martedì 21 luglio 2020

Una lettera di Benedetta Bianchi Porro

La vita dei santi disorienta perché non sembra seguire le vie prevedibili del pensare comune. Leggendo loro frasi o ascoltando testimonianze della loro vita mi incontro con qualcosa che stranamente riconosco mio, un bene che già posseggo. Il santo è lontano e vicinissimo. È un ponte tra tempo e “oltretempo”. Incontrando Benedetta Bianchi Porro ho avuto la stessa domanda che mi son fatta quando ho conosciuto Chiara Luce Badano, Carlotta Nobile, Carlo Acutis, Chiara Corbella Petrillo, per parlare di italiani del nostro tempo. 
Pubblico una lettera di Benedetta Bianchi Porro (1936-1964) che racconta la sua vita e in quali condizioni ha vissuto gli ultimi anni. Lei risponde a un giovane disperato aveva scritto alla rivista “Epoca”.  

Caro Natalino,
in «Epoca» è stata riportata una tua lettera. Attraverso le mani, la mamma me l'ha letta. Sono sorda e cieca, perciò le cose, per me, diventano abbastanza difficoltose.
Anch'io come te, ho ventisei anni, e sono inferma da tempo. Un morbo mi ha atrofizzata, quando stavo per coronare i miei lunghi anni di studio: ero laureanda in medicina a Milano. Accusavo da tempo una sordità che i medici stessi non credevano all'inizio. Ed io andavo avanti casi non creduta e tuffata nei miei studi che amavo disperatamente. Avevo diciassette anni quando ero già iscritta all'Università.
Poi il male mi ha completamente arrestata quando avevo quasi terminato lo studio: ero all'ultimo esame. E la mia quasi laurea mi è servita solo per diagnosticare me stessa, perché ancora (fino allora) nessuno aveva capito di che si trattasse.
Fino a tre mesi fa godevo ancora della vista; ora è notte. Però nel mio calvario non sono disperata. lo so che in fondo alla via Gesù mi aspetta.
Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli.
Fra poco io non sarò più che un nome; ma il mio spirito vivrà qui fra i miei, fra chi soffre, e non avrò neppure io sofferto invano.
E tu, Natalino, non sentirti solo. Mai. Procedi serenamente lungo il cammino del tempo e riceverai luce, verità: la strada sulla quale esiste veramente la giustizia, che non è quella degli uomini, ma la giustizia che Dio solo può dare.
Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio.
Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui.
Ciao, Natalino, la vita è breve, passa velocemente. Tutto è una brevissima passerella, pericolosa per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui per giungere in Patria.
Ti abbraccio. Tua sorella in Cristo, Benedetta

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