mercoledì 28 novembre 2012

L'altra parte del cielo



Sono preso dalle mie preoccupazioni quando incontro
Gelsomina, proprio lei, la donna d’indefinibile età, senza denti,
che mi saluta con gli occhi pieni di gioia e mi dice che oggi ha visto
sulla linea dell’orizzonte un’altalena che si bilanciava tra il mare
e il cielo.
«E ti sei dondolata?», le chiedo, pensando alle mie cose
da risolvere.
Stupita della mia domanda, con l’aria della maestra
che deve rispiegare la stessa cosa ai bambini, risponde:
«Ogni giorno il sole mi porta un dono. Oggi mi ha portato l’altalena
e mi ha aiutata a sedermi su una parte dell’asse.
Dall’altra parte, però, non c’era nessuno,
poi il vento mi ha dato la prima spinta e ho cominciato a vedere oltre l’orizzonte, dove finisce il mare.
C’è un azzurro immenso che è l’altra parte del cielo
e ogni volta che il vento mi spingeva in alto
vedevo sempre di più, ma per un po’ soltanto».
Rimango in ascolto di Gelsomina. Anche lei tace.
È come se rivedesse delle immagini.
Poi, con la sua grazia innocente mi sussurra all’orecchio:
«Ho visto mia nonna, i miei genitori, ho visto tante persone morte.
Ma non sono morti, vivono dall’altra parte del cielo.
Li ho visti che danzavano felici in un girotondo attorno a tutta la terra,
solo che quando entravano da questa parte dell’orizzonte diventavano invisibili e non li vedevo più; 
poi quando il girotondo tornava nell’azzurro, li rivedevo tutti.
Ho gridato alla nonna di farmi giocare. Anch’io volevo danzare il girotondo con loro.Ma lei mi ha detto:
“Bambina mia, per entrare nel girotondo devi prima accendere il sorriso in diecimila volti tristi. 
Appena accumulati tanti sorrisi, potrai entrare nel girotondo”.
Per un po’ sono divenuta triste perché mi sembravano troppi,
ma la rondine mi ha detto che mi avvertirà dove ci sono persone tristi
e io correrò da loro».
Vedendo la gioia di Gelsomina, le sorrido, pieno di gratitudine. E lei, in un sussulto:
«Ecco un sorriso», e se lo annota sulla carta colorata delle caramelle.

martedì 27 novembre 2012

Come stupirsi?




All'aforisma di Einstein "Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere" il commento Francesco è: 
 «… Una volta tutto mi incantava ma dopo alcune delusioni, non c'è più spazio per lo stupore.
Tanino, tu dovresti raccontare come ti stupisci e quali sono le componenti psicologiche necessarie perché ciò avvenga.
Sono un ingegnere e so misurare tutto, ma di stupore non me ne intendo.
Eppure, e questo è già paradossale, visito periodicamente il tuo blog, come in questa uggiosa domenica di fine novembre... forse alla ricerca di qualcosa.»

Difficile dare una risposta perché lo stupore non presuppone attesa, conoscenza, comparazioni. Lo stupore è un sentimento di sorpresa, di meraviglia di fronte ad una novità assoluta che ci investe.
Ci può sorprendere un regalo, un gesto d’affetto, il cambio repentino di una situazione, la soluzione inaspettata di un problema…
Lo stupore è sempre segnale della scoperta che dietro quel dato fatto che ci colpisce, c’è qualcuno.
È il gioco a nascondino. È il “cucù” di un papà al suo bambino, mentre appare e scompare dietro un tavolo. László Mécs, poeta ungherese del secolo scorso, scriveva che “Dietro il caso Dio sorride”.
Il mio stupore è un’involontaria scoperta che c’è un Altro.
È la scoperta che dona senso a quello che faccio perché lo stupore risveglia l’innocenza che mi permette di imparare cos’è la vita.

lunedì 26 novembre 2012

Sullo stupore


Luisa aveva commentato così il post  "sapersi stupire", dove avevo riportato un aforisma di Eistein:  

...

Anche se la definiva "religione cosmica del sapiente" cioè di colui che prende distanza dalla religione nata dalle paure arcaiche, e nel tempo trasformata in religione sociale e morale di cui si sono impossessati spesso i potenti attribuendosene la personificazione e l'autorità, era giunto, proprio perché scienziato, ad una personale terza via alla fede.

Il sapiente, lo studioso del mistero cosmico che ci circonda, era per lui quella creatura in grado di restare senza fiato e parole davanti alla bellezza e alle regole precise della natura.
Così lo esprimeva:

“ Basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere coscienza ed intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza superiore che si manifesta nella natura... come può la religione cosmica comunicarsi da uomo a uomo, se non conduce ad alcuna idea formale di Dio e se lo studioso non comprende che la cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero, anzi, chi non ammette l’insondabile pensiero o manifestazione, non può neanche essere uno scienziato.

Ci sono due modi per vivere la vita: il primo è pensare che niente è un miracolo. Il secondo è pensare che tutto è un miracolo.

E non sono poi i risultati delle ricerche che elevano e arricchiscono moralmente gli uomini, ma è il loro sforzo per capire, che fa scattare una elevazione ed uno stupore religioso cosmico.

Così, elevandosi e nutrendosi di meraviglie, è in questo sforzo di lavoro fecondo e capace che si determina il valore dell’uomo, esaminando in quale misura e in che senso egli giunga nel cammino a liberarsi dall’io per contemplare “oltre”

Ciò di cui sono sicuro, è che Dio esiste!”.


Eistein si mostra sicuro nell’affermare che fede e scienza non sono antagoniste, ma necessarie l’una all’altra. Del resto le grandi menti intellettualmente oneste e prive di superbia lo hanno sempre compreso, basti ricordare il “credo, ut intelligam (credo, per capire) di S.Agostino che già 500 anni prima distingueva nettamente la “fede garantista” di coloro che contano anzitutto sulla garanzia di protezione e di aiuto da parte di Dio nella misura in cui si comportano secondo le regole, e la “fede fiduciosa” che si affida interamente anche oltre il comprensibile e che avvertono ed accettano una Presenza operante che si comunica come una volontà di bene., aggiungendo anche con chiarezza che la fede e la scienza degli uomini sono complementari e necessitano l’una dell’altra, così come spirito mente e corpo coesistono nella creatura umana.


domenica 25 novembre 2012

Sapersi stupire







"Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere"
Albert Einstein (1879–1955)