“Vi darò un
cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo” (Ez 36,26)
Il cuore fa pensare agli
affetti, ai sentimenti, alle passioni. Per l’autore biblico però è molto di
più: assieme allo spirito è il centro della vita e della persona, il luogo
delle decisioni, dell’interiorità, della vita spirituale. Il cuore di carne è
docile alla parola di Dio, si lascia guidare da essa e formula “pensieri di
pace” verso i fratelli. Il cuore di pietra è chiuso in se stesso, incapace di
ascolto e di misericordia.
Abbiamo bisogno di un
cuore nuovo e di uno spirito nuovo? Basta guardarci attorno. Le violenze, le
corruzioni, le guerre nascono da cuori di pietra che si sono chiusi al progetto
di Dio sulla sua creazione. Anche se ci guardiamo dentro con sincerità, non ci
sentiamo mossi tante volte da desideri egoistici? È proprio l’amore a guidare
le nostre decisioni, è il bene dell’altro?
Osservando questa nostra
povera umanità Dio si muove a compassione. Egli che ci conosce meglio di noi
stessi, sa che abbiamo bisogno di un cuore nuovo. Lo promette al profeta
Ezechiele, pensando non soltanto a singole persone, ma a tutto il suo popolo.
Il sogno di Dio è ricreare una grande famiglia di popoli, come l’ha pensata
dalle origini, informata dalla legge dell’amore reciproco. La nostra storia ha
più volte mostrato che da un lato, da soli, siamo incapaci di adempiere il suo
progetto, dall’altro Dio non si è mai stancato di rimettersi in gioco, fino a
prometterci di darci egli stesso un cuore e uno spirito nuovi.
Adempie in pienezza la
sua promessa quando manda il suo Figlio sulla terra e infonde il suo Spirito
nel giorno di Pentecoste. Ne nasce una comunità – quella dei primi cristiani di
Gerusalemme – icona di un’umanità caratterizzata da “un cuore solo e un’anima
sola”1.
Anch’io che scrivo
questo breve commento, anche tu che lo leggi o lo ascolti, siamo chiamati a far
parte di questa nuova umanità. Più ancora, siamo chiamati a costruirla attorno
a noi, a renderla presente nel nostro ambiente di vita e di lavoro. Pensa quale
missione grande ci viene affidata e quanta fiducia Dio ripone in noi. Invece di
deprimerci davanti a una società che tante volte ci appare corrotta, invece di
rassegnarci davanti a mali più grandi di noi e chiuderci nell’indifferenza,
dilatiamo il cuore «sulla misura del Cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l’unico
necessario. Fatto questo, tutto è fatto». Era un invito di Chiara Lubich,
che continuava: «Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo
ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener
nel cuore rimasugli d’affetto per il fratello incontrato un minuto prima»2.
Non confidiamo nelle
nostre forze e capacità, inadeguate, ma nel dono che Dio ci fa: “Vi darò un
cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”.
Se rimaniamo docili
all’invito ad amare ognuno, se ci lasciamo guidare dalla voce dello Spirito in
noi, diventiamo cellule di una umanità nuova, artigiani di un mondo nuovo,
nella grande varietà di popoli e culture.
Fabio Ciardi
1 Cf. Atti 4,
2 C. Lubich, Ladottrinaspirituale, Città nuova 2002, 135.
Vivremo questa parola –
scelta da un gruppo ecumenico in Germania – assieme a tanti fratelli e sorelle
di varie Chiese, per lasciarci accompagnare da questa promessa di Dio, lungo
tutto l’anno in cui si ricordano i 500 anni della Riforma.
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