Se
il giorno dei morti ti rechi al Verano[1],
vedi
una distesa sterminata di tombe.
E
verso sera, al palpitar della notte,
s’accende per
ogni salma un lumicino.
Una
tomba comune raccoglie un numero senza numero di morti
e,
per ogni morto, una favilla.
Numero
senza numero quelle luci,
simili
a uno squarcio della via lattea calato in terra.
Passano
i giorni
e
ogni dì conta a migliaia quelli che più non sono.
C’è un giorno
stabilito per ognuno.
E
verrà
il giorno mio, il tuo, quello per tutti.
Un
lumicino in più accanto ai tanti.
Qualche
giorno di pianto e di cordoglio dei vicini,
poi
torna la corsa della vita uguale a prima.
E
accanto al pianto tuo uno sfrenato jazz nel bar;
un
bianco fiocco sulla casa di fronte;
l’urlo della
sirena della crocerossa, che dice pericolo,
e
il botto d’uno champagne che annuncia nuove nozze.
Vecchi
randagi, appoggiati a portoni tarlati,
signore
imbellettate, emblemi di vanità.
Questa
la vita.
Ma,
se le stelle hanno il loro nome,
non
molti lumicini del Verano dicono una voce.
Son
morti! morti... ben presto senza nome.
Son
morti perché vollero la vita.
Son
morti perché in vita non morirono.
C’è invero il
coraggioso che affrontò la morte
e
fu pronto sul suo nulla a lasciar vivere il Signore.
Quegli
vive nella gloria eterna
e
nella imperitura memoria dei mortali.
Quanti
contemporanei d’una Teresa d’Avila,
d’un
Francesco, d’un Vincenzo!
Ma
chi ricorda i nomi?
Passarono
e non rimase orma.
I
santi sono fulgori,
che
accesero le notti del loro tempo e quelle appresso,
perché lampade
vuote, piene di Luce eterna.
Essi
in vita si donarono a Dio perdutamente
e
giurarono di non lasciarlo mai.
Allora
lui, artefice divino,
li
lavorò,
limandoli,
piallandoli, sfondandoli
con
quelle dure prove, che fanno rimanere l’uomo quasi inattivo:
vivo
solo al dolore, vivo all’amore.
Finché purgato il
cuore, l’anima, la mente,
Dio
dona ai santi un compito celeste.
E
fanno e fanno
ma
non fanno più essi.
Fa
Dio in loro
e
il mondo si converte.
I
cuori attratti dal lume tanto atteso,
tanto
sognato, quasi inconsciamente,
seguono
la luce a turbe,
e
trovano col santo lo stesso Dio.
E
in lui la legge che fa rivoluzione
e
dal di sotto sorregge e crea la società divina
che
è
l’umanità cristificata.
I santi non son luci del Verano,
son stelle accese in Cielo
eternamente.
Chiara Lubich
Scritti spirituali I, pp206-207
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