mercoledì 29 aprile 2015

Gen Verde: l'arte del dialogo

La città di Katowice (Polonia del sud) per festeggiare i suoi 150 anni dalla fondazione non poteva creare un evento più azzeccato che quello di invitare il Gen Verde, un gruppo musicale che per la varietà della sua composizione di 21 artiste di 13 paesi, è un tangibile annuncio di pace e fraternità. L’iniziativa ha le sue radici in un rapporto che da anni il Movimento dei Focolari sta intessendo con musulmani, ebrei e cristiani di varie denominazioni. L’International Performing Arts Group, è un esempio attivo dell’ estermismo del dialogo che la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce, aveva proposto pochi giorni prima, al Palazzo di vetro dell’ONU, come risposta alle sfide della triste violenza dei giorni nostri.
Ma un tragico anniversario rende più urgente l’attuazione di un dialogo costruttivo, ed è la coincidenza con la fondazione, esattamente 75 anni fa, il 27 aprile 1940, del più grande campo di sterminio nazista di Auschwitz, (Oświęcim in polacco), 30 km a sud-est da Katowice.
Un progetto artistico educativo che il Gen Verde porta avanti da alcuni anni si è realizzato con i workshop cui hanno preso parte 140 giovani, delle più varie discipline, che sono diventati parte integrante del programma, non solo per la bravura ma per l’entusiasmo col quale hanno fatto proprio il messaggio del Gen Verde.

Il Presidente della città, che ha invitato il Gen Verde per l’occasione del GMG del 2016, vede nell’armonia del complesso internazionale l’espressione degli intenti della stessa Katowice, città del dialogo. 

lunedì 27 aprile 2015

Siamo a 1.000 pagine


Care amiche e amici,
mentre preparavo la pagina da pubblicare oggi mi sono reso conto che questo post è il n° 1.000.
L’universo non è nei miei numeri, diceva Einstein, è vero. Ma i numeri segnalano ben altro.
Nel mio caso il fatto che per mille volte ho cercato di fare qualche dono ai voi amici, mi riempie di gioia.
Ho notato che le pagine più gradite e gettonate sono il dialogo con voi e i fatti di vita vissuta.
Vi racconto l’ultimo, fresco fresco, anche se si tratta di caffè caldo.

Avevo notato che, all’intervallo del caffè un collega, senza mai contare quanti siamo o quanti ancora non hanno preso il caffè, ne prende dalla caffettiera una tale quantità come se fosse da solo.
Stamattina, lui non era ancora arrivato in sala incontri, e ho notato che il caffè rimasto nella caffettiera era poco. Qualcuno ha detto: “… che si vada a preparare lui la quantità che vorrà”.
Ma, con un piccolo stratagemma, ho versato nella tazza di chi aveva parlato il caffè della caffettiera e mi son messo a prepararne un’altra.
Mentre riempivo il contenitore del caffè ho compreso che ciò che veramente mi impedisce di compiere un gesto di amore è il pregiudizio, una sensazione negativa subita, una voglia di fare la mia giustizia, quasi una vendetta.
Quel gesto mi ha spiegato che ogni azione è guidata da un pregiudizio e ho pensato quanto sarebbe bello agire senza condizionamenti.
Chiara Lubich con le sue prima compagne con le quali ha iniziato il Movimento dei Focolari, ha notato che le mancanze di qualcuna di loro potevano influire negativamente sull’agire delle altre ed ha escogitato il “patto di misericordia”, lo sforzo e l’impegno di vedersi ogni giorno nuove, senza ricordi del giorno precedente. Questa educazione all’altro nella sua novità e non negli errori commessi, ha determinato un nuovo modo di rapportarsi, uno stile di misericordia.
Stamattina, quel gesto di preparare un caffè, mi ha fatto vedere quanto il mio modo di conoscere gli altri possa essere inficiato da un’impressione negativa che non sono riuscito a dimenticare.
L’attenzione agli altri ha bisogno di occhi nuovi, in qualsiasi situazione.
Mentre scrivevo questo post un amico mi ha mandato la foto che allego. Mi è sembrato mandata da un Angelo. Infatti l’amico si chiama Angelo!

Ciao a tutti e grazie!
Tanino

domenica 26 aprile 2015

Costruiremo con mattoni nuovi

In luoghi abbandonati
Noi costruiremo con mattoni nuovi
Vi sono mani e macchine
E argilla per nuovi mattoni
E calce per nuova calcina
Dove i mattoni son caduti
Costruiremo con pietra nuova
Dove le travi son marcite
Costruiremo con nuovo legname
Dove parole non son pronunciate
Costruiremo con nuovo linguaggio
C'è un lavoro comune
Una Chiesa per tutti
E un impiego per ciascuno
Ognuno al suo lavoro.


Cori da "La rocca" di T.S. Eliot

venerdì 24 aprile 2015

... per ricevere di nuovo la vita.

Leggendo il commento di Enzo Bianchi al Vangelo IV Pasqua, mi ha molto impressionato il brano che copio.

(…) Dopo questa auto-rivelazione, ecco altre parole con cui Gesù esprime la sua intimità, la sua comunione con Dio: “Per questo il Padre mi ama: perché io depongo la mia vita, per riceverla di nuovo”. Perché il Padre ama Gesù? Perché Gesù realizza la sua volontà, quella volontà che è amore fino al dono della vita. In Gesù c’è questo amore “fino all’estremo” (Gv 13,1), fino al dono della vita appunto, e c’è la fede di poterla riceverla di nuovo dal Padre. Si faccia qui attenzione e non si segua la traduzione italiana ufficiale della Bibbia, che compromette seriamente il senso delle parole di Gesù. Gesù non dice: “Il Padre mi ama perché offro la mia vita per riprenderla di nuovo” (sarebbe un giochetto!), ma “per riceverla di nuovo” (il verbo lambáno nel quarto vangelo significa sempre “ricevere” non “riprendere”). L’offrire la vita da parte di Gesù sta nello spazio della fede, non dell’assicurazione anticipata! Il comando del Padre è che lui spenda, offra la vita; e la promessa del Padre è che così potrà riceverla, perché “chi perde la sua vita la ritroverà, ma chi vuole salvarla la perderà” (cf. Mc 8,35 e par.; Gv 12,25). Nessuno prende la vita a Gesù, nessuno gliela ruba, e la sua morte non è né un destino (una necessità) né un caso (gli è andata male…): no, il suo è un dono fatto nella libertà e per amore, un dono di cui egli è stato consapevole lungo tutta la sua vita, dicendo ogni giorno il suo “sì” all’amore. Non ha dato la sua vita per ragioni religiose, sacre, teologiche, ma perché quando si ama si è capaci di dare per gli amati tutto se stessi, tutto ciò che si è”. (…)


http://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2015/04/enzo-bianchi-commento-vangelo-iv-pasqua.html

giovedì 23 aprile 2015

"L'universo non è i miei numeri"

Lasciando un commento su I giovani e gli anziani, Alessandro mi scrive:

"Ho letto una dichiarazione di Albert Einstein che mi interpella. “Come si può mettere la Nona di Beethoven in un diagramma cartesiano? Ci sono delle realtà che non sono quantificabili. L'universo non è i miei numeri: è pervaso tutto dal mistero. Chi non ha il senso del mistero è un uomo mezzo morto.” Einstein vorrebbe dire che una vera conoscenza significa essere aperti al mistero? Io non ho mai perduto il senso del mistero, ma non credo in Dio. Ti scrivo perché le pagine del tuo blog mi fanno pensare che la tua fede è certezza, è sicurezza di aver trovato".

Alessandro pensa che la mia fede sia certezza. Vorrei precisare che la fede non è certezza ma è piuttosto un cammino, un rischio che ho avuto il coraggio di correre.
Per me il mistero è questo coraggio di fidarmi dell’indefinibile e poi accorgermi che questo coraggio è soltanto il frutto di un amore che già mi ama.

Accorgermi, prendere coscienza di questo amore, è la fortuna più grande che mi sia capitata, l’esperienza più entusiasmante che si possa vivere nel tempo e nello spazio.