sabato 21 dicembre 2024

Accorati auguri di Chiara M.

Carissimi, Il mondo fuori è, oltre a una gran baraonda, anche una grande tragedia. Guardo intorno a me, ma soprattutto, dentro di me. Credo di avere una discreta esperienza di fede maturata negli anni, eppure ci sono dei momenti in cui domando a me stessa: «Come fai a dire a qualcuno di crederci ancora?». «Come fai quando sembra vincere chi urla di più, chi fa il duro, il bullo, il prepotente, il violento, il più forte che distrugge tutto attorno a sé quando passa?». «Cosa si può rispondere quando ti chiedono: “Perché muoiono sempre i migliori, quelli che potevano cambiare il mondo in meglio e i peggiori che cambiano le sorti del mondo sconvolgendolo, non muoiono mai?”». «O comunque, sembrano avere un potere illimitato di moltiplicare il male per tutta la durata della loro vita?». «Perché milioni di bambini innocenti che chiedono solo di vivere, giocare, sorridere, farti credere e sperare ancora nel bello dell’innocenza, non hanno più neppure le lacrime per piangere?». Potrei andare avanti per ore, ma sono cose risapute, sotto gli occhi di tutti che, alla fine, lasciano il tempo che trovano. Mi sento addosso una sensazione di delusione, amarezza, impotenza, frustrazione; come se avessi davanti un muro di gomma che rimanda al mittente ogni tentativo di cambiare le cose in meglio. Sento prepotente che è 'questo' il momento in cui bisogna tenere duro, non mollare. Il demonio, re del male, che si insinua dappertutto nelle crepe di noi umani, cerca di demolirmi per sfinimento. È in 'questa' situazione che devo dirmi: «NO!». Mi ricordo che LUI ha detto: “IO HO VINTO IL MONDO” Dio non bara. MAI! Non dà il cioccolatino di una consolazione passeggera. Lo fa di sicuro. Quando? Vorremmo subito, in fretta, siamo alla frutta, non ne possiamo più. Ma ci lascia liberi anche di arrivare ai confini dell’orrore, con agnelli sacrificali che ogni giorno muoiono a migliaia nel mondo. Dio non può volere questo. Lui ama. Per questo rinnova sempre l'annuncio del suo arrivo. Ogni anno Lui ritorna e ci dice che “NULLA È IMPOSSIBILE A DIO” Faccio fatica? Sì, tanta. Ma più con la volontà che col sentimento, mi dico e Gli dico: «Si, voglio crederci ancora». Ma non posso farlo da sola. È l'unione che fa la forza. Siamo tanti a volere questo. Uniamoci, cominciando con piccolissime cose. Un gesto gentile, un saluto diverso, un farsi prossimo a chi soffre e nella semplicità, far sentire che ci sei, che, magari, non capisci fino in fondo il suo dolore perché non l'hai provato, ma che sei lì, solo, come calice che accoglie le parole che vuole dirmi o solo i suoi silenzi, senza giudicare. E poi saranno le orecchie del cuore che suggeriranno di volta in volta cosa fate. Così allenate, faranno risentire il respiro dell'uomo che rinasce, della terra che si rigenera. Ma l'importante è UNIRSI. Farlo INSIEME. Vi auguro che questo Natale porti il “sollievo” e l'Anno Nuovo tanta speranza e pace. TANTISSIMI AUGURI!!! Un abbraccio a tutti e... GRAZIE sempre del vostro esserci. Chiara

domenica 1 dicembre 2024

Parola di Vita - Dicembre 2024

«Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Siamo al racconto dell’Annunciazione. L’angelo Gabriele si reca da Maria di Nazaret per farle conoscere i piani di Dio su di lei: concepirà e darà alla luce un figlio, Gesù, che «sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo» (1). L’episodio si colloca in continuità con altri eventi dell’Antico Testamento che hanno portato, in donne sterili o molto anziane, a nascite prodigiose i cui figli avrebbero dovuto svolgere un compito importante nella storia della salvezza. Qui, Maria, pur volendo aderire in piena libertà alla missione di diventare la madre del Messia, si domanda come potrà succedere, essendo lei una vergine. Gabriele le garantisce che non sarà opera di uomo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra»(2). E aggiunge: «Nulla è impossibile a Dio»(3). «Nulla è impossibile a Dio». Questa rassicurazione, che sta a significare che nessuna dichiarazione o promessa di Dio rimarrà inadempiuta – perché non c’è niente di impossibile per lui – può anche essere formulata in questo modo: nulla è impossibile con Dio. Infatti, la sfumatura del testo greco “con, o vicino, o insieme a Dio”, mette in luce la sua vicinanza all’uomo. È all’essere umano o agli esseri umani che, quando sono insieme a Dio e liberamente aderiscono a lui, nulla è impossibile. «Nulla è impossibile a Dio». Come mettere in pratica questa parola di vita? Innanzitutto, credendo con grande confidenza che Dio può agire anche dentro e al di là dei nostri limiti e debolezze, come pure nelle condizioni più oscure della vita. È stata l’esperienza di Dietrich Bonhoeffer che durante la prigionia che lo condurrà al supplizio, scriveva: «Dobbiamo immergerci sempre di nuovo nel vivere, parlare, agire, soffrire e morire di Gesù per riconoscere ciò che Dio promette e adempie. È certo […] che per noi non esiste più niente di impossibile, perché nulla di impossibile esiste per Dio; […] è certo che noi non dobbiamo pretendere nulla e che tuttavia possiamo chiedere ogni cosa; è certo che nella sofferenza è nascosta la nostra gioia e nella morte la nostra vita… A tutto questo Dio ha detto “sì” ed “amen” in Cristo. Questo “sì” e questo “amen” sono il solido terreno sul quale noi stiamo»(4). «Nulla è impossibile a Dio». Nel cercare di superare l’apparente “impossibile” delle nostre insufficienze, per raggiungere il “possibile” di una vita coerente, un ruolo determinante lo svolge la dimensione comunitaria che si sviluppa là dove i discepoli, vivendo tra loro il comandamento nuovo di Gesù, si lasciano abitare, singolarmente ed insieme, dalla potenza del Cristo risorto. Scriveva Chiara Lubich nel 1948 ad un gruppo di giovani religiosi: «E avanti! Non con la nostra forza, meschina e debole, ma con l’onnipotenza dell’unità. Ho costatato, toccato con mano che Dio fra noi compie l’impossibile: il miracolo! Se noi resteremo fedeli alla nostra consegna […] il mondo vedrà l’unità e con essa la pienezza del Regno di Dio»(5). Anni fa, quando ero in Africa, spesso incontravo dei giovani che volevano vivere da cristiani e che mi raccontavano delle molte difficoltà con le quali si scontravano quotidianamente nel loro ambiente, per rimanere fedeli agli impegni della fede e agli insegnamenti del vangelo. Ne parlavamo per ore e, alla fine, arrivavamo sempre alla stessa conclusione: «Da soli è impossibile ma, insieme, ce la possiamo fare». Lo garantisce anche Gesù stesso quando promette: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (nel mio amore), lì sono io in mezzo a loro»(6). E con lui tutto è possibile. A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di vita _________________________________________________ 1 Lc 1, 32. 2 Ibid, 35. 3 Ibid, 37. 4 D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, p. 474. Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) è stato un teologo e pastore luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo 5 C. Lubich, Lettere dei primi tempi. Città Nuova, Roma 2010, p. 164. 6 Cf. Mt 18, 20.

domenica 3 novembre 2024

Parola di Vita - Novembre 2024



«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,44). 

Siamo alla conclusione del capitolo 12 del Vangelo di Marco. Gesù è nel tempio di Gerusalemme; osserva e insegna. Attraverso il suo sguardo assistiamo ad una scena piena di personaggi: persone che vanno e vengono, addetti al culto, notabili dalle lunghe vesti, ricchi che gettano le proprie laute offerte nel tesoro del tempio. Ma ecco che si fa avanti una vedova; fa parte di una categoria di persone svantaggiate socialmente ed economicamente. Nel disinteresse generale, getta nel tesoro due spiccioli. Gesù invece la nota, chiama a sé i discepoli e li istruisce: 

«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». 

“In verità vi dico…”. Sono le parole che introducono gli insegnamenti importanti; lo sguardo di Gesù, concentrato sulla vedova povera, ci invita a guardare nella stessa direzione: è lei il modello del discepolo. La sua fede nell’amore di Dio è incondizionata; il suo tesoro è Dio stesso. E, nel consegnarsi totalmente a Lui, ella desidera anche donare tutto quel che può per chi è più povero. Questo fiducioso abbandono al Padre è, in certo modo, l’anticipazione dello stesso dono di sé che Gesù compirà presto con la sua passione e morte. È quella “povertà di spirito” e “purezza di cuore” che Gesù ha proclamato e vissuto. Ciò significa «porre la nostra fiducia non nelle ricchezze, ma nell’amore di Dio e nella sua provvidenza. […] Si è “poveri in spirito” quando ci si lascia guidare dall’amore verso gli altri. Allora condividiamo e mettiamo a disposizione di quanti sono nel bisogno quello che abbiamo: un sorriso, il nostro tempo, i nostri beni, le nostre capacità. Avendo tutto donato, per amore, si è poveri, ossia si è vuoti, nulla, liberi, col cuore puro» (1). La proposta di Gesù rovescia la nostra mentalità; al centro dei suoi pensieri è il piccolo, il povero, l’ultimo. 

«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». 

Questa Parola di vita ci invita prima di tutto a rinnovare la nostra piena fiducia nell’amore di Dio e a confrontarci con il Suo sguardo, per vedere oltre le apparenze, senza giudicare e dipendere dal giudizio degli altri, a valorizzare il positivo di ogni persona. Ci suggerisce la totalità del dono come logica evangelica che edifica una comunità pacificata, perché spinge a prenderci cura gli uni degli altri. Ci incoraggia a vivere il Vangelo nella quotidianità, senza apparire; a dare con larghezza e fiducia; a vivere con sobrietà, nella condivisione. Ci richiama a porre attenzione agli ultimi, per imparare da loro. Venant è nato e cresciuto in Burundi. Racconta: «Nel villaggio, la mia famiglia poteva vantare un buon podere, con un buon raccolto. La mamma, conscia che tutto era provvidenza del cielo, raccoglieva le primizie e puntualmente le distribuiva al vicinato, partendo dalle famiglie più bisognose, destinando a noi solo una piccola parte di quello che rimaneva. Da questo esempio ho imparato il valore del dono disinteressato. Così, ho capito che Dio mi chiedeva di dare a Lui la parte migliore, anzi di dargli tutta la mia vita».

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita _________________________________________________________________ 
1 Cf. C. Lubich, Parola di Vita novembre 2003, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma, 2017) p. 704.

lunedì 2 settembre 2024

La strada che ti sei fatta di Tanino Minuta


 Carissimi amici, 

con grande gioia vi faccio partecipi di un libro uscito di recente e che raccoglie quei fatti che nella mia vita sono stati come dei passi che la Verità, la Vita, Dio ha fatto per raggiungermi e farsi conoscere. 

l'Editore, Gualtiero Palmieri, mi ha molto incoraggiato perché dopo avere letto il manoscritto, vi ha trovato la bellezza di una "storia" che si è composta come un mosaico. 

La raccolta di esperienze oltre che essere come delle cartoline che ritraggono luoghi e momenti della mia vita, vorrebbero mostrare come la Verità della Vita si faccia strada, attraverso le situazioni più semplici.

Il libro quindi potrebbe essere un grazie a tutte le persone incontrate, a chi mi ha amato e insegnato ad amare, ma soprattutto è un grazie a Chiara Lubich che, con la sua vita fedele alla ricerca della Verità, ha tracciato una strada percorribile da tutti. 

Quando l'Editore mi ha chiesto a chi dedico il libro non no avuto dubbi nel dedicarlo "a te", ad ogni lettore, perché lo scopo della pubblicazione è quello di voler essere un dono, lo stesso dono che io ho ricevuto. 




domenica 1 settembre 2024

Parola di Vita - Settembre 2024


 «Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi» (Gc 1,22).

Il tema dell’ascolto e della pratica è un tema fondamentale sul quale insiste l’autore del versetto di questo mese. La lettera, infatti, continua: «Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,25).

Ed è proprio questo impegno di conoscere le Sue parole e di viverle che ci rende liberi e ci dà gioia. Si potrebbe dire che il versetto biblico di questo mese è di per sé il motivo stesso della pratica della Parola di Vita che si è diffusa in tutto il mondo. Una volta a settimana, e poi una volta al mese, Chiara Lubich sceglieva una frase compiuta della Scrittura e la commentava.

Ci si incontrava, si condividevano i frutti di quanto essa aveva operato attraverso le esperienze di vita, si andava creando una comunità unita che mostrava in germe i risvolti sociali di cui era capace. «Pur nella sua semplicità, l’iniziativa ha offerto un notevole contributo alla riscoperta della Parola di Dio nel mondo cristiano del Novecento»(1), trasmettendo un “metodo” per vivere il Vangelo e metterne in comune gli effetti.

«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi».

La lettera di Giacomo riprende quanto Gesù ha annunciato per far vivere e sperimentare la realtà del Regno dei cieli fra di noi: dichiara beato chi ascolta la sua parola e l’osserva (2); riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica (3); la paragona al seme che, se cade sul terreno buono, cioè su coloro che la ascoltano con cuore integro e buono e la custodiscono, questi producono frutto con la loro perseveranza (4).

«In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi — scrive Chiara Lubich. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. […] Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù, non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d’amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi» (5).

«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi».

Come mettere in pratica la parola? Guardiamoci intorno e facciamo di tutto per metterci al servizio di quanti sono in necessità con piccoli o grandi gesti di cura vicendevole, trasformando le strutture ingiuste della società, contrastando la violenza, favorendo gesti di pace e di riconciliazione, crescendo nella sensibilità e nelle azioni a favore del nostro pianeta.

Un’autentica rivoluzione irrompe così nella nostra vita e in quella della comunità in cui viviamo, nell’ambiente di lavoro in cui operiamo. L’amore si manifesta nelle azioni sociali e politiche che cercano di costruire un mondo migliore. Dall’impegno di una piccola comunità dei Focolari verso le persone più fragili, nasce in Perù un Centro per gli anziani intitolato alla fondatrice del Movimento, aperto a Lámud, una città nell’Amazzonia peruviana, a 2.330 metri sopra il livello del mare.

«Il Centro è stato inaugurato in piena crisi pandemica e ospita 50 persone anziane e sole. La casa, l’arredamento, le stoviglie e anche il cibo sono arrivati in dono dalla comunità vicina. È stata una scommessa, non esente da difficoltà e ostacoli, ma a marzo 2022 il Centro ha celebrato il suo primo anniversario, aprendo le porte alla città, con una festa, dove anche le autorità politiche hanno partecipato. I due giorni di celebrazioni hanno arruolato nuovi volontari, adulti e bambini, che vogliono prendersi cura dei nonni soli, allargando la loro famiglia» (6).

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di vita

 

1 C. Lubich, Parole di Vita, Introduzione, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova,Roma 2017, p. 9.
2 Cf. Lc 11, 28.
3 Cf. Lc 8, 21.
4 Cf. Lc 8, 15.
5 C. Lubich, Parola di vita di settembre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 790.
6 Bilancio di Comunione 2022. Movimento dei Focolari, in https://eyut279xk3q.exactdn.com/wp-content/uploads/2024/01/BdC-2022-DialogoIT.pdf, p.67.

 

sabato 1 giugno 2024

Parola di Vita - Giugno 2024


 «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce» (Mc 4, 26-27).

Il regno di Dio è il cuore del messaggio di Gesù, di cui il vangelo di Marco vuole dare la buona notizia. Qui viene annunciato attraverso una breve parabola, con l’immagine del seme che una volta gettato nella terra sprigiona la sua forza vitale e porta frutto.

Ma cosa è il regno di Dio per noi, oggi? Cosa ha in comune con la nostra storia, personale e collettiva, costantemente sospesa tra aspettative e delusioni? Se esso è già stato seminato, perché non ne vediamo i frutti di pace, di sicurezza, di felicità?

«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».

Questa Parola ci comunica la fiducia totale di Gesù stesso nel disegno che Dio ha sull’umanità: «[…] Per Gesù che è venuto sulla terra, per la sua vittoria, questo Regno è già presente nel mondo, ed il suo compimento, che metterà fine alla storia, è già assicurato. La Chiesa è la comunità di coloro che credono in questo Regno, ed è il suo inizio»(1).

A tutti quelli che la accolgono, affida il compito di preparare il terreno per accogliere il dono di Dio e custodire la speranza nel suo amore. «[…] Non c’è infatti nessuno sforzo umano, nessun tentativo ascetico, nessuno studio o ricerca intellettuale, che ti possano far entrare nel regno di Dio. È Dio stesso che ti viene incontro, che si rivela con la sua luce o ti tocca con la sua grazia. E non c’è nessun merito che tu possa vantare o su cui tu ti possa appoggiare per aver diritto ad un tale dono di Dio. Il regno ti viene offerto gratuitamente»(2).

«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».

Gettare il seme: non trattenerlo per sé, ma seminarlo con larghezza e fiducia. “Di notte o di giorno”: il regno cresce silenziosamente, anche nel buio delle nostre notti. Possiamo anche chiedere ogni giorno: “Venga il tuo Regno”. Il seme non richiede un lavoro continuo, di controllo, da parte del contadino, quanto piuttosto la capacità di attendere, con pazienza, che la natura faccia il suo corso.

Questa Parola di vita ci apre alla fiducia nella forza dell’amore, che porta frutto a suo tempo. Ci insegna l’arte di accompagnare con pazienza ciò che può crescere da solo, senza l’ansia dei risultati; ci rende liberi di accogliere l’altro nel momento presente, valorizzando le sue potenzialità nel rispetto dei suoi tempi.

«[…] Un mese prima del matrimonio, nostro figlio ci telefona allarmato per dirci che la sua ragazza ha ripreso a fare uso di droga. Chiede consiglio su cosa fare. Non è facile rispondere. Potremmo approfittare della situazione per convincerlo a lasciarla, ma non ci sembra la strada giusta. Così gli suggeriamo di guardare bene nel suo cuore […] Segue un lungo silenzio, poi: “Credo che posso amare un po’ di più”. Dopo il matrimonio riescono a trovare un ottimo centro di recupero con supporto ambulatoriale esterno. Trascorrono 14 lunghi mesi, nei quali lei riesce a mantenere l’impegno “niente più droghe”. È una strada lunga per tutti, ma l’amore evangelico che cerchiamo di avere tra noi due – anche tra le lacrime – ci dà la forza di amare nostro figlio in questa delicata situazione. Un amore che forse aiuta anche lui a capire come amare sua moglie»(3).

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________
1 C. Lubich Parola di Vita agosto 1983, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 268.
2 C. Lubich Parola di Vita ottobre 1979, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 152
3 S. Pellegrini, G. Salerno, M. Caporale (a cura di), Famiglie in azione. Un mosaico di vita, Città Nuova, Roma 2022, p. 74.

 

mercoledì 1 maggio 2024

Parola di Vita - Maggio 2024

 

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,8).

La prima lettera di Giovanni si rivolge ai cristiani di una comunità dell’Asia Minore per incoraggiarli a ripristinare la comunione tra loro, poiché sono divisi da dottrine diverse.

L’autore li esorta a tenere presente ciò che è stato proclamato “fin dal principio” della predicazione cristiana e ripete ciò che i primi discepoli hanno visto, udito e toccato con mano nella convivenza con il Signore, affinché anche questa comunità possa essere in comunione con loro e, quindi, anche con Gesù e con il Padre (1).

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Per ricordare l’essenza della rivelazione ricevuta, l’autore sottolinea che, in Gesù, Dio ci ha amato per primo, assumendo fino in fondo l’esistenza umana con tutti i suoi limiti e le sue debolezze.

Sulla croce, Gesù ha condiviso e sperimentato sulla sua pelle la nostra separazione dal Padre. Dando tutto sé stesso l’ha risanata con un amore senza limiti né condizioni. Ci ha dimostrato cos’è l’amore che ci aveva insegnato con le parole e con la vita.

Dall’esempio di Gesù si comprende che amare davvero implica coraggio, fatica e il rischio di dover affrontare avversità e sofferenze. Ma chi ama così partecipa alla vita di Dio e sperimenta la Sua libertà e la gioia di chi si dona.

Amando come Gesù ci ha amati, ci liberiamo dall’egoismo che chiude le porte alla comunione con i fratelli e con Dio e possiamo sperimentarla.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Conoscere Dio, colui che ci ha creati e che conosce noi e la verità più profonda di tutte le cose, è da sempre un anelito, magari inconscio, del cuore umano.

Se Lui è amore, amando come Lui possiamo intravedere qualcosa di questa verità. Possiamo crescere nella conoscenza di Dio perché viviamo essenzialmente la Sua vita e camminiamo alla Sua luce.

E ciò si compie pienamente quando l’amore è reciproco. Se ci amiamo l’un l’altro, infatti, «Dio rimane in noi» (2). Avviene un po’ come quando i due poli elettrici si toccano e la luce si accende, illuminando quanto ci circonda.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Testimoniare che Dio è amore, afferma Chiara Lubich, è «la grande rivoluzione che siamo chiamati ad offrire oggi al mondo moderno, in estrema tensione», così «come i primi cristiani la presentavano al mondo pagano di allora» (3).

Come farlo? Come vivere questo amore che viene da Dio? Imparando da Suo Figlio a metterlo in pratica, in particolare «[…] nel servizio ai fratelli, specie quelli che ci stanno accanto, cominciando dalle piccole cose, dai servizi più umili. Ci sforzeremo, ad imitazione di Gesù, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a quella esperienza di Dio, a quella comunione con Lui, a quella pienezza di luce, di pace e di gioia interiore, a cui vuole portarci Gesù» (4).

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Santa visita spesso una residenza per anziani, un ambiente cattolico. «Un giorno, con Roberta, incontra Aldo, un uomo alto, molto colto, ricco. Aldo guarda le due giovani con sguardo cupo: “Ma perché venite qui? Che volete da noi? Lasciateci morire in pace!” Santa non si perde d’animo e gli dice: “Siamo qui per lei, per vivere qualche ora insieme, conoscerci, diventare amici”. […] Ritornano altre volte. Roberta racconta: “Quell’uomo era particolarmente chiuso, molto abbattuto. Non credeva in Dio. Santa è stata l’unica che è riuscita a entrare nel suo cuore, con tanta delicatezza, ascoltandolo per ore”». Pregava per lui, e una volta gli ha regalato un rosario, che lui ha accettato. «Santa viene poi a sapere che Aldo è morto nominandola. Il dolore per la sua morte è attenuato dal fatto che è morto serenamente, tenendo fra le mani il rosario che un giorno gli aveva regalato» (5).

A cura di Silvano Malini e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 Cf. 1 Gv 1,1-3.
2 Cf. 1 Gv 4,12.
3 C. Lubich. Conversazioni, a cura di M. Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8/1); Città Nuova, Roma 2019, p. 142.
4 C. Lubich, Parola di Vita di maggio 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),
Città Nuova, Roma 2017, p. 477.
5 P. Lubrano, Un volo sempre più alto. La vita di Santa Scorese, Città Nuova, Roma 2003, pp. 83-84,107.

 

lunedì 1 aprile 2024

Parola di Vita - Aprile 2024


 «Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore» (At 4,33).

Questa parola, che cade nel tempo di Pasqua, ci invita, con la pienezza della libertà di chi ha ricevuto il messaggio evangelico, a essere anche noi testimoni dell’evento che ha segnato la storia: Gesù è risorto!

Per comprendere fino in fondo il significato di questo versetto tratto dagli Atti degli Apostoli è bene citare la frase che lo precede: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune»(1).

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Nel testo viene presentata la prima comunità cristiana animata dalla forza potente dello Spirito, caratterizzata dalla comunione che la spinge a proclamare a tutti il Vangelo, la buona novella, cioè che Cristo è risorto.

Sono le stesse persone che prima della Pentecoste erano spaventate e sgomente davanti agli ultimi avvenimenti accaduti e adesso escono allo scoperto, pronte a dare testimonianza fino al martirio grazie alla forza dello Spirito che ha spazzato via paure e timori.

Essi erano un cuor solo e un’anima sola, praticavano l’amore reciproco fino a mettere in comune i beni: era questa la realtà che andava coinvolgendo un numero sempre più grande di persone.

Donne e uomini al seguito di Gesù avevano ascoltato le sue parole, avevano vissuto con Lui nel servizio e nell’amore riservato agli ultimi, agli ammalati, avevano visto con i loro occhi i fatti prodigiosi operati da Gesù, la loro vita era cambiata perché chiamati a vivere una nuova legge, essi erano stati i primi testimoni della presenza viva di Dio in mezzo agli uomini.

Ma per noi, seguaci di Gesù oggi, che significa dare testimonianza?

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Il modo più efficace di testimoniare il Risorto è mostrare che Egli è vivo e abita in mezzo a noi. «Se vivremo la sua Parola, […] tenendo acceso in cuore l’amore verso il prossimo, se ci sforzeremo in modo speciale di conservare sempre l’amore scambievole fra di noi, allora il Risorto vivrà in noi, vivrà in mezzo a noi e irradierà intorno la sua luce e la sua grazia, trasformando gli ambienti con frutti incalcolabili. E sarà lui, mediante il suo Spirito, a guidare i nostri passi e le nostre attività; sarà lui a disporre le circostanze ed a fornirci le occasioni per portare la sua vita alle persone bisognose di lui»(2).

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Scrive Margaret Karram (3): «“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (4) è la straordinaria consegna che 2000 anni fa gli apostoli hanno accolto direttamente da Gesù e che ha cambiato il corso della storia. Oggi Gesù rivolge anche a noi lo stesso invito: ci offre la possibilità di portarlo al mondo con tutta la creatività, le capacità e la libertà che Lui stesso ci ha donato» (5).

È un annuncio «che non finisce con la sua morte, anzi! Prende nuova forza dopo la Risurrezione e la Pentecoste, dove i discepoli sono diventati testimoni coraggiosi del Vangelo. E il loro mandato, poi, è arrivato fino a noi oggi. Attraverso di me, attraverso ciascuno di noi, Dio vuole continuare a raccontare la Sua storia d’amore a coloro con cui condividiamo brevi o lunghi tratti di vita» (6).

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 At 4,32.
2 C. Lubich, Parola di Vita di gennaio 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 347.
3 Presidente del Movimento dei Focolari.
4 Mc 16,15.
5 Margaret Karram, Chiamati e inviati, Rocca di Papa, 15 settembre 2023.
6 Ibid.

 

venerdì 29 marzo 2024

Venerdì Santo


 Quando la settimana scorsa ho fotografato questa scultura alla chiesa  Mattia di Budapest, ho pensato a quanti dolori oggi pesano sull'umanità. Dolori noti e sconosciuti, gridati o silenziosi. 

In questo momento in cui la liturgia rinnova il momento della passione di Gesù, nel suo grido di dolore ascolto quello dell'umanità.

Con Lui nel più grande mistero che viviamo nella storia. 

giovedì 14 marzo 2024

16° anniversario della morte di Chiara Lubich


 Soltanto una parola posso dire: 
GRAZIE CHIARA! 

venerdì 1 marzo 2024

Parola di Vita - Marzo 2024

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Sal51[50],12).

La frase della Scrittura che ci viene proposta in questo tempo quaresimale fa parte del Salmo 51, laddove, al versetto 12, troviamo la struggente ed umile invocazione: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo”. Il testo che la contiene è noto col nome di “Miserere”.

In esso, lo sguardo dell’autore inizia con l’esplorare i nascondigli dell’anima umana per cogliervi le fibre più profonde, quelle della nostra completa inadeguatezza nei confronti di Dio e, al contempo, dell’insaziabile anelito alla piena comunione con Colui dal quale procede ogni grazia e misericordia.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Il salmo prende spunto da un episodio ben noto della vita di Davide. Egli, chiamato da Dio a prendersi cura del popolo di Israele e a guidarlo sui cammini dell’obbedienza all’Alleanza, trasgredisce la propria missione: dopo aver commesso adulterio con Betsabea ne fa uccidere in battaglia il marito, Uria l’Ittita, ufficiale del suo esercito. Il profeta Natan gli svela la gravità della sua colpa e lo aiuta a riconoscerla. È il momento della confessione del proprio peccato e della riconciliazione con Dio.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Il salmista mette sulla bocca del re invocazioni molto forti ma che sgorgano dal suo profondo pentimento e dalla totale fiducia nel perdono divino: “cancella”, “lavami”, “purificami”. In particolare, nel versetto che ci interessa, usa il verbo “crea” a indicare che la completa liberazione dalle fragilità dell’uomo è possibile unicamente a Dio. È la consapevolezza che solo lui può farci creature nuove dal “cuore puro”, ricolmandoci del suo spirito vivificante, donandoci la vera gioia e trasformando radicalmente il nostro rapporto con Dio (lo “spirito saldo”) e con gli altri esseri viventi, con la natura e il cosmo.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Come mettere in pratica questa parola di vita? Il primo passo sarà quello di riconoscerci peccatori e bisognosi del perdono di Dio, in un atteggiamento di illimitata fiducia nei suoi confronti. Può accadere che i nostri ripetuti errori ci scoraggino, ci chiudano in noi stessi. Occorre allora lasciare socchiusa, almeno un po’, la porta del nostro cuore.

Scrive Chiara Lubich nei primi anni ‘40 a qualcuno che si sentiva incapace di andare oltre le proprie miserie: «Occorre levarsi dall’anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi dall’esposizione umile e confidente ed amorosa dei nostri peccati. Noi, per noi, null’altro abbiamo e facciamo che miserie. Lui, per Lui, a riguardo nostro, non ha che una sola qualità: la Misericordia. L’anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendogli in dono, come unico dono, non le proprie virtù ma i propri peccati! […] se Gesù è venuto sulla terra, se s’è fatto uomo, se qualcosa brama […] è soltanto: Far da Salvatore. Far da Medico! Null’altro desidera»(1).

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Poi, una volta liberati e perdonati, e tenendo presente l’aiuto dei fratelli perché la forza del cristiano viene dalla comunità, mettiamoci ad amare concretamente il prossimo chiunque esso sia. «Quello che ci è chiesto è quell’amore vicendevole, di servizio, di comprensione, di partecipazione ai dolori, alle ansie e alle gioie dei nostri fratelli; quell’amore che tutto copre, tutto perdona, tipico del cristiano»(2). 

Infine, dice Papa Francesco: «Il perdono di Dio […] è il segno più grande della sua misericordia. Un dono che ogni […] perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio. È bello essere perdonato, ma anche tu, se vuoi essere perdonato, perdona a tua volta. Perdona! […] per essere testimoni del suo perdono, che purifica il cuore e trasforma la vita»(3).

A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 C. Lubich, Lettere 1943-1960, a Cura di F. Gillet, (Opere di Chiara Lubich 4/1), Città Nuova, Roma 2022; p. 350.
2 C. Lubich, Parola di Vita maggio 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),</em
Città Nuova, Roma 2017, pp. 658-659.
3 FRANCESCO, Udienza Generale, La misericordia cancella il peccato, 30 marzo 2016.

 

giovedì 1 febbraio 2024

Parola di Vita - Febbraio 2024

«E tutto ciò che fate, fatelo con amore» (1Cor 16,14)1.

Questo mese, come lampada per i nostri passi, (2) ci lasciamo illuminare dalla parola e dall’esperienza dell’apostolo Paolo. Egli annuncia anche a noi, come ai cristiani di Corinto, un messaggio forte: il cuore del Vangelo è la carità, l’agape, l’amore disinteressato tra fratelli.

La nostra Parola di vita fa parte della conclusione di questa lettera, in cui la carità è abbondantemente ricordata e spiegata in tutte le sue sfumature: è paziente, benevola, ama la verità, non cerca il proprio interesse (3) … L’amore reciproco vissuto così nella comunità cristiana, è balsamo per le divisioni che sempre la minacciano e segno di speranza per tutta l’umanità.

«E tutto ciò che fate, fatelo con amore».

Colpisce che Paolo – nel testo greco – esorti ad agire “essendo nell’amore”, come a indicarci una condizione stabile, un dimorare in Dio, che è Amore. Come potremmo infatti accoglierci reciprocamente ed accogliere ogni persona con questo atteggiamento, se non riconoscendo di essere noi amati da Dio per primi, anche nelle nostre fragilità?

È questa coscienza rinnovata che ci permette di aprirci senza paura agli altri, per comprenderne i bisogni e metterci loro accanto, condividendo risorse materiali e spirituali. Guardiamo come ha fatto Gesù; è lui il nostro modello.

Egli ha sempre donato per primo: “[…] la salute agli ammalati, il perdono ai peccatori, la vita a tutti noi. All’istinto egoista di accaparrare oppone la generosità; all’accentramento sui propri bisogni, l’attenzione all’altro; alla cultura del possesso quella del dare. Non conta se possiamo dare molto o poco. L’importante è il come doniamo, quanto amore mettiamo anche in un piccolo gesto di attenzione verso l’altro. […] È essenziale l’amore, perché sa accostare il prossimo anche solo con un atteggiamento di ascolto, di servizio, di disponibilità. Quanto importante […] è cercare di essere l’amore accanto a ciascuno! Troveremo la via diritta per entrare nel suo cuore e sollevarlo” (4).

«E tutto ciò che fate, fatelo con amore».

Questa Parola ci insegna ad accostarci agli altri con rispetto, senza falsità, con creatività, dando spazio alle loro migliori aspirazioni, perché ognuno porti il proprio contributo al bene comune.

Ci aiuta a valorizzare ogni occasione concreta della nostra vita quotidiana: “[…] dai lavori di casa o dei campi e dell’officina, al disbrigo delle pratiche d’ufficio, ai compiti di scuola, come alle responsabilità in campo civile, politico e religioso. Tutto può trasformarsi in servizio attento e premuroso” (5). Potremmo immaginare un mosaico di Vangelo vissuto nella semplicità.

Due genitori scrivono: “Quando una vicina, angosciata, ci ha detto che suo figlio era in prigione, abbiamo accettato di andare a fargli visita. Abbiamo digiunato il giorno prima di andare, sperando di avere la grazia di dirgli la cosa giusta. Poi abbiamo pagato la cauzione per farlo rilasciare” (6).

Un gruppo di giovani di Buea (Camerun sud-occidentale) ha organizzato una raccolta di beni e di fondi per aiutare gli sfollati interni a causa della guerra in corso (7). Hanno fatto visita a un uomo che ha perso un braccio durante la fuga. Convivere con questa disabilità è diventato per lui una grande sfida, perché le sue abitudini sono cambiate drasticamente. “Ci ha detto che la nostra visita gli ha donato speranza, gioia e fiducia. Ha sentito l’amore di Dio attraverso di noi”, ha raccontato Regina. Aggiunge Marita: “Dopo quest’esperienza, sono davvero convinta che nessun dono sia troppo piccolo se fatto con amore… Non c’è bisogno d’altro: è l’amore che muove il mondo. Sperimentiamolo!”

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 Per questo mese, la Parola di Vita che proponiamo è la stessa che un gruppo di cristiani di varie Chiese della Germania, ha scelto di vivere lungo tutto l’anno.
2 Cf. Sal 119 [118], 105.
3 Cf. cap. 13
4 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 791-792.
5 Ibid. p. 792.
6 S. Pellegrini, G. Salerno e M. Caporale, Famiglie in azione. Un mosaico di vita, Città Nuova 2022, pp.70-71.
7 testo adattato dal sito https://www.unitedworldproject.org/workshop/camerun-condividere-con-gli-sfollati/.

 

 

sabato 6 gennaio 2024

lunedì 1 gennaio 2024

Parola di Vita - Gennaio 2024


 «Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso» (Lc 10,27).

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (1) offre quest’anno come spunto di riflessione la frase sopracitata che trova la sua origine nell’Antico Testamento (2). Nel suo cammino verso Gerusalemme Gesù viene fermato da un dottore della legge che gli chiede: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?(3).

Si apre così un dialogo e Gesù risponde con una contro-domanda: “Che cosa sta scritto nella Legge?”(4), facendo suscitare la risposta all’interlocutore stesso: l’amore per Dio e l’amore per il prossimo nel loro insieme sono considerati la sintesi della Legge e dei Profeti.

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso».

“E chi è il mio prossimo?”, continua il dottore della legge. Il Maestro risponde raccontando la parabola del buon samaritano. Egli non elenca le varie tipologie di persone che possono rappresentare il prossimo ma descrive l’atteggiamento di profonda compassione che deve animare qualunque nostra azione. Siamo noi stessi che dobbiamo farci “prossimi” degli altri.

La domanda da farci è: “E io, di chi sono prossimo?”. Proprio come ha fatto il samaritano, occorre prenderci cura dei fratelli dei quali conosciamo le necessità, lasciarci coinvolgere fino in fondo nelle situazioni che si presentano senza alcun timore, avere un amore che si preoccupa di aiutare, sostenere, incoraggiare tutti.

Occorre vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé stessi. È la cosiddetta “regola d’oro” che ritroviamo in tutte le religioni. Gandhi la spiega in modo efficace: “Tu e io siamo una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi io stesso”(5).

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso».

“Se noi rimaniamo indifferenti o rassegnati di fronte alle necessità del nostro prossimo, sia sul piano dei beni materiali come dei beni spirituali, non possiamo dire di amare il prossimo come noi stessi. Non possiamo dire di amarlo come lo ha amato Gesù. In una comunità, la quale voglia ispirarsi all’amore che ci ha insegnato Gesù, non può esserci posto per le disuguaglianze, i dislivelli, le emarginazioni, le trascuratezze. […] Fintanto che noi vediamo nel nostro prossimo l’estraneo, colui che disturba la nostra quiete, che scompiglia i nostri progetti, non potremo dire di amare Dio con tutto il nostro cuore”(6).

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso».

La vita è quello che ti succede nel momento presente. Accorgerci di chi ti sta accanto, saper ascoltare l’altro può aprire squarci interessanti e mettere in moto iniziative non previste. Così è successo a Victoria:

“In chiesa mi ha colpito la bellissima voce di una donna africana seduta accanto a me. Mi sono congratulata, incoraggiandola a unirsi al coro della parrocchia. Ci fermiamo a parlare. È una religiosa della Guinea Equatoriale di passaggio a Madrid. Nel suo istituto accolgono neonati, bambini e bambine abbandonati, che accompagnano fino all’età adulta attraverso gli studi universitari o insegnando un mestiere. Il laboratorio di sartoria è ben avviato ma le macchine da cucire non sono sufficienti. Mi offro di aiutarla a trovare altre macchine, fidandomi di Gesù, sicura che ci ascoltava e mi spingeva ad amare senza far calcoli. Uno dei miei amici conosce un artigiano, felice di partecipare a questa catena d’amore. Provvede a riparare otto macchine e ne trova anche una per stirare. Una coppia di amici si offre di portarle fino a Madrid, cambiando destinazione ai loro due giorni di vacanza e percorrendo quasi 1000 chilometri. Così, le “macchine della speranza”, attraverso un lungo viaggio via terra e via mare, arrivano fino a Malabo. Dalla Guinea non riescono a crederci! I loro messaggi dicono solo gratitudine!”.

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 Essa si celebra in tutto l’emisfero nord dal 18 al 25 gennaio e nell’emisfero sud nella settimana di Pentecoste. I testi della preghiera di quest’anno sono stati preparati da un team ecumenico del Burkina Faso.
2 Cf. Dt 6,4-5 e Lv 19,18.
3 Lc 10,25.
4 Lc 10,26.
5 C. Lubich, L’arte di amare, Città Nuova, Roma 2005, p. 24.
6 C. Lubich, Parola di Vita di novembre 1985, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 340-341.