Qualcuno mi ha parlato recentemente di un poeta del primo Novecento: Angelo Basile.
Ho letto qualche sua opera e vi ho trovato un'essenzialità che è poesia, un gioco di metafore non forzate ma create dallo sguardo sapiente di chi per la verità ha rischiato la vita.
Uscire dalla vita come quando
s’esce di chiesa
in un finale d’organo: s’avventa
l’anima a scale prodigiose, trova
il piede sulla soglia
un bianco che vi palpita: e la luce
è nuova.
Ma uscire non è dato in rapimento.
Ch’io possa almeno
lasciarmi dietro la mia stanza, un poco
volgendo il capo a riguardarla, alfine
pulita, sgombra
d’ogni discordia, in ordine sereno
come la chiesa ora vuota: le croci
fanno una chiara ombra
sul pavimento.
da Prima sera (1933) di Angelo Barile
4 commenti:
Barile o Basile? Ciccia
Mi dispiace che, magari, t'eri illuso di trovare chissà quale commento ... (qui non si possono lasciare le emoticon, altrimenti t'avrei fatto l'angioletto 0:))
Barile! l'ho scoperto da poco. Non ha una grandissima produzione ma è stato un cultore della parola come respiro dell'anima della sua terra.
Ciao, e GRAZIE!
Tanino
Prego! :-DDD
Posta un commento