domenica 13 ottobre 2013

Le radici del perdono



«Chi uccide con atti terroristici coltiva sentimenti di disprezzo verso l'umanità, manifestando disperazione nei confronti della vita e del futuro: tutto, in questa prospettiva, può essere odiato e distrutto. Il terrorista ritiene che la verità in cui crede o la sofferenza patita siano talmente assolute da legittimarlo a reagire distruggendo anche vite umane innocenti... La violenza terrorista... è totalmente contraria alla fede in Cristo Signore, che ha insegnato ai suoi discepoli a pregare: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori" (Mt 6, 12)...

In realtà, il perdono è innanzitutto una scelta personale, una opzione del cuore che va contro l'istinto spontaneo di ripagare il male col male. Tale opzione ha il suo termine di confronto nell'amore di Dio, che ci accoglie nonostante il nostro peccato, e ha il suo modello supremo nel perdono di Cristo che sulla croce ha pregato: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23, 34).

Il perdono ha dunque una radice e una misura divine. Questo tuttavia non esclude che se ne possa cogliere il valore anche alla luce di considerazioni di umana ragionevolezza. Prima fra tutte, quella relativa all'esperienza che l'essere umano vive in se stesso quando commette il male. Egli si rende allora conto della sua fragilità e desidera che gli altri siano indulgenti con lui. Perché dunque non fare agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se stesso? Ogni essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare un percorso di vita e di non rimanere prigioniero per sempre dei propri errori e delle proprie colpe. Sogna di poter tornare a sollevare lo sguardo verso il futuro, per scoprire ancora una prospettiva di fiducia e di impegno
»

Beato Giovanni Paolo II (1920-2005), papa
Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2002, § 6-8

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