"Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato" (Gv 15,3).
Dopo l’ultima cena con gli apostoli, Gesù esce dal Cenacolo e si incammina verso il Monte degli Ulivi. Con lui ci sono gli Undici: Giuda Iscariota se ne è già andato, e presto lo tradirà.
È un momento drammatico e solenne. Gesù pronuncia un lungo discorso di addio, vuole dire cose importanti ai suoi, consegnare parole da non dimenticare.
I suoi apostoli sono ebrei, che conoscono le Scritture, e ad essi ricorda un’immagine molto familiare: la pianta della vite, che nei testi sacri rappresenta il popolo ebraico, oggetto delle cure di Dio, che ne è l’agricoltore attento ed esperto. Adesso è Gesù stesso[1] che parla di sé, come della vite che trasmette la linfa vitale dell’amore del Padre ai suoi discepoli. Essi dunque devono preoccuparsi soprattutto di restare uniti a lui.
"Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato".
Una strada per restare uniti a Gesù è l’accoglienza della sua Parola. Essa permette a Dio di entrare nel nostro cuore per renderlo “puro”, cioè ripulito dall’egoismo, adatto a portare frutti abbondanti e di qualità.
Il Padre ci ama e sa meglio di noi cosa ci rende leggeri, liberi di camminare senza il peso inutile dei nostri attaccamenti, dei giudizi negativi, della ricerca affannosa del nostro tornaconto, dell’illusione di tenere tutto e tutti sotto controllo. Nel nostro cuore ci sono anche aspirazioni e progetti positivi, che però potrebbero prendere il posto di Dio stesso e farci perdere lo slancio generoso della vita evangelica. Per questo Egli interviene nella nostra vita attraverso le circostanze, permettendo anche esperienze dolorose, dietro le quali c’è sempre il suo sguardo di amore.
E il frutto saporito che il Vangelo promette a chi si lascia sfrondare dall’amore di Dio è la pienezza della gioia[2] . Una gioia speciale che fiorisce anche in mezzo alle lacrime e trabocca
dal cuore, inondando il terreno circostante. È un piccolo anticipo di resurrezione.
"Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato".
La Parola vissuta ci fa uscire da noi stessi per incontrare con amore i fratelli, cominciando da quelli più vicini: nelle nostre città, in famiglia, in ogni ambiente di vita. È un’amicizia che si fa rete di rapporti positivi, puntando alla realizzazione del comandamento dell’amore reciproco, che costruisce la fraternità.
Chiara Lubich, meditando questa frase del Vangelo di Giovanni, ha scritto: «Come vivere, allora, onde meritare anche noi l'elogio di Gesù? Mettendo in pratica ogni Parola di Dio, nutrendocene attimo per attimo, facendo della nostra esistenza un'opera di continua rievangelizzazione. Questo per arrivare ad avere gli stessi pensieri e sentimenti di Gesù, per riviverlo nel mondo, per mostrare ad una società, spesso invischiata nel male e nel peccato, la divina purezza, la trasparenza che dona il Vangelo.
Durante questo mese, poi, se è possibile (e cioè se anche altri condividono le nostre intenzioni), vediamo di mettere in pratica in modo particolare quella parola che esprime il comandamento dell'amore reciproco. Per l'evangelista Giovanni, [...] infatti, c'è un legame tra la Parola di Cristo e il comandamento nuovo. Secondo lui, è nell'amore reciproco che si vive la parola con i suoi effetti di purificazione, di santità, di impeccabilità, di frutto, di vicinanza con Dio. L'individuo isolato è incapace di resistere a lungo alle sollecitazioni del mondo, mentre nell'amore vicendevole trova l'ambiente sano, capace di proteggere la sua esistenza cristiana autentica»[3] .
Letizia Magri
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