A. mi racconta:
Ero stata travolta da un ragazzo di colore che correva, inseguito
da tre uomini: «È un ladro, fermatelo!». Qualcuno lo ha bloccato e i tre hanno
preso a menarlo di brutto. Poiché nessuno interveniva, mi sono precitata a far
da scudo a quel poveretto: poteva avere 16 anni ed era spaventatissimo.
In un italiano stentato diceva di aver
rubato perché da giorni non toccava cibo. Stava male, si lamentava. Durante il
tragitto al pronto soccorso, dove avevo ottenuto di accompagnarlo, si stringeva
a me, ripetendo: «Tu mi hai salvato la vita, tu sei la mia mamma italiana!».
La diagnosi: trauma cranico e tre costole
rotte. Inevitabile il ricovero. Essendo sprovvisto di vestiario adatto, sono
andata a comprarglielo. Al ritorno, i carabinieri e le suore infermiere mi
hanno chiesto il perché di tanto interesse. «Mi sono sentita in dovere, come
cristiana, di aiutare un fratello più sfortunato».
Volevo lasciare a quel ragazzo una somma per
le sue necessità, ma una delle suore mi ha fermata: «Lei ha già fatto tanto.
Lasci che ora mi prenda cura io di lui».
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