce malattia. Dopo aver salutato la famiglia, l’amico m’invita alla messa che sarebbe stata nella loro chiesa parrocchiale e poi al “kar”, il ricevimento che la famiglia del defunto offre ad amici e parenti.
È un’occasione di ritrovarsi sullo sfondo della vita che passa.
Dipende dalle possibilità della famiglia il tipo di cena e il numero degli invitati. Spesso vengono proiettate delle foto. Sono stato a tanti kar, ma stavolta c’è una caratteristica. Sono presenti molti di quelli che avevano sognato un futuro migliore per questo Paese. Uno di questi, un anziano professore è seduto di fronte a me alla tavola della cena. “Ce ne stiamo andando tutti e con noi seppelliranno anche i nostri sogni! L’altro giorno un mio nipote mi diceva che la nostra generazione di idealisti oggi non potrebbe vivere. Patria, famiglia, fedeltà, onestà, tradizione… tutta roba di un passato lontano. Ho chiesto a mio nipote se ha qualche sogno. Mi ha risposto che i sogni albergano in chi non sa o non può soddisfare i propri bisogni. Oggi si vive il tempo che si ha. Carpe diem!
Mio nipote è un ragazzo bravo ma sembra che oggi il distacco tra le generazioni sia molto più profondo di una volta e che nessun passato sia capace di dare qualcosa alle nuove ondate di umanità”.
Quando ci viene offerta la grappa per fare il brindisi in memoria della defunta, il professore in piedi e con il braccio alzato, aggiunge a chi aveva introdotto il brindisi: “Cari amici, Marika anche dalla sua immobilità non ha visto spegnere i suoi sogni e li riaccendeva in chi l’andava a trovare. La malattia e la morte l’avrebbero messa a tacere, ma non sono riuscite. Marika non tace, ora parla più forte”.
Un sentito applauso arrivò da varie parti della sala piena di gente seduta alle tavolate o in piedi in attesa di cominciare a servire.
“Figlio mio – mi dice il professore dopo aver bevuto la grappa - se potessi parlare al cuore dei giovani direi: sappi afferrare ciò che la vita ti suggerisce, magari con una intuizione. Lasciati condurre da essa. I progetti che facciamo soltanto per avere una vita più facile, per quanto grandi, ritmano la nostra crescita, ma non vanno lontano. Le intuizioni, come i sogni, non hanno il nostro ritmo, sono piccole fessure che ci fanno intravedere il Paradiso!”
Foto mia
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Forse le lacrime sono i semi di quei frutti che i sogni generano che - una volta caduti "a terra" - si aprono, si modificano per diventare di nuovo sogni reali, alberi giganteschi che popolano l'umanità ...
RispondiEliminaE così, di frutto in frutto, di seme in seme, di lacrima in lacrima tutta la Terra, tutta l'Umanità sarà la realizzazione di sogni, del primo sogno di Dio.
Caro Tanino, con l'aiuto di mio nipote ti scrivo per dirti che sono un'assidua lettrice di Città Nuova. Da alcuni numeri non ti leggo più. Sono una religiosa e uso i fatti che racconti quando parlo alle mamme dei bambini. Ho lettu su Città Nuova che scrivi qui. E' per questo motivo che non scrivi sulla rivista? Non ho possibilità di usare spesso il computer. Ti sarei grata se mandi all'indirizzo di mio nipote, quello che scrivi.
RispondiEliminaChiedo troppo? Lui può farmelo avere.
Ti mando a parte il suo indirizzo.
Che Dio ti benedica. S. D.
Sono occasioni che insegnano.
RispondiEliminaIl mio insegnante..alla mano.
Siamo memori se ogni cosa che ci succede è dovuta alla storia.
Ringrazio Dio.
Annibale