giovedì 23 agosto 2012

La "figurina"


Era una signorina strana. Abitava, come noi, in via Garibaldi dove tutti si conoscevano e si salutavano, lei passava sempre tra la gente senza salutare nessuno. Mia nonna la chiamava "la figurina".
Era sempre pettinata con i capelli che come onde coprivano e nascondevano le orecchie, la cui presenza era segnalata da orecchini visibili, che splendevano vicini a due macchie rosse sulle guance, più sbiadite del cuore rosso della bocca. Era vestita come un lungo tubo che spaccato ad una certa altezza sopra le caviglie mostrava la righe dritte e scure delle calze di nylon. Con la mano destra teneva stretta una borsetta a busta, dello stesso colore delle scarpe e dei guanti. Passava e ripassava come se andasse ad una festa. Ma non dava l’idea di una persona che si affretta felice verso una festa.
Sembrava non vedesse nessuno dal di sotto del velo di un cappellino che scivolava da un lato. Poi, un giorno guardando un album di modelli, di quelli che avevano i sarti per confezionare vestiti, mi sono reso conto che quella donna era esattamente come le donne dell’album. Ecco perché la chiamavano “la figurina”. Volti simili si potevano vedere in certi ovali di porcellana che mostravano immagini, più o meno sbiadite, sulle tombe. La signorina aveva la stessa identica pettinatura non solo delle figure dell’album ma anche dei manichini di certi antichi negozi di via Atenea. Quei personaggi dai capelli ondulati, della stessa materia del volto, appena appena colorati di un giallo-marrone che avrebbe voluto dire capelli.
Manichini vecchi come era vecchio l’album che mia madre, sarta, da anni non usava più, tanto da non badare al fatto che io e mio fratello facessimo i baffi a tutte quelle facce di un altro mondo.
La ricordo ancora dopo tanti anni e mi sembra un orologio ostinatamente fermo ad un’ora già passata.
Quella che una volta era stata bellezza, per beffa del tempo, era diventata soltanto una maschera da museo.

Chiesi un giorno a mia madre se ricordava la figurina.
Mia madre fu sorpresa che io ricordassi una persona così lontana nel tempo e nello spazio. E mi disse qualcosa che da piccolo non avrei capito:
“Poveretta. È stata lasciata dal promesso sposo poco prima delle nozze, e la sua vita si è fermata. Una ragazza abbandonata dal fidanzato non aveva più fortuna. Questa era la Sicilia. Ora i tempi sono cambiati…”

Foto di Rita Viozzi Mattei

1 commento:

Monica ha detto...

bellissimo questo racconto della tua silicia, una piccola tessera del mosaico della tua vita.
grazie per averlo donato a noi...