giovedì 20 maggio 2021

Gëzim Hajdari

Ho scelto questa poesia Gëzim Hajdari, poeta albanese esule in Italia, per farlo conoscere. C’è uno schizzo della sua storia, c’è uno sfondo storico preciso. 

I poeti come Hajdari, che sanno leggere la storia, sono testimoni della sapienza della vita e non si piegano al vento del caos.

 

Veniva dalla città mia madre,
bella fanciulla della plebe.
Sposò un figlio di contadini,
proprietari terrieri.

 

Da quel matrimonio lontano
nacqui io, di notte,
in un anno lugubre,
mentre moriva padre Stalin.

 

Si dimenticarono presto
nel paese della mia nascita.
Il villaggio si mise a lutto,
per giorni e notti.

 

I seni delle madri
si svuotarono di quel poco latte.
Davanti al Segretario del Partito
i contadini piangevano disperati:

 

«Meglio se fosse morto mio figlio, che Lui» –
gridavano i padri.
I cani ulularono fino a notte fonda
per la tragedia accaduta.


Così sono venuto al mondo,

con il sangue spaventato d’un bambino
e l’augurio di morire
al posto di un dittatore.

 

Gëzim Hajdari (1957)

da Poesie scelte, Edizioni Controluce, II edizione ampliata 20014.

 

 

1 commento:

  1. Che straordinaria scelta di una poesia decantata da una storia che "grida" al mondo di venire alla luce.

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