sabato 29 maggio 2010

Giugno 2010

 «Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

A Budapest per studi, abito in un piccolo appartamento messomi a disposizione da una famiglia. Viene un giorno a pranzo un amico e quando finiamo di mangiare, lui lava i piatti e mette ad asciugare le posate a testa in giù, diversamente da come faccio io che le metto a testa in su. Glielo dico spiegando le mie ragioni, e lui le sue.
Mi rendo conto che se non imparo a perdere le mie abitudini, finirà che invecchierò pieno di ragioni mie. Da quel momento le posate le metto ad asciugare con la testa in giù.
Mi capita tra le mani una frase di Teresa di Lisieux alla sorella Celine: “Prima di morire troncate dalla spada, facciamoci uccidere a colpi di spillo”. E colpi di spillo possono essere un punto di vista che non collima con il mio, uno sgarbo ricevuto, una delusione, il modo di fare di un impiegato più robot che persona, un collega che mi fa uno sgambetto …
Un giorno sono a cena dalla famiglia del mio amico. Non mi permettono di lavare i piatti, ma con sorpresa vedo che mettono ad asciugare le posate a testa in su. Ridiamo insieme quando dico loro che io ho cambiato modo… anche loro lo hanno fatto per me. Tutte le volte che riesco a “perdere la mia vita”, sperimento una tale gioia, una tale libertà che mi rende più facile amare gli altri.           

Foto di Attila Adam, Budapest 

martedì 25 maggio 2010

Come si cambia... per ricominciare


Caro Marco,
rispondo alla tua e-mail, e non da solo.
Stamattina come argomento di conversazione che tengo per due bravissime giuriste che perfezionano la loro lingua italiana, ho portato la tua lettera assieme ai commenti posti nel blog e quelli arrivati direttamente a me.
È stata una conversazione avvincente. Ne approfitto per ringraziare Luisa, Annibale, Nicodemo che con il loro contributo mi avevano indirizzato sulla risposta da darti. Un signore, che si definisce intellettuale trasgressivo, scrive: “Dovresti dire a Marco che non si spaventi del nulla: è questa la condizione a cui deve abituarsi. La vita è un niente, un soffio fra due silenzi, come diceva qualcuno”. Una ragazza scrive che vorrebbe averti per amico “una persona così è rara, è un bene dell’umanità”. Stamattina Rovena una delle giuriste: “ Dì a Marco che il dolore, le difficoltà che incontriamo servono affinché ci rendiamo conto della nostra identità, del nostro carattere, ci aiutano a conoscere noi stessi. È la vita che ci insegna la vita”. Zuzana mi incarica di dirti che “ognuno ha la croce che riesce a portare. Anche il dolore fa parte della vita e l’amore senza il dolore non esiste”.
Concluderei tirando una somma: In questo misterioso nulla che ci terrorizza, il dolore è una strada per conoscersi e conoscere. Ma il dolore ha un legame con l’amore. 
Marco, sei diventato inconsapevole protagonista di profonde riflessioni, quindi la tua vita produce anche se non vedi subito i frutti. Il consiglio di Nicodemo mi aiuta a dirti in una parola quello che ti auguro: ricominciare. È un’arte saper ricominciare.
Ti ringrazio, ormai ci conosciamo!   
Tanino e … 
Foto mia

domenica 23 maggio 2010

Come si cambia...

 
“Come si cambia per non morire, come si cambia per amore…” cantava Fiorella Mannoia ed io, a forza di cambiare, sono arrivato al fondo del nulla. Dove ho sbagliato? È tutta qui la vita?
Che senso ha il vivere, la ricerca della felicità, il bisogno d’amare? Che senso ha il soffrire, il sacrificarsi per altri? Le domande si liberano una a una e mi lasciano senza pensieri, senza più parole da dire a me stesso e agli altri. Da quale parte spunterà la speranza?
Ti scrivo e non so perché lo faccio. Forse avrei bisogno di una parola da amico, anche se non mi conosci.
Grazie, anche se non rispondi.
                                                 Marco

Disegno di Maurizio Mosconi, Albero

giovedì 20 maggio 2010

Il tuo nome è un suono

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Una famiglia di amici era venuta a trovarmi ad Ancona, dove abitavo, per una visita specialistica di cui aveva bisogno un loro figlio. Una domenica li ho accompagnati a Loreto, il famoso santuario che custodisce la casetta di Nazaret.
Mi occupavo del ragazzino, quando un signore si avvicina per chiedermi: “Chi sei?”.
Non capisco la domanda. Allora il distinto signore, mi dice che aveva osservato come mi stavo occupando del ragazzino “Chi te lo fa fare? Non sembri uno pagato per fare questo servizio…”.
Ho domandato se fosse tanto strano occuparsi degli altri.
Lui risponde: “Non è tanto il fatto di occuparsi di qualcuno, ma è chiaro che questo ragazzo non è sano e tu ci sai fare. Quindi, o si tratta di un parente con quale convivi da tempo e hai imparato come fare, o stai facendo degli studi specializzati per questi casi oppure sei una persona eccezionale”.
Dalla mia risata il distinto signore capisce che nessuna delle sue ipotesi reggeva.
Allora lui tira una conclusione: “Tu sei un piccolo grande uomo”.  E così continuò a chiamarmi tutte le altre volte che c’è stata occasione di sentirci per telefono o d’incontrarci.
Una volta mi chiese cosa significasse per me Dio, e gli mandai la finale di un pensiero che avevo scritto in quei giorni nel diario. Quando è morto la moglie mi raccontò che il marito teneva sulla scrivania del suo studio, una strana frase incorniciata, e mi chiedeva se la conoscevo o se ne capivo il significato.

… e nel cuore il tuo nome è un suono
al cui tono si armonizzano questi silenzi senza qualità:
il nome ha la forma del tempo presente.

Foto di Palko Danko
Questo brano un mio amico, Giuseppe Cocchiaro, l'ha inseriro nel suo album  di foto "Se un istante..."

martedì 18 maggio 2010

Mi hai proprio deluso, sai?

 
Ciao, Tanino,
ti racconto una cosina di oggi:
Sto già mangiando quando entrano in trattoria un uomo e, subito dietro, una ragazzina adolescente – mi rendo conto della sua età quando si toglie gli occhiali – e vengono a sedersi vicino a me. Ordinano e iniziano a parlare, non posso non sentire quel che dicono, soprattutto lui: “… qui dentro il campo non prende … tua madre riesci a chiamarla?! ... poi devi andare a scuola … ti bocciano … francese ti aiuto io a studiarlo … ogni volta che non vai a scuola, ti porto con me …”.  L’impressione è quella di un padre separato, soprattutto quando sento: ”Mi hai deluso, sai?... mi hai proprio deluso” e vedo che lei non sa che dire. Quanto sarà delusa lei – se la mia impressione è giusta – ? Non la conosco ma niente esclude che possa frequentare la mia stessa scuola; anch’io ho alunni con i genitori separati e situazioni familiari assurde. Spesso vanno male, devo valutarli e non posso essere buonista. Come potrei aiutarli?
Ho l’abitudine di mangiare in fretta e presto esco senza poter fare altro che salutare discretamente i pochissimi clienti della trattoria. Ma quella scena ancora pesa dentro di me.
                                                                                        Maurizio M.

foto mia

sabato 15 maggio 2010

Voglio arrivare a te



No
non voglio aggiungerti alle mie cose!
Voglio
arrivare a te.

 foto mia

mercoledì 12 maggio 2010

E come sempre, Tu ci ami per primo

Ciao Tanino, ti mando un piccolo fatterello che ci è successo lunedì scorso.
Grazie ancora per le tue ‘storie’.
Buona giornata e buona Festa dell’Ascensione.
Francesco.


Come mai sei arrivata così tardi?
Sono le 11 e domani mi devo alzare alle 6 per andare al lavoro.
Salgo in auto e un gelido mutismo scende nell’abitacolo.
L’autostrada si snoda nel buio della notte, mentre il disappunto nel cuore fa eco alla pioggia battente di fuori.
Abbandoniamo l’autostrada per prendere il Monte Ceneri.
Nel buio di quella strada una forma umana spunta fuori.
È un uomo che cammina sul ciglio della strada.
Blocco l’auto e, voltandomi indietro lo chiamo.
Si avvicina.
Cosa fa su questa strada al buio. Sa che è pericoloso? È già morta tanta gente qui di notte.
Lo invitiamo a salire e quasi subito l’aria si riempie di alcool.
Gli chiediamo da dove viene e dove deve andare.
Vengo da Ischia e vado a Sant’Antonino.
Lo accompagniamo e, salutandoci chiede:come vi chiamate?
Glielo diciamo.
Riprendiamo il viaggio.
Ripenso alla domanda e mi sembra che potresti essere stato Tu a porcela, come per dire:Mi ricorderò di questa sera, perché il passaggio l’avete dato a me.
L’atmosfera in auto è cambiata.
Questo gesto d’amore ci ha rimesso nella carreggiata per ricominciare ad amare.
Come ogni sera,ti ringraziamo per la giornata che ci hai donato e mettiamo nelle tue mani il riposo della notte.
E come sempre, Tu ci ami per primo.
(tupensaci.splinder.com)



foto mia

lunedì 10 maggio 2010

Gelsomina


Alloggio in una villa dei Castelli Romani. Ieri sera tornando dal convegno cui partecipo, mi sono soffermato a guardare la città di Roma. Una distesa di luci d’oro splendenti, come una manciata di perle luminose buttate nel buio dei prati.
Dietro di me una voce: “Ma tu, l’hai mai visto il tramonto?” Risposi subito di sì, e mi accorsi che mi parlava Gelsomina, un donna rotonda e felice, di indefinibile età, dai gesti e dalla voce di bambina, senza denti e con un sorriso innocente che comunicava pace.  
“Vieni qui, alle sette di domani sera e vedrai uno spettacolo che non hai mai visto!”.
Stasera sono arrivato puntualmente e quando Gelsomina mi vide si è messa a piangere perché il sole era già tramontato.
Le chiedo: “Cosa ti ha detto il sole?”.
“Se mi prometti che custodisci un segreto, te lo dico!” Le sorrido e allora Gelsomina:
“Quando il sole mi vede triste mi manda sempre dei petali di rosa. Anche stasera me li ha mandati con il vento che era carico di profumo. Sono petali vellutati e sul velluto ci sono dei segni, come sui libri. Ma io non so leggere”.
Gelsomina tira fuori dalla tasca un pezzo di pane, poi una caramella color viola, una conchiglia azzurra, una stella marina spezzata e un pezzo di carta che arrotola dei petali colore dell’oro. Sono freschi e profumati. I petali hanno delle venature cioè delle lettere, parole. Comincio a leggere una favola…
Lo sguardo di Gelsomina è pieno di gioia e di domande. Le spiego che il sole ci vuole dire che non tutti sappiamo fare le stesse cose. Lei sa raccogliere i petali del sole e io so leggerli. Il sole ci sta svelando un grande segreto: per vivere tutte le stagioni della vita abbiamo bisogno l’uno dell’altro.
“Allora ti regalo tutti gli altri petali del sole. In una scatola azzurra li ho raccolti tutti – mi dice Gelsomina – non sapevo che sono parole. E tu che giri il mondo potrai donare una parola del sole ad ogni bambino che incontrerai”. 

Foto mia

giovedì 6 maggio 2010

lettera a un ... paladino di pace

Joaquim Mendes, il giorno che finiva la II Guerra Mondiale, era un giovane papà brasiliano. Aveva 31 anni, e al primo dei suoi 5 figli, Antonio Carlos, allora di due mesi, scrisse questa accorata lettera.
La pubblico sia come documento di speranza, sia per ringraziare Antonio Carlos, Anna Maria, Caris, Teresa e José Camilo che mi hanno fatto dono di questo prezioso documento di famiglia.   
San Paolo, 8 maggio 1945.
Figlio mio,
salute e pace!
In questo giorno della fine della guerra, in memoria dei brasiliani che hanno combattuto nei campi di lotta d'Europa, papà e mamma si rivolgono a te con la speranza e l’augurio che mai più abbiamo da affrontare un’altra guerra.
Desideriamo che tu sia un paladino della pace e che, con intelligenza e cultura, con bontà e coraggio, con uno spirito nobile e idee elevate che senz’altro avrai e che ti guideranno nella tua vita, difendendo le cause nobili, tu sii un motivo di orgoglio e giubilo per i tuoi genitori, i tuoi nonni e tutta la famiglia, per il nostro paese e per l’umanità.
Che Dio ti faccia felice e che tu possa donare felicità ai tuoi simili è ciò che noi ti auguriamo; e siamo certi di veder realizzata questa eccelsa ventura.
Che Dio ti custodisca e faccia di te un grande uomo, grande per le tue idee, azioni e esempi, grande per la tua nobiltà d’anima, per la tua bontà e intelligenza a servizio del benessere dei nostri prossimi, grande per il tuo coraggio, lealtà e fede, per i tuoi bei sentimenti, per il tuo amore alla libertà, per tutto ciò che sintetizza i migliori aneliti del progresso umano.
Che Dio ti faccia giusto e pietoso e che, con tutto quanto desideri, tu possa lavorare per un mondo migliore, più comprensivo, più umano, più felice, amico e caritatevole.
Che tutto quanto ti auguriamo diventi realtà e che le benedizioni divine siano proporzionate a ciò. Sono gli auguri di mamma e di papà.
foto di Palko Danko

lunedì 3 maggio 2010

Maggio 2010

--> " Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui"   (Gv 14,21).
 
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Insegnavo in una classe di alunni dell’età post adolescenziale e lì si era creato un gruppo capitanato da uno studente che qui chiamo Manlio. Era stato uno dei più bravi e, nel giro di pochi mesi si era abbrutito e aveva creato una gang di fanfaroni, spavaldi e screanzati. Un giorno mi sono reso conto che nelle mie spiegazioni mi riferivo a chi mi ascoltava, in quanti trovavo solidarietà e sostegno. Anche quando mi preparavo per la prossima lezione il punto di riferimento erano quelli che mettevano impegno a seguirmi.

Ma non ero contento. Non era tanto perché stavo emarginando una parte della classe, quanto per la delusione che mi stava dando proprio quello che era stato il migliore. Un giorno ho parlato con la madre di Manlio, e venni a sapere che il figlio era entrato nel giro della droga e, per tutti i danni economici e morali che stava provocando alla famiglia lei, disperata, era arrivata al punto di desiderare la morte del proprio figlio.


Quella disperazione non mi lasciò in pace. Misi tutto il mio impegno a prendere come misura non chi mi ascoltava e mi sosteneva, ma proprio Manlio, proprio lui che sistematicamente distruggeva tutto il mio lavoro.


Soltanto l’impegno di prenderlo come punto di riferimento, mi fece sperimentare una gioia libera e fresca, come se attingessi a una sorgente di energia che mi rivitalizzava, svegliava la mia fantasia e metteva in atto risorse nascoste. Anche le lezioni cambiarono, come se una forza, più potente delle mie capacità e competenze, dirigesse tutto.


Durante la Messa, un giorno, ascoltai queste parole misteriose “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui” e mi sembrò di capirle.


L’amore verso il prossimo, verso qualsiasi prossimo è come un dardo lanciato in un cielo buio e, di colpo, si accende un’armonia che attendeva quel dardo. 


Foto mia