Una delle più grandi difficoltà
della vita comunitaria è che si obbligano a volte le persone a essere diverse
da quello che sono; si appiccica su di loro un ideale al quale devono
conformarsi.
Se non arrivano a identificarsi
all’immagine che si fa di loro, temono
di non essere amati o almeno di dare una delusione.
Se ci arrivano, credono di essere perfetti.
Ora, in una comunità, non si tratta di avere delle persone perfette. Una comunità è fatta di persone legate le une alle altre, ognuna fatta di quel miscuglio di bene e di male, di tenebre e di luce, di amore e di odio. E la comunità non è che la terra in cui ognuno può crescere senza paura verso la liberazione delle forme d’amore che sono nascoste in lui. Ma non ci può essere crescita che si riconosca che c’è possibilità di progresso, e dunque che c’è ancora in noi una quantità di cose da purificare, tenebre da trasformare in luce, paure da trasformare in fiducia.
Se ci arrivano, credono di essere perfetti.
Ora, in una comunità, non si tratta di avere delle persone perfette. Una comunità è fatta di persone legate le une alle altre, ognuna fatta di quel miscuglio di bene e di male, di tenebre e di luce, di amore e di odio. E la comunità non è che la terra in cui ognuno può crescere senza paura verso la liberazione delle forme d’amore che sono nascoste in lui. Ma non ci può essere crescita che si riconosca che c’è possibilità di progresso, e dunque che c’è ancora in noi una quantità di cose da purificare, tenebre da trasformare in luce, paure da trasformare in fiducia.
Spesso, nella vita comunitaria, ci si aspetta
troppo dalle persone, e s’impedisce loro di riconoscersi e di accettarsi così
come sono.
Le si giudica molto presto, o le si classifica in categorie. Esse sono allora obbligate a nascondersi dietro una certa maschera. Ma loro hanno il diritto di essere brutte, e di avere un mucchio di tenebre dentro di sé, e angoli ancora induriti nel loro cuore in cui si nasconde la gelosia e perfino l’odio!
Queste gelosie, queste insicurezze sono naturali; non sono “malattie vergognose”. Esse appartengono alla nostra natura ferita.
E’ la nostra realtà.
Bisogna impararle ad accettarle, a vivere con esse senza drammi, e a poco a poco, sapendosi perdonati, a camminare verso la liberazione.
Le si giudica molto presto, o le si classifica in categorie. Esse sono allora obbligate a nascondersi dietro una certa maschera. Ma loro hanno il diritto di essere brutte, e di avere un mucchio di tenebre dentro di sé, e angoli ancora induriti nel loro cuore in cui si nasconde la gelosia e perfino l’odio!
Queste gelosie, queste insicurezze sono naturali; non sono “malattie vergognose”. Esse appartengono alla nostra natura ferita.
E’ la nostra realtà.
Bisogna impararle ad accettarle, a vivere con esse senza drammi, e a poco a poco, sapendosi perdonati, a camminare verso la liberazione.
Io vedo nelle comunità certe persone vivere
una specie di colpevolezza inconscia; hanno l’impressione di non essere quello
che dovrebbero essere. Hanno bisogno di essere confermate e incoraggiate alla
fiducia.
Hanno bisogno di sentire che possono condividere anche la loro debolezza senza essere respinte.
Hanno bisogno di sentire che possono condividere anche la loro debolezza senza essere respinte.
Jean Vanier
La comunità luogo del
perdono e della festa
Questa sì che è una pagina forte.
RispondiEliminaTanino, ti ringrazio.
Sono un religioso e so che sotto ogni parola che dice Jean Vanier ci siano drammi, lacrime, fallimenti e disperazione... in nome di Dio(sic!).
Divenire se stessi, essere se stessi è il connotato più serio della nostra cultura occidentale.
Diffonderò questa pagina e ti ringrazio.
Ciao,
P. L.
Grazie! Un testo difficile che fa intravedere cosa può diventare una convivenza religiosa.
RispondiEliminaC'è eroismo in una scelta di vita comunitaria. Non si spiegherebbe senza la fede.
C. B.
Non sono un "religioso" propriamente detto, ma come tutti vino in una comunità - famiglia, ufficio, amici, ..... quanto è vero, in queste parole mi sono visto, in tanti comportamenti avuti e subiti, vittima e carnefice. Tanino grazie.
RispondiEliminaCarlo Vetrano
Un testo davvero straordinario. Da applicare anche (e forse... soprattutto) nel rapporto di coppia, non trovi? Me lo faccio mio! Mi dà pace. Mi aiuta a comprendere sia me stessa che il mio partner. Grazie Tanino!!
RispondiEliminaTanino, hai scelto un pezzo di valore.
RispondiEliminaRingrazio quelli che hanno detto qualcosa: penso che tutti siamo in una comunità, come dice Carlo Vetrano, e siamo tutti nella stessa barca.
Non è soltanto il convento il luogo dove bisogna gestire il diritto di essere se stessi.
Comunque un bel testo,
grazie, Tanino!
Teresa S.