«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,44).
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domenica 3 novembre 2024
Parola di Vita - Novembre 2024
«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,44).
lunedì 2 settembre 2024
La strada che ti sei fatta di Tanino Minuta
con grande gioia vi faccio partecipi di un libro uscito di recente e che raccoglie quei fatti che nella mia vita sono stati come dei passi che la Verità, la Vita, Dio ha fatto per raggiungermi e farsi conoscere.
l'Editore, Gualtiero Palmieri, mi ha molto incoraggiato perché dopo avere letto il manoscritto, vi ha trovato la bellezza di una "storia" che si è composta come un mosaico.
La raccolta di esperienze oltre che essere come delle cartoline che ritraggono luoghi e momenti della mia vita, vorrebbero mostrare come la Verità della Vita si faccia strada, attraverso le situazioni più semplici.
Il libro quindi potrebbe essere un grazie a tutte le persone incontrate, a chi mi ha amato e insegnato ad amare, ma soprattutto è un grazie a Chiara Lubich che, con la sua vita fedele alla ricerca della Verità, ha tracciato una strada percorribile da tutti.
Quando l'Editore mi ha chiesto a chi dedico il libro non no avuto dubbi nel dedicarlo "a te", ad ogni lettore, perché lo scopo della pubblicazione è quello di voler essere un dono, lo stesso dono che io ho ricevuto.
domenica 1 settembre 2024
Parola di Vita - Settembre 2024
«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi» (Gc 1,22).
Il tema dell’ascolto e della pratica è un tema fondamentale sul quale insiste l’autore del versetto di questo mese. La lettera, infatti, continua: «Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,25).
Ed è proprio questo impegno di conoscere le Sue parole e di viverle che ci rende liberi e ci dà gioia. Si potrebbe dire che il versetto biblico di questo mese è di per sé il motivo stesso della pratica della Parola di Vita che si è diffusa in tutto il mondo. Una volta a settimana, e poi una volta al mese, Chiara Lubich sceglieva una frase compiuta della Scrittura e la commentava.
Ci si incontrava, si condividevano i frutti di quanto essa aveva operato attraverso le esperienze di vita, si andava creando una comunità unita che mostrava in germe i risvolti sociali di cui era capace. «Pur nella sua semplicità, l’iniziativa ha offerto un notevole contributo alla riscoperta della Parola di Dio nel mondo cristiano del Novecento»(1), trasmettendo un “metodo” per vivere il Vangelo e metterne in comune gli effetti.
«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi».
La lettera di Giacomo riprende quanto Gesù ha annunciato per far vivere e sperimentare la realtà del Regno dei cieli fra di noi: dichiara beato chi ascolta la sua parola e l’osserva (2); riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica (3); la paragona al seme che, se cade sul terreno buono, cioè su coloro che la ascoltano con cuore integro e buono e la custodiscono, questi producono frutto con la loro perseveranza (4).
«In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi — scrive Chiara Lubich. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. […] Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù, non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d’amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi» (5).
«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi».
Come mettere in pratica la parola? Guardiamoci intorno e facciamo di tutto per metterci al servizio di quanti sono in necessità con piccoli o grandi gesti di cura vicendevole, trasformando le strutture ingiuste della società, contrastando la violenza, favorendo gesti di pace e di riconciliazione, crescendo nella sensibilità e nelle azioni a favore del nostro pianeta.
Un’autentica rivoluzione irrompe così nella nostra vita e in quella della comunità in cui viviamo, nell’ambiente di lavoro in cui operiamo. L’amore si manifesta nelle azioni sociali e politiche che cercano di costruire un mondo migliore. Dall’impegno di una piccola comunità dei Focolari verso le persone più fragili, nasce in Perù un Centro per gli anziani intitolato alla fondatrice del Movimento, aperto a Lámud, una città nell’Amazzonia peruviana, a 2.330 metri sopra il livello del mare.
«Il Centro è stato inaugurato in piena crisi pandemica e ospita 50 persone anziane e sole. La casa, l’arredamento, le stoviglie e anche il cibo sono arrivati in dono dalla comunità vicina. È stata una scommessa, non esente da difficoltà e ostacoli, ma a marzo 2022 il Centro ha celebrato il suo primo anniversario, aprendo le porte alla città, con una festa, dove anche le autorità politiche hanno partecipato. I due giorni di celebrazioni hanno arruolato nuovi volontari, adulti e bambini, che vogliono prendersi cura dei nonni soli, allargando la loro famiglia» (6).
A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di vita
1 C. Lubich, Parole di Vita, Introduzione, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova,Roma 2017, p. 9.
2 Cf. Lc 11, 28.
3 Cf. Lc 8, 21.
4 Cf. Lc 8, 15.
5 C. Lubich, Parola di vita di settembre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 790.
6 Bilancio di Comunione 2022. Movimento dei Focolari, in https://eyut279xk3q.exactdn.com/wp-content/uploads/2024/01/BdC-2022-DialogoIT.pdf, p.67.
sabato 1 giugno 2024
Parola di Vita - Giugno 2024
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce» (Mc 4, 26-27).
Il regno di Dio è il cuore del messaggio di Gesù, di cui il vangelo di Marco vuole dare la buona notizia. Qui viene annunciato attraverso una breve parabola, con l’immagine del seme che una volta gettato nella terra sprigiona la sua forza vitale e porta frutto.
Ma cosa è il regno di Dio per noi, oggi? Cosa ha in comune con la nostra storia, personale e collettiva, costantemente sospesa tra aspettative e delusioni? Se esso è già stato seminato, perché non ne vediamo i frutti di pace, di sicurezza, di felicità?
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».
Questa Parola ci comunica la fiducia totale di Gesù stesso nel disegno che Dio ha sull’umanità: «[…] Per Gesù che è venuto sulla terra, per la sua vittoria, questo Regno è già presente nel mondo, ed il suo compimento, che metterà fine alla storia, è già assicurato. La Chiesa è la comunità di coloro che credono in questo Regno, ed è il suo inizio»(1).
A tutti quelli che la accolgono, affida il compito di preparare il terreno per accogliere il dono di Dio e custodire la speranza nel suo amore. «[…] Non c’è infatti nessuno sforzo umano, nessun tentativo ascetico, nessuno studio o ricerca intellettuale, che ti possano far entrare nel regno di Dio. È Dio stesso che ti viene incontro, che si rivela con la sua luce o ti tocca con la sua grazia. E non c’è nessun merito che tu possa vantare o su cui tu ti possa appoggiare per aver diritto ad un tale dono di Dio. Il regno ti viene offerto gratuitamente»(2).
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».
Gettare il seme: non trattenerlo per sé, ma seminarlo con larghezza e fiducia. “Di notte o di giorno”: il regno cresce silenziosamente, anche nel buio delle nostre notti. Possiamo anche chiedere ogni giorno: “Venga il tuo Regno”. Il seme non richiede un lavoro continuo, di controllo, da parte del contadino, quanto piuttosto la capacità di attendere, con pazienza, che la natura faccia il suo corso.
Questa Parola di vita ci apre alla fiducia nella forza dell’amore, che porta frutto a suo tempo. Ci insegna l’arte di accompagnare con pazienza ciò che può crescere da solo, senza l’ansia dei risultati; ci rende liberi di accogliere l’altro nel momento presente, valorizzando le sue potenzialità nel rispetto dei suoi tempi.
«[…] Un mese prima del matrimonio, nostro figlio ci telefona allarmato per dirci che la sua ragazza ha ripreso a fare uso di droga. Chiede consiglio su cosa fare. Non è facile rispondere. Potremmo approfittare della situazione per convincerlo a lasciarla, ma non ci sembra la strada giusta. Così gli suggeriamo di guardare bene nel suo cuore […] Segue un lungo silenzio, poi: “Credo che posso amare un po’ di più”. Dopo il matrimonio riescono a trovare un ottimo centro di recupero con supporto ambulatoriale esterno. Trascorrono 14 lunghi mesi, nei quali lei riesce a mantenere l’impegno “niente più droghe”. È una strada lunga per tutti, ma l’amore evangelico che cerchiamo di avere tra noi due – anche tra le lacrime – ci dà la forza di amare nostro figlio in questa delicata situazione. Un amore che forse aiuta anche lui a capire come amare sua moglie»(3).
A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita
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1 C. Lubich Parola di Vita agosto 1983, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 268.
2 C. Lubich Parola di Vita ottobre 1979, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 152
3 S. Pellegrini, G. Salerno, M. Caporale (a cura di), Famiglie in azione. Un mosaico di vita, Città Nuova, Roma 2022, p. 74.
mercoledì 1 maggio 2024
Parola di Vita - Maggio 2024
«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,8).
La prima lettera di Giovanni si rivolge ai cristiani di una comunità dell’Asia Minore per incoraggiarli a ripristinare la comunione tra loro, poiché sono divisi da dottrine diverse.
L’autore li esorta a tenere presente ciò che è stato proclamato “fin dal principio” della predicazione cristiana e ripete ciò che i primi discepoli hanno visto, udito e toccato con mano nella convivenza con il Signore, affinché anche questa comunità possa essere in comunione con loro e, quindi, anche con Gesù e con il Padre (1).
«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».
Per ricordare l’essenza della rivelazione ricevuta, l’autore sottolinea che, in Gesù, Dio ci ha amato per primo, assumendo fino in fondo l’esistenza umana con tutti i suoi limiti e le sue debolezze.
Sulla croce, Gesù ha condiviso e sperimentato sulla sua pelle la nostra separazione dal Padre. Dando tutto sé stesso l’ha risanata con un amore senza limiti né condizioni. Ci ha dimostrato cos’è l’amore che ci aveva insegnato con le parole e con la vita.
Dall’esempio di Gesù si comprende che amare davvero implica coraggio, fatica e il rischio di dover affrontare avversità e sofferenze. Ma chi ama così partecipa alla vita di Dio e sperimenta la Sua libertà e la gioia di chi si dona.
Amando come Gesù ci ha amati, ci liberiamo dall’egoismo che chiude le porte alla comunione con i fratelli e con Dio e possiamo sperimentarla.
«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».
Conoscere Dio, colui che ci ha creati e che conosce noi e la verità più profonda di tutte le cose, è da sempre un anelito, magari inconscio, del cuore umano.
Se Lui è amore, amando come Lui possiamo intravedere qualcosa di questa verità. Possiamo crescere nella conoscenza di Dio perché viviamo essenzialmente la Sua vita e camminiamo alla Sua luce.
E ciò si compie pienamente quando l’amore è reciproco. Se ci amiamo l’un l’altro, infatti, «Dio rimane in noi» (2). Avviene un po’ come quando i due poli elettrici si toccano e la luce si accende, illuminando quanto ci circonda.
«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».
Testimoniare che Dio è amore, afferma Chiara Lubich, è «la grande rivoluzione che siamo chiamati ad offrire oggi al mondo moderno, in estrema tensione», così «come i primi cristiani la presentavano al mondo pagano di allora» (3).
Come farlo? Come vivere questo amore che viene da Dio? Imparando da Suo Figlio a metterlo in pratica, in particolare «[…] nel servizio ai fratelli, specie quelli che ci stanno accanto, cominciando dalle piccole cose, dai servizi più umili. Ci sforzeremo, ad imitazione di Gesù, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a quella esperienza di Dio, a quella comunione con Lui, a quella pienezza di luce, di pace e di gioia interiore, a cui vuole portarci Gesù» (4).
«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».
Santa visita spesso una residenza per anziani, un ambiente cattolico. «Un giorno, con Roberta, incontra Aldo, un uomo alto, molto colto, ricco. Aldo guarda le due giovani con sguardo cupo: “Ma perché venite qui? Che volete da noi? Lasciateci morire in pace!” Santa non si perde d’animo e gli dice: “Siamo qui per lei, per vivere qualche ora insieme, conoscerci, diventare amici”. […] Ritornano altre volte. Roberta racconta: “Quell’uomo era particolarmente chiuso, molto abbattuto. Non credeva in Dio. Santa è stata l’unica che è riuscita a entrare nel suo cuore, con tanta delicatezza, ascoltandolo per ore”». Pregava per lui, e una volta gli ha regalato un rosario, che lui ha accettato. «Santa viene poi a sapere che Aldo è morto nominandola. Il dolore per la sua morte è attenuato dal fatto che è morto serenamente, tenendo fra le mani il rosario che un giorno gli aveva regalato» (5).
A cura di Silvano Malini e del team della Parola di Vita
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1 Cf. 1 Gv 1,1-3.
2 Cf. 1 Gv 4,12.
3 C. Lubich. Conversazioni, a cura di M. Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8/1); Città Nuova, Roma 2019, p. 142.
4 C. Lubich, Parola di Vita di maggio 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),
Città Nuova, Roma 2017, p. 477.
5 P. Lubrano, Un volo sempre più alto. La vita di Santa Scorese, Città Nuova, Roma 2003, pp. 83-84,107.
lunedì 1 aprile 2024
Parola di Vita - Aprile 2024
«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore» (At 4,33).
Questa parola, che cade nel tempo di Pasqua, ci invita, con la pienezza della libertà di chi ha ricevuto il messaggio evangelico, a essere anche noi testimoni dell’evento che ha segnato la storia: Gesù è risorto!
Per comprendere fino in fondo il significato di questo versetto tratto dagli Atti degli Apostoli è bene citare la frase che lo precede: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune»(1).
«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».
Nel testo viene presentata la prima comunità cristiana animata dalla forza potente dello Spirito, caratterizzata dalla comunione che la spinge a proclamare a tutti il Vangelo, la buona novella, cioè che Cristo è risorto.
Sono le stesse persone che prima della Pentecoste erano spaventate e sgomente davanti agli ultimi avvenimenti accaduti e adesso escono allo scoperto, pronte a dare testimonianza fino al martirio grazie alla forza dello Spirito che ha spazzato via paure e timori.
Essi erano un cuor solo e un’anima sola, praticavano l’amore reciproco fino a mettere in comune i beni: era questa la realtà che andava coinvolgendo un numero sempre più grande di persone.
Donne e uomini al seguito di Gesù avevano ascoltato le sue parole, avevano vissuto con Lui nel servizio e nell’amore riservato agli ultimi, agli ammalati, avevano visto con i loro occhi i fatti prodigiosi operati da Gesù, la loro vita era cambiata perché chiamati a vivere una nuova legge, essi erano stati i primi testimoni della presenza viva di Dio in mezzo agli uomini.
Ma per noi, seguaci di Gesù oggi, che significa dare testimonianza?
«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».
Il modo più efficace di testimoniare il Risorto è mostrare che Egli è vivo e abita in mezzo a noi. «Se vivremo la sua Parola, […] tenendo acceso in cuore l’amore verso il prossimo, se ci sforzeremo in modo speciale di conservare sempre l’amore scambievole fra di noi, allora il Risorto vivrà in noi, vivrà in mezzo a noi e irradierà intorno la sua luce e la sua grazia, trasformando gli ambienti con frutti incalcolabili. E sarà lui, mediante il suo Spirito, a guidare i nostri passi e le nostre attività; sarà lui a disporre le circostanze ed a fornirci le occasioni per portare la sua vita alle persone bisognose di lui»(2).
«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».
Scrive Margaret Karram (3): «“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (4) è la straordinaria consegna che 2000 anni fa gli apostoli hanno accolto direttamente da Gesù e che ha cambiato il corso della storia. Oggi Gesù rivolge anche a noi lo stesso invito: ci offre la possibilità di portarlo al mondo con tutta la creatività, le capacità e la libertà che Lui stesso ci ha donato» (5).
È un annuncio «che non finisce con la sua morte, anzi! Prende nuova forza dopo la Risurrezione e la Pentecoste, dove i discepoli sono diventati testimoni coraggiosi del Vangelo. E il loro mandato, poi, è arrivato fino a noi oggi. Attraverso di me, attraverso ciascuno di noi, Dio vuole continuare a raccontare la Sua storia d’amore a coloro con cui condividiamo brevi o lunghi tratti di vita» (6).
A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita
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1 At 4,32.
2 C. Lubich, Parola di Vita di gennaio 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 347.
3 Presidente del Movimento dei Focolari.
4 Mc 16,15.
5 Margaret Karram, Chiamati e inviati, Rocca di Papa, 15 settembre 2023.
6 Ibid.
venerdì 29 marzo 2024
Venerdì Santo
Quando la settimana scorsa ho fotografato questa scultura alla chiesa Mattia di Budapest, ho pensato a quanti dolori oggi pesano sull'umanità. Dolori noti e sconosciuti, gridati o silenziosi.
In questo momento in cui la liturgia rinnova il momento della passione di Gesù, nel suo grido di dolore ascolto quello dell'umanità.
Con Lui nel più grande mistero che viviamo nella storia.
giovedì 14 marzo 2024
16° anniversario della morte di Chiara Lubich
venerdì 1 marzo 2024
Parola di Vita - Marzo 2024
«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Sal51[50],12).
La frase della Scrittura che ci viene proposta in questo tempo quaresimale fa parte del Salmo 51, laddove, al versetto 12, troviamo la struggente ed umile invocazione: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo”. Il testo che la contiene è noto col nome di “Miserere”.
In esso, lo sguardo dell’autore inizia con l’esplorare i nascondigli dell’anima umana per cogliervi le fibre più profonde, quelle della nostra completa inadeguatezza nei confronti di Dio e, al contempo, dell’insaziabile anelito alla piena comunione con Colui dal quale procede ogni grazia e misericordia.
«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».
Il salmo prende spunto da un episodio ben noto della vita di Davide. Egli, chiamato da Dio a prendersi cura del popolo di Israele e a guidarlo sui cammini dell’obbedienza all’Alleanza, trasgredisce la propria missione: dopo aver commesso adulterio con Betsabea ne fa uccidere in battaglia il marito, Uria l’Ittita, ufficiale del suo esercito. Il profeta Natan gli svela la gravità della sua colpa e lo aiuta a riconoscerla. È il momento della confessione del proprio peccato e della riconciliazione con Dio.
«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».
Il salmista mette sulla bocca del re invocazioni molto forti ma che sgorgano dal suo profondo pentimento e dalla totale fiducia nel perdono divino: “cancella”, “lavami”, “purificami”. In particolare, nel versetto che ci interessa, usa il verbo “crea” a indicare che la completa liberazione dalle fragilità dell’uomo è possibile unicamente a Dio. È la consapevolezza che solo lui può farci creature nuove dal “cuore puro”, ricolmandoci del suo spirito vivificante, donandoci la vera gioia e trasformando radicalmente il nostro rapporto con Dio (lo “spirito saldo”) e con gli altri esseri viventi, con la natura e il cosmo.
«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».
Come mettere in pratica questa parola di vita? Il primo passo sarà quello di riconoscerci peccatori e bisognosi del perdono di Dio, in un atteggiamento di illimitata fiducia nei suoi confronti. Può accadere che i nostri ripetuti errori ci scoraggino, ci chiudano in noi stessi. Occorre allora lasciare socchiusa, almeno un po’, la porta del nostro cuore.
Scrive Chiara Lubich nei primi anni ‘40 a qualcuno che si sentiva incapace di andare oltre le proprie miserie: «Occorre levarsi dall’anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi dall’esposizione umile e confidente ed amorosa dei nostri peccati. Noi, per noi, null’altro abbiamo e facciamo che miserie. Lui, per Lui, a riguardo nostro, non ha che una sola qualità: la Misericordia. L’anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendogli in dono, come unico dono, non le proprie virtù ma i propri peccati! […] se Gesù è venuto sulla terra, se s’è fatto uomo, se qualcosa brama […] è soltanto: Far da Salvatore. Far da Medico! Null’altro desidera»(1).
«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».
Poi, una volta liberati e perdonati, e tenendo presente l’aiuto dei fratelli perché la forza del cristiano viene dalla comunità, mettiamoci ad amare concretamente il prossimo chiunque esso sia. «Quello che ci è chiesto è quell’amore vicendevole, di servizio, di comprensione, di partecipazione ai dolori, alle ansie e alle gioie dei nostri fratelli; quell’amore che tutto copre, tutto perdona, tipico del cristiano»(2).
Infine, dice Papa Francesco: «Il perdono di Dio […] è il segno più grande della sua misericordia. Un dono che ogni […] perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio. È bello essere perdonato, ma anche tu, se vuoi essere perdonato, perdona a tua volta. Perdona! […] per essere testimoni del suo perdono, che purifica il cuore e trasforma la vita»(3).
A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di Vita
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1 C. Lubich, Lettere 1943-1960, a Cura di F. Gillet, (Opere di Chiara Lubich 4/1), Città Nuova, Roma 2022; p. 350.
2 C. Lubich, Parola di Vita maggio 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),</em
Città Nuova, Roma 2017, pp. 658-659.
3 FRANCESCO, Udienza Generale, La misericordia cancella il peccato, 30 marzo 2016.
giovedì 1 febbraio 2024
Parola di Vita - Febbraio 2024
«E tutto ciò che fate, fatelo con amore» (1Cor 16,14)1.
Questo mese, come lampada per i nostri passi, (2) ci lasciamo illuminare dalla parola e dall’esperienza dell’apostolo Paolo. Egli annuncia anche a noi, come ai cristiani di Corinto, un messaggio forte: il cuore del Vangelo è la carità, l’agape, l’amore disinteressato tra fratelli.
La nostra Parola di vita fa parte della conclusione di questa lettera, in cui la carità è abbondantemente ricordata e spiegata in tutte le sue sfumature: è paziente, benevola, ama la verità, non cerca il proprio interesse (3) … L’amore reciproco vissuto così nella comunità cristiana, è balsamo per le divisioni che sempre la minacciano e segno di speranza per tutta l’umanità.
«E tutto ciò che fate, fatelo con amore».
Colpisce che Paolo – nel testo greco – esorti ad agire “essendo nell’amore”, come a indicarci una condizione stabile, un dimorare in Dio, che è Amore. Come potremmo infatti accoglierci reciprocamente ed accogliere ogni persona con questo atteggiamento, se non riconoscendo di essere noi amati da Dio per primi, anche nelle nostre fragilità?
È questa coscienza rinnovata che ci permette di aprirci senza paura agli altri, per comprenderne i bisogni e metterci loro accanto, condividendo risorse materiali e spirituali. Guardiamo come ha fatto Gesù; è lui il nostro modello.
Egli ha sempre donato per primo: “[…] la salute agli ammalati, il perdono ai peccatori, la vita a tutti noi. All’istinto egoista di accaparrare oppone la generosità; all’accentramento sui propri bisogni, l’attenzione all’altro; alla cultura del possesso quella del dare. Non conta se possiamo dare molto o poco. L’importante è il come doniamo, quanto amore mettiamo anche in un piccolo gesto di attenzione verso l’altro. […] È essenziale l’amore, perché sa accostare il prossimo anche solo con un atteggiamento di ascolto, di servizio, di disponibilità. Quanto importante […] è cercare di essere l’amore accanto a ciascuno! Troveremo la via diritta per entrare nel suo cuore e sollevarlo” (4).
«E tutto ciò che fate, fatelo con amore».
Questa Parola ci insegna ad accostarci agli altri con rispetto, senza falsità, con creatività, dando spazio alle loro migliori aspirazioni, perché ognuno porti il proprio contributo al bene comune.
Ci aiuta a valorizzare ogni occasione concreta della nostra vita quotidiana: “[…] dai lavori di casa o dei campi e dell’officina, al disbrigo delle pratiche d’ufficio, ai compiti di scuola, come alle responsabilità in campo civile, politico e religioso. Tutto può trasformarsi in servizio attento e premuroso” (5). Potremmo immaginare un mosaico di Vangelo vissuto nella semplicità.
Due genitori scrivono: “Quando una vicina, angosciata, ci ha detto che suo figlio era in prigione, abbiamo accettato di andare a fargli visita. Abbiamo digiunato il giorno prima di andare, sperando di avere la grazia di dirgli la cosa giusta. Poi abbiamo pagato la cauzione per farlo rilasciare” (6).
Un gruppo di giovani di Buea (Camerun sud-occidentale) ha organizzato una raccolta di beni e di fondi per aiutare gli sfollati interni a causa della guerra in corso (7). Hanno fatto visita a un uomo che ha perso un braccio durante la fuga. Convivere con questa disabilità è diventato per lui una grande sfida, perché le sue abitudini sono cambiate drasticamente. “Ci ha detto che la nostra visita gli ha donato speranza, gioia e fiducia. Ha sentito l’amore di Dio attraverso di noi”, ha raccontato Regina. Aggiunge Marita: “Dopo quest’esperienza, sono davvero convinta che nessun dono sia troppo piccolo se fatto con amore… Non c’è bisogno d’altro: è l’amore che muove il mondo. Sperimentiamolo!”
A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita
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1 Per questo mese, la Parola di Vita che proponiamo è la stessa che un gruppo di cristiani di varie Chiese della Germania, ha scelto di vivere lungo tutto l’anno.
2 Cf. Sal 119 [118], 105.
3 Cf. cap. 13
4 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 791-792.
5 Ibid. p. 792.
6 S. Pellegrini, G. Salerno e M. Caporale, Famiglie in azione. Un mosaico di vita, Città Nuova 2022, pp.70-71.
7 testo adattato dal sito https://www.unitedworldproject.org/workshop/camerun-condividere-con-gli-sfollati/.