martedì 28 febbraio 2012

La tua felicità è la mia vera gioia

Ho ricevuto degli echi alla favoletta “Si chiamava Mamo ed era un ramo”.
Il mondo della favola l’ho scoperto in Ungheria.
Molti scrittori ungheresi, nel periodo del regime comunista, scrivevano favole.
Ho frequentato un antico ristorante dove, una sera della settimana, una ventina di loro si incontravano.
Erano momenti di scambio di vedute, di commenti a qualche libro appena uscito. C’era pure la cena e allegre bevute di birra.
Io ero invitato soltanto perché avevo tradotto in italiano una favola di uno di loro.
Uno scrittore straordinario che prima o poi vi farò conoscere. Era un capobanda. È capitato più di una volta che se c’era aria tesa o qualche disputa accesa, lui alzando la voce diceva: “Sapete cosa mi detto questo sporco capitalista (riferendosi a me) che in Italia gli scrittori… E ne inventava una grossa. E tutti mi guardavano per saperne di più dimenticandosi la rissa.
Come traduttore ero incensato. Tanti si sarebbero aspettati che traducessi una loro opera e intanto mi mandavano le loro favole. Ma il vero dono è stato l’amicizia che si è creata.
Quel tempo per me è stato una scuola. Ognuno mi ha dato qualcosa, mi ha insegnato qualcosa.
Quindi se la favola recentemente pubblicata ha avuto effetti, questo lo devo agli scrittori ungheresi.
Stamattina un’anziana signora mi ringraziava per la favola di Mamo perché, diceva: “Con questa favola lei ha mostrato come si possa vincere l’orgoglio”.
Un altro mi scrive: “Mio figlio è un pigrone nella lettura, allora le favole gliele leggo io. Alla tua favola è rimasto in silenzio. Poi mi ha chiesto perché il ramo si è lasciato bruciare. Non ho risposto perché attendevo quello che lui voleva dirmi. Quasi balbettando mi fa: tu e mamma siete come quel ramo. Siete felici se sono felice. Vi basta la mia felicità. E mi ha abbracciato. Di più non avrebbe potuto dirmi!”
Cari amici del blog, sono grato a questo “luogo” che ci permette non solo di comunicare ma di crescere insieme.

Foto mia

domenica 26 febbraio 2012

Se manca la pace...

Se manca la pace 
è perché abbiamo dimenticato 
che apparteniamo agli altri.

Madre Teresa di Calcutta 



  Foto mia

giovedì 23 febbraio 2012

Si chiamava MAMO ed era un ramo

Al centro del giardino c’era un grande albero abitato da mille uccelli e altri mille venivano lì per giocare ed esercitarsi a volare. Un giorno, Mamo, il ramo più forte, invidioso degli uccelli che volavano dove volevano e stanco di essere solleticato dalle loro zampe, pensò di cambiare vita.
Chiese a un picchio di fare tanti buchi alla sua base in modo da staccarsi dal tronco e, quando fu a terra, chiese a due aquile di portarlo lontano lontano. Il papà Tronco sentì il dolore del distacco e pianse tanto. La mamma Chioma pensò di non essere più capace di proteggere i suoi rami e si sentì inutile e disperata per aver perduto il ramo più bello. Neppure gli altri rami fratelli riuscirono a trattenerlo.
Mamo, dalla punta di una roccia, osservava il mare e cominciò a sognare: «Come sarebbe bello essere un aquilone! No, meglio essere il remo di una barca per solcare il mare, oppure l’asta di una bandiera, così tutti mi applaudiranno. Oppure una freccia avvelenata per colpire il nemico ed entrare da eroe dei libri di storia, oppure…».
Dopo un po’ sentì le forze mancargli. Una grande voglia di dormire cresceva dentro di lui. E si addormentò profondamente assieme ai grandi sogni. Il sole fece ingiallire le sue foglie e Mamo non si accorse che il vento lo girava di qua e di là fino a buttarlo in mare. Galleggiò sull’acqua, ma aveva poche forze per vedere dove andava. Quando il mare agitato lo scaraventò sulla spiaggia, la botta fu forte, ma lui continuò a dormire.
Un giorno si svegliò al solletico di alcuni bambini che lo coccolavano felici di aver trovato legno da bruciare. Il ramo non voleva fare una brutta fine e pianse, e pianse. I bambini dissero che la loro mamma era malata e non avevano niente per riscaldare il latte. Mamo raccolse tutte le forze e disse di sì.
Sotto il pentolino del latte divenne fuoco e cominciò a scoppiettare di una gioia sconosciuta. Poi, guardando gli occhi della mamma che aveva bevuto il latte, si sentì libero e felice. 


Foto mia
Ho pubblicato questa favola su:
http://www.cittanuova.it/contenuto.php?idContenuto=333364&TipoContenuto=articolo&idSito=1

mercoledì 22 febbraio 2012

Se cominci tu...



Prova ad amare chi ti sfiora nel momento presente della vita 
e scoprirai nell'animo tuo nuovi germogli di forze non conosciute prima:
esse daranno sapore alla tua vita e risponderanno ai tuoi mille perché.
                                                             Chiara Lubich
Foto mia

 

lunedì 20 febbraio 2012

Chi c'è dietro la maschera?



Tante volte ho pensato che il carnevale sia l’unico giorno 
in cui si depongono le maschere,
Chi si maschera "esce" dalla maschera 
per rivelare il personaggio che vorrebbe essere.
Ormai il suo sogno non è segreto!
E i clown?
Quelli non hanno maschera: 
risplendono nella gioia degli altri.

Foto di Maurizio Mosconi

giovedì 16 febbraio 2012

Un capitale di... rifiuti

Stamattina appena sveglio mi sono trovato ad affrontare una situazione non facile: il dialogo con qualcuno mi aveva messo fortemente e brutalmente in evidenza tutto quello che io non sono capace di fare. Con le forze che ho potuto raccogliere ho fatto in modo che l’altro non si accorgesse che mi aveva ferito.
In quel momento una finestra si è aperta in me ed ho respirato aria nuova, mentre una calda luce cambiava la mia visione della realtà.
Nella mente si andava componendo un’idea che velocemente produceva gioia, libertà e stupore. Ho detto a me stesso: «Con tutta la sincerità devo mettere sulla tavola i miei difetti, i miei limiti. Dire chiaramente a chi mi sta vicino quello che non so fare. Così ciascuno può sapere che anch’io sono consapevole di ciò che mi manca. E se anche gli altri facessero la stessa cosa? Con i nostri difetti potremmo costituire un capitale di “rifiuti”, di roba da scarto, e sono certo che questo è quello che ci manca per compiere la tremenda battaglia che ci sta dissanguando tutti».
Poi ho comunicato quest’idea e dal sussulto di chi mi stava davanti, mi son reso conto che il successo è misteriosamente assicurato da questo potente capitale di rifiuti.
Vedremo!


Foto mia

lunedì 13 febbraio 2012

Caleidoscopio: metafora della vita

Il 2 novembre, ricorrenza dei defunti, è festa per i bambini siciliani. Ricordo quel giorno con commozione.
L’attesa cominciava molti giorni prima quando si scriveva una letterina ai parenti morti: nonni, zii... e si chiedeva, spesso dietro delicato suggerimento dei grandi, ciò che desideravamo.
Poi, la vigilia, l’attesa diventava quasi angoscia. Bisognava nascondere la grattugia perché i morti avrebbero grattato i piedi a chi non si era comportato bene.
Finalmente la mattina ci si alzava presto per andare a cercare i regali nascosti.
Era immancabile il vassoio ricco di coloratissimi frutti di martorana, rami di miele e frutta secca. Al centro dominava il pupo di zucchero. Per me e mio fratello sempre cavalieri o eroi, come quelli del teatro dei pupi, o dei carretti siciliani, indimenticati paladini di Carlo magno. Poi giocattoli, maglioni. 
Ma un regalo mi rimane nella memoria come qualcosa che solo dal cielo poteva venire, il caleidoscopio.
Quel tubo di cartone rivestito di carta disegnata, con la parte inferiore girevole, chiusa da un vetro opaco, aveva all’altra estremità un foro attraverso cui si potevano ammirare fiori simmetrici di inimmaginabile bellezza.
Stavo ore a guardare e mai si ripeteva lo stesso quadro. Mai.
In occasione di un recente compleanno, qualcuno cui avevo raccontato della  mia infanzia, mi regalò un caleidoscopio. Riuscì a trovarlo di cartone, come quelli di una volta e l’effetto fu identico a quello di decenni prima.
Il caleidoscopio, nella combinazione di bellezze sempre nuove, è metafora della mia vita. 


Foto mia

sabato 11 febbraio 2012

Per chi non sa dove andare...


 Non esiste vento favorevole 
per il marinaio che non sa dove andare. 
                                                     Lucio Anneo Seneca







          Foto mia

giovedì 9 febbraio 2012

Soltanto l'amore convince


Se inciti qualcuno a sperare
sii tu la speranza.
Se gli suggerisci di amare
deve sapere da te cos'è l'amore. 
Soltanto l'amore convince.




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martedì 7 febbraio 2012

TUTTO RITORNA ALL'ORIGINE


Sì, viene un tempo in cui
tutto torna all’origine:
l’amico torna all’amico, la figlia alla madre.
L’amore ritorna all’amante
e l’amato abbraccia l’amore.

Le parole trattenute nelle dighe della paura
ora sono proclamate da innumerevoli cori.

Tutto ritorna. La vita ritorna
perché si è estesa così lontano
che il suo margine ha toccato l’origine.

E ha inizio il tempo senza cesure.
Tutto ritorna.
Tutto.



foto mia

lunedì 6 febbraio 2012

Un piccolo gesto d'amore

Maja, dalla Slovacchia, mi ha segnalato il link che ho intitolato: 
...
Quello che vi trovo è una catena. Se tu cominci non resti da solo. 
Uno sgarbo, un'offesa, un tradimento producono bisogno di vendetta che chiamiamo giustizia. Ma se interrompi questa catena di odio che genera odio, scopri che ancora più forte è l'amore.

Foto mia

sabato 4 febbraio 2012

ERA UN PITTORE

 Dall'altra riva dell'oceano una telefonata:

 “Forse un giorno scopriremo che non ci siamo mai perduti e che tutta questa tristezza in realtà non è mai esistita… I migliori anni della nostra vita”.
Questa canzone l’ascolto spesso, mi dà coraggio, voglia di ricominciare. La mia notte non è infinita. Ne sono sicuro. Quando mia moglie mi ha lasciato ho ricominciato a bere. Avevo quasi smesso. Ma sai, con tutte le serate di gala, con tutte le mostre che faccio… è stato quasi inevitabile. Ora nelle mie vene scorre alcol.
Io amo ancora Betty. Lei non immagina quanto mi manchi. E i miei figli sono stupendi. Lei li sta allontanando da me. Hanno l’età dell’indipendenza dalla famiglia.Vengono da me soltanto quando hanno bisogno di soldi o perché vogliono sfuggire alla madre. La seconda ha una mano più sicura della mia. Disegna che è una meraviglia.
La casa, comprata con tutti i sacrifici della mia vita, l’ho data loro, è ovvio che vi abitino. E vivono tranquilli, senza di me. Questa esclusione è peggio della morte, è morte sociale. Se ti disprezza una persona qualsiasi è un conto, ma quando ti disprezza uno che ha il tuo sangue…
Ho comprato una scheda da sei dollari. Posso parlare con te per ore. Pensa che fortuna! Non ti chiedo neanche se è opportuno. Tu sei nel pieno della giornata e io, a New York,  sono appena uscito dalla doccia. Oggi lavorerò a casa.
È tremendo non avere orizzonti affettivi. Si arriva a dipendere da una telefonata…
Se una volta verrai a trovarmi ti porto in un ristorante tipico italiano. Conosco i padroni. Sono gente semplice che s’è fatta i soldi lavorando sodo. Per loro tutti gli italiani sono “paisà”.


E' stata una delle ultime telefonate. Quando mi è arrivata la notizia della sua morte, ho cercato il quadro che aveva dipinto per me: ora è una parola detta per sempre, assoluta.  


Foto mie: Inverno a Bratislava

venerdì 3 febbraio 2012

La terza neve


In questi giorni non posso non "celebrare" la neve. 
La parte finale di una poesia spero sia dono anche per voi.


...

E un mattino
appena alzati, pieni di sonno,
ignari ancora,
d'improvviso aperta la porta,
meravigliati la calpestammo:
Posava, alta e pulita
in tutta la sua tenera semplicità.
Era
timidamente festosa
era
fittissimamente di sé sicura.
Giacque
in terra
sui tetti
e stupì tutti
con la sua bianchezza.

Evgenij Aleksandrovic Evtusenko

Foto mie

giovedì 2 febbraio 2012

SUCCESSO INSOPPORTABILE

Sto ascoltando canzoni degli anni 70 e 80. 
Mi rifugio in questo spazio creato dalla musica per essere protetto da un’incalzante, insostenibile, soffocante delusione.
Il passato è intatto. Rivisito un castello antico e trovo le cose immutate, come le avevo lasciate. Le mie cose.
Mi ero allontanato per l’insaziato bisogno di novità. Le stesse canzoni che mi avevano adescato con promesse smisurate, ora mi riportano al rifugio. 
Dov’è il loro vero luogo?
Quando scatta il twist mi alzo dalla scrivania. Mi espando nella stanza lasciando che i miei gesti riconquistino spazio e afferrino ritmi dispersi. 
Com’ero bravo nel twist! 
A una festa siamo rimasti a ballare io e Rosy. Gli altri facevano il tifo per noi che sembravamo irraggiungibili.
Lo specchio che pende lungo, vicino alla porta, ora mi cattura e mi fa vedere i segni della dieta che da qualche mese seguo senza fatica e senza ambizioni se non quella di arrivare ad un ordine nei pasti. È come riordinare la libertà. 
Sì, è necessario essere liberi perché gli attentati non finiscono mai.
Basta un pubblico che ti applaude per svegliare nuovi nemici, larve di appiccicosi spettri del nulla. Si agitano per attaccare.
Il tuo successo è insopportabile per chi non ti ama.


Foto mia