L’antropologo francese Claude Lévi-Strauss, nella sua lunga vita ha studiato le leggi che regolano le società. Ai tempi degli studi universitari, mi aveva colpito la sua constatazione che per conoscere i modelli culturali di un popolo bisogna osservare il suo comportamento in casi di calamità impreviste come un incendio o gli atti insani di un folle.
In questo tempo della pandemia assisto a una proliferazione di messaggi, di video-clip, di discorsi, di preghiere, di spiegazioni, di atti di amore eroico, di sacrifici e rischi… Si vorrebbe capire, esorcizzare, spiegare qualcosa che ci sfugge. Domina il senso di sconfitta della sicurezza, come la prova che non tutte le redini della storia sono nelle nostre mani. Viene a galla anche un amore senza misura.
Ma c’è un fatto: in situazioni di sofferenza a livello planetario, c’è qualcuno che pensa a come sfruttare la situazione a proprio vantaggio e lo fa anche con le possibilità che i media offrono, con le astuzie della tecnica. Il male persiste, sembra che sia immune da ogni virus. Ciò si evince non dai discorsi politici o dal basso giornalismo, ma dalla constatazione che neanche una minaccia mortale piega le ginocchia del male. Se il dolore non rende solidali è segno che c’è un vuoto esistenziale.
Oggi Venerdì Santo. I cristiani rivivono la morte di Gesù, un uomo coerente con la Verità della vita. Annientato perché, liberando l’uomo dalla schiavitù, destabilizzava ogni forma di potere ingiusto.
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