L’apostolo
Pietro sta illustrando alle sue comunità il genuino spirito del Vangelo nelle
sue applicazioni concrete, con particolare riferimento alla condizione e allo
stato di vita a cui ciascuno appartiene.
Qui si
rivolge agli schiavi che si sono convertiti alla fede ed ai quali, come a tutti
gli schiavi nella società di allora, accadeva di subire incomprensioni e
maltrattamenti del tutto ingiusti. Per estensione queste parole sono rivolte a
tutte le persone le quali in ogni tempo e luogo si trovano a dover subire
incomprensioni ed ingiustizie da parte dei loro prossimi, siano essi superiori
od eguali.
«Se, facendo
il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a
Dio»
A queste
persone l’apostolo raccomanda di non cedere alla reazione istintiva, che
potrebbe sorgere in queste situazioni, ma di imitare il comportamento tenuto da
Gesù. Li esorta anzi a rispondere con l’amore, vedendo anche in queste
difficoltà ed incomprensioni una grazia, cioè una occasione
permessa da Dio per dare prova del vero spirito cristiano. In questo modo,
oltre tutto, potranno portare a Cristo con l’amore anche l’altro che non li
comprende.
«Se, facendo
il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a
Dio»
Certuni,
partendo da queste parole o da altre simili, vorrebbero accusare il
cristianesimo di favorire una eccessiva remissività, la quale addormenterebbe
le coscienze, rendendole meno attive nella lotta contro le ingiustizie.
Ma non è
così. Se Gesù ci chiede di amare anche chi non ci capisce e ci maltratta, non è
già perché voglia renderci insensibili alle ingiustizie, anzi! E’ perché vuole
insegnarci come costruire una società veramente giusta. Lo si può fare
diffondendo lo spirito del vero amore, cominciando noi ad amare per primi.
«Se, facendo
il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a
Dio»
Come vivere,
allora, la Parola di vita di questo mese?
I modi, con
cui pure noi oggi possiamo essere incompresi e maltrattati, sono tanti. Essi
vanno dalle indelicatezze e sgarbi ai giudizi malevoli, alle ingratitudini,
alle offese, alle vere e proprie ingiustizie.
Ebbene:
anche in tutte queste occasioni noi dobbiamo testimoniare l’amore, che Gesù ha
portato sulla terra verso tutti e, quindi, anche verso chi ci tratta male.
La Parola di
questo mese vuole che, pur nella difesa legittima della giustizia e della
verità, non ci dimentichiamo mai che il primo nostro dovere, come cristiani, è
di amare l’altro, cioè di avere verso di lui quell’atteggiamento nuovo, fatto
di comprensione, di accoglienza e di misericordia che Gesù ha avuto verso di
noi. In tal modo anche nel difendere le nostre ragioni, non spezzeremo mai il
rapporto, non cederemo mai alla tentazione del risentimento o della vendetta.
E, così
facendo, quali strumenti dell’amore di Gesù, saremo in grado anche noi di
portare a Dio il nostro prossimo.
Chiara Lubich
E' una palestra!
RispondiEliminaEssere Gesù...essere Madre.