Insegnavo
“religione” in un istituto tecnico. L’inizio non fu facile sia per la
complessità della materia, sia perché gli studenti avevano sempre considerato
quell’ora come riposo o per studiare altro. Con fatica trovai un mio spazio e
lentamente una vera intesa con gli alunni, ma non fu così con i colleghi, con
uno in particolare. Un giorno in sala professori, con un tono di voce che potesse
arrivare a tutti, mi disse senza guardarmi in faccia: “Ma tu, caro collega, non
hai trovato un altro modo per rubare soldi?”. Non fu facile ma trovai come
risposta una battuta che facesse ridere tutti. A un cineforum, dopo un mio
intervento, si arrampicò sui vetri per dimostrare l’infondatezza di quanto
avevo detto. Era evidente che ero il suo bersaglio.
A
una gita scolastica, una notte il collega si ubriacò da non reggersi in piedi.
Lo accompagnai nella sua camera. Stava male. Quando vomitò l’abbondante cena e
l’alcool, cominciò a rendersi conto di chi stava accanto a lui. Imbarazzato,
con la vergogna di un bambino, chiese perché non lo avessi mandato al diavolo.
Era difficile spiegargli la gioia del perdono.
Bella storia e bella foto.
RispondiEliminaTanino ciò che racconti ha del paradosso, ma hai vissuto così questo rapporto con il collega.
Anch'io sono insegnante e mi rendo conto che i nemici non sono i colleghi ma gli alunni: una generazione del disimpegno e della cultura spicciola.
Purtroppo dietro gli alunni ci stanno genitori frustrati che vogliono essere protagonisti attraverso il controllo degli studi dei figli, ma solo quando si tratta di reagire a note e voti negativi. Sempre assenti ma in certi momenti agguerriti difensori di principi altissimi...
Insomma la scuola non è missione, non è servizio ma un campo di battaglia.
Grazie comunque.Dalle tue storie si impara sempre.
Giorgio
In risposta a Giorgio vorrei dire che io sono della parte opposta, sono un alunno. Rammento che la nostra non è la generazione del disimpegno o della cultura spicciola. E' la generazione dei giovani abbandonati a se stessi, perché nessuno si preoccupa veramente della loro identità, della loro anima che in una società così meschina è facile se non certo che si perda. Lo dico perché l'ho constato ultimamente.. Miei coetanei che credevo "stupidi" o superficiali nel comportarsi, in realtà, covano in loro una grande carenza di vero affetto e valori veri. Allora per piacere non lamentatevi sempre di noi giovani, ricordatevi che nessuno nasce cattivo, svogliato, stanco etc. ma ciò è frutto di un'esistenza che a volte, e parlo anche per me, sembra assurda, soprattutto in una società consumistica e materialistica. E, permettetemelo di dire, non l'abbiamo creata noi!!
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