A commento della pagina dell’evangelista
Luca (11,1-4) che parla della
preghiera del “Padre nostro”, fratel Emanuele, della comunità di Bose, scrive:
«Questa preghiera contiene tutte le
richieste possibili: non si può concepire una preghiera che non sia già
contenuta in questa. Essa sta alla preghiera come Cristo, all’umanità. È
impossibile pronunciarla una sola volta, concentrando su ogni parola tutta la propria
attenzione, senza che un mutamento reale, sia pure infinitesimale, si produca
nell’anima» (S. Weil).
In poche,
lapidarie frasi il Cristo ha consegnato alla sua Chiesa il mistero di Dio, invocato come «Padre nostro»; nello stesso tempo ci è
consegnato il mistero del Figlio, tutto rivolto al Padre, dal quale procede e
al quale ritorna nell’Amore; e insieme ci è consegnato il mistero «di noi»,
chiamati ad essere figli nel Figlio, peccatori perdonati, debitori sciolti dal
nostro debito, per imparare a fare altrettanto…
Parola su Dio e a Dio, la Preghiera del
Signore, e al contempo parola dell’uomo e sull’uomo, colto nelle dimensioni più
essenziali del «mestiere di vivere» e del suo domandare pane, perdono e senso.
È la mano tesa di
chi desidera ricevere il minimo vitale, il pane, il sostentamento per la fatica
dell’«oggi»: preghiera e richiesta mai esenti dalla
pazienza delle nostre mani, chiamate a operare e cooperare per coltivare il
giardino della vita, armonizzando il lavoro dell’uomo con il dono immeritato
del Dio datore di ogni dono.
È il gemito di
chi conosce la rottura del legame, nell’esperienza lacerante del peccato, della non-comunione, del male subito e inferto, delle
relazioni sfilacciate e contraddette: invocazione di perdono, di remissione del
debito, di scioglimento dai gravami che imprigionano.
È l’anelito di
chi cerca un senso della vita mentre attraversa la fornace della prova: grido di chi non vuole essere abbandonato a se stesso,
nella gettatezza del non-senso, nella derelizione del dolore, della sofferenza,
della malattia e della morte. «E non abbandonarci alla tentazione»: è già la
voce di quell’Abbandonato, che nell’ora suprema lancerà il suo ultimo
interrogativo contro un cielo muto: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?» (Mc 15,34).
“E libera dal male” noi che parliamo di
“deificazione” e siamo troppo spesso così poco umani.
fratel Emanuele della Comunità di Bose
http://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo-del-giorno/10900-dacci-ogni-giorno-il-nostro-pane-quotidiano
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