Vita Trentina del 30 luglio 2017 pubblica un editoriale di Chiara M. sulla vicenda del piccolo Charlie:
I genitori di Charlie e l’amore che non
muore
“Lo lasceremo andare con gli angeli”. Queste le parole,
tra le lacrime a stento trattenute, del papà di Charlie, il piccolo bimbo
londinese che è riuscito, nei suoi pochi mesi di vita, a coagulare attorno a sé
l’interesse del mondo. Queste le parole che hanno riportato anche gran parte
dei quotidiani all’indomani della dolorosa comunicazione. Non vorrei ripetere cose
già lette. Neppure entrare in problemi tecnico-giuridici: lo fanno già altri, molto
più competenti.
Vorrei, in punta di piedi, immaginare il percorso di
questi giovani genitori, dall’arrivo di Charlie. Il loro primo figlio, l’attesa
che porta con sé tanti sogni, la gioia della sua nascita. E, dopo qualche
settimana di felice quotidianità, accorgersi che qualcosa non va. Rifare il
percorso all’indietro, casa ospedale, non immaginando sicuramente che da lì,
Charlie non sarebbe più uscito, neppure per “fargli un bagno in casa
– come chiedevano insistentemente ai medici - sederci sul
divano con lui, dormire nel letto con lui, poterlo mettere in una culla, perché
non ci ha mai dormito…”.
Una carrellata continua di mazzate su speranze sempre più
deboli. È come volersi arrampicare su uno specchio. Dicono che la forza della
disperazione, lo spirito di sopravvivenza, può generare cose incredibili.
Non in questo caso. C’è un momento nella vita di ogni
uomo, di noi tutti, in cui ci si deve arrendere. Al di là delle
ragionevolissime e arrabbiate obiezioni: “Non è giusto!” e “Perché?”. Un
momento che nessuno di noi può pilotare a piacimento. Che ci piaccia o no.
Possiamo tentare di posticiparlo, almeno un po’, ma comunque arriva.
Eppure i pensieri, nella mente, corrono veloci. Come si
può stringere tra le braccia un delicato e fragile esserino, cullarlo,
baciarlo, cantargli dolci ninne nanne, carezzarlo teneramente, sapendo che le
lancette del tempo non si fermano e mangiano inesorabilmente i giorni di vita
che ancora gli rimangono? Non ci sono risposte umane accettabili. Sicuramente
non per una mamma e un papà. E poi: “Che senso ha tutto questo? A cosa è
servito?”.
Apparentemente è solo una storia di dolore immenso. Dolore
sì, ma non solo. Charlie, nel suo ‘quasi’ anno di vita (il 4 agosto è il suo
compleanno), ha calamitato attorno a sé da tutto il mondo, l’amore di migliaia e
migliaia di persone. Che pregano, lottano, confortano, si arrabbiano pure, ma
che si sono unite per lui. La sua vita, così breve (a meno che non accada un
miracolo), è quasi l’attimo di ‘un soffio’, oserei dire di più: ‘un lampo’.
Breve, intenso, luminoso.
Charlie si è affacciato alla porta del mondo, ha scompigliato
per bene cuore e anima di tanti, ha lasciato in Connie e Chris, i suoi
genitori, questo desiderio, comunicato come un deciso proposito: “Usare i soldi
raccolti perché si faccia più ricerca su queste malattie, così che un giorno
altri bambini con danni da deplezione mitocondriale possano vivere un po’ più a
lungo e forse anche guarire”.
Era questo il suo ‘mandato’ quando è stato spedito sul
pianeta Terra? Uno ‘stratagemma’ celeste, per far ripartire cuori ‘stanchi’?
Non lo sapremo mai e il Dio della Vita, così imperscrutabile nei suoi disegni, non
ci facilita le cose.
Ma Charlie è un “piccolo grande guerriero”, come lo chiama
la mamma, convinta lei per prima – nonostante il dolore - che “nessuna vita è
vana”. Charlie non ha paura, ha seminato amore e ne ha ricevuto tanto,
moltiplicato. Sarà l’amore che lo accompagnerà nel suo ritorno Lassù, tra gli
angeli che lo stanno aspettando, sarà l’Amore che lo accoglierà tra le braccia
per dargli le coccole e i baci che non potrà più ricevere da mamma e papà, fino
a quando non si rincontreranno. Sarà ancora l’amore che continuerà a donare a
tutti noi, con le sue mani piccine dalla finestra del Cielo.
Ciao, angioletto Charlie! Solo Lassù, capiremo il ‘nonsense’
di questa tua breve vita. Un ‘lampo’ di vita, pieno d’Amore.
Chiara M.
Foto da internet