Al centro del giardino c’era un grande albero abitato
da mille uccelli e altri mille venivano lì per giocare ed esercitarsi a volare.
Un giorno, Mamo, il ramo più forte, invidioso degli uccelli che volavano dove
volevano e stanco di essere solleticato dalle loro zampe, pensò di cambiare
vita.
Chiese a un picchio di fare tanti buchi alla sua base in modo da staccarsi dal tronco e, quando fu a terra, chiese a due aquile di portarlo lontano lontano. Il papà Tronco sentì il dolore del distacco e pianse tanto. La mamma Chioma pensò di non essere più capace di proteggere i suoi rami e si sentì inutile e disperata per aver perduto il ramo più bello. Neppure gli altri rami fratelli riuscirono a trattenerlo.
Mamo, dalla punta di una roccia, osservava il mare e cominciò a sognare: «Come sarebbe bello essere un aquilone! No, meglio essere il remo di una barca per solcare il mare, oppure l’asta di una bandiera, così tutti mi applaudiranno. Oppure una freccia avvelenata per colpire il nemico ed entrare da eroe dei libri di storia, oppure…».
Dopo un po’ sentì le forze mancargli. Una grande voglia di dormire cresceva dentro di lui. E si addormentò profondamente assieme ai grandi sogni. Il sole fece ingiallire le sue foglie e Mamo non si accorse che il vento lo girava di qua e di là fino a buttarlo in mare. Galleggiò sull’acqua, ma aveva poche forze per vedere dove andava. Quando il mare agitato lo scaraventò sulla spiaggia, la botta fu forte, ma lui continuò a dormire.
Un giorno si svegliò al solletico di alcuni bambini che lo coccolavano felici di aver trovato legno da bruciare. Il ramo non voleva fare una brutta fine e pianse, e pianse. I bambini dissero che la loro mamma era malata e non avevano niente per riscaldare il latte. Mamo raccolse tutte le forze e disse di sì.
Sotto il pentolino del latte divenne fuoco e cominciò a scoppiettare di una gioia sconosciuta. Poi, guardando gli occhi della mamma che aveva bevuto il latte, si sentì libero e felice.
Chiese a un picchio di fare tanti buchi alla sua base in modo da staccarsi dal tronco e, quando fu a terra, chiese a due aquile di portarlo lontano lontano. Il papà Tronco sentì il dolore del distacco e pianse tanto. La mamma Chioma pensò di non essere più capace di proteggere i suoi rami e si sentì inutile e disperata per aver perduto il ramo più bello. Neppure gli altri rami fratelli riuscirono a trattenerlo.
Mamo, dalla punta di una roccia, osservava il mare e cominciò a sognare: «Come sarebbe bello essere un aquilone! No, meglio essere il remo di una barca per solcare il mare, oppure l’asta di una bandiera, così tutti mi applaudiranno. Oppure una freccia avvelenata per colpire il nemico ed entrare da eroe dei libri di storia, oppure…».
Dopo un po’ sentì le forze mancargli. Una grande voglia di dormire cresceva dentro di lui. E si addormentò profondamente assieme ai grandi sogni. Il sole fece ingiallire le sue foglie e Mamo non si accorse che il vento lo girava di qua e di là fino a buttarlo in mare. Galleggiò sull’acqua, ma aveva poche forze per vedere dove andava. Quando il mare agitato lo scaraventò sulla spiaggia, la botta fu forte, ma lui continuò a dormire.
Un giorno si svegliò al solletico di alcuni bambini che lo coccolavano felici di aver trovato legno da bruciare. Il ramo non voleva fare una brutta fine e pianse, e pianse. I bambini dissero che la loro mamma era malata e non avevano niente per riscaldare il latte. Mamo raccolse tutte le forze e disse di sì.
Sotto il pentolino del latte divenne fuoco e cominciò a scoppiettare di una gioia sconosciuta. Poi, guardando gli occhi della mamma che aveva bevuto il latte, si sentì libero e felice.
Foto mia
Ho pubblicato questa favola su:
http://www.cittanuova.it/contenuto.php?idContenuto=333364&TipoContenuto=articolo&idSito=1
7 commenti:
Mi è piaciuta tanto questa favola, e l'ho letta ai miei bimbi ... a loro ha fatto tanta tenerezza quel ramo che si è staccato dalla sua mamma ... fino a dare la Vita.
Grazie, m.
grazie, Tanino Minuta, per questa favola. Non sapevo le pubblicassi su una rivista. Sono già raccolte in un libro?
Sono un illustratore e i tuoi soggetti, anche se difficili a illustrare, entusiasmano.
Ti ringrazia anche mia figlia.
G.S.
Grazie Tanino perchè con tanta semplicità, in questo racconto, descrivi un "CONCENTRATO DI VITA". Anche cioè l' importanza di rinnovarci sempre, di essere in grado di trasformarci in qualcosa di sempre nuovo che può generarci all'infinito.
GIOVANNI
Grazie a chi mi ha scritto, anche direttamente. Scrivere una favola non è facile... anzi!
ma certe situazioni sono talmente forti che trovare i simboli è quasi inevitabile.
ciao a tutti, soprattutto ai bambini,
Tanino
bellissimo; come raccontare che la vita continua.............grazie
claudia
Quanti sogni, quante fantasie, quante illusioni di felicità inseguiamo nella vita prima di renderci conto che la vera gioia consiste nell'amare, e che amare vuol dire morire a se stessi per l'altro.
Solo dalla morte viene la resurrezione, cioè la gioia
Grazie Tanino.
Luisa N.
Tanino,che dire? Continui a stupirmi. Sono un vecchio abbonato di Città Nuova. Non dico che l'ho vista mnascere, ma ne ho seguito le sorti. E di salti ho visto che ne ha fatti e continua a farne.
Leggo con attenzione le tue storie perchè vi trovo l'impegno di dire con storie i grandi principi che sostengono il movimento dei focolari. Ora ho scoperto le favole: quanto lavoro c'è dietro... dire in poche parole la saggezza è un'arte non facile. quest'ultima favola che ora trovo nel blog è un piccolo capolavoro. La fine potrebbe sembrare crudele eppure è l'affermazione della libertà. Diventare dono. Nella mia vecchiaia cerco di essere quel ramo che può far felice qualcuno. Ti ringrazio, Tanino. Con tanta stima, Ignazio R.
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