martedì 4 aprile 2017

Quando finisce la notte



Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno."Forse da quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?"."No", disse il rabbino."Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi?"."No", ripeté il rabbino."Ma quand'è, allora?", domandarono gli allievi. Il rabbino rispose: "E’ quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella. Fino a quel punto è ancora notte nel tuo cuore".


Bruno Ferrero, Il Canto del Grillo, Elledici, pag.18

lunedì 3 aprile 2017

A che serve parlare di Dio?



«A che serve parlare di Dio? Se io ti spiego l’amore tu t’innamori? Quando ti innamori di una ragazza, forse prima te la spiegano?»
«No, prima la vedo e poi voglio conoscerla.»
«Bravo. Si vede che sei mio alunno. Dio bisogna darlo, poi dirlo. Dio o lo tocchi o non c’è teorema che te lo possa far piacere.»
(grassetto mio)

Alessandro D'Avenia

da Ciò che inferno non è (il libro che parla di don Pino Puglisi)

domenica 2 aprile 2017

O giorni miei

O GIORNI MIEI…

Solo a sera m'è dato
assistere alla deposizione
della luce, quando
la vita, ormai
senza rimedio, è perduta.

Mio convoglio funebre
di ogni notte: emigrazione
di sensi, accorgimenti
delle ore tradite, intanto
che lo spirito è rapito
sotto l'acutissimo arco
dell'esistenza: l'accompagna
una musica di indicibile
silenzio.

Invece dovere
ogni mattina risorgere
sognare sempre
impossibili itinerari. 

          David Maria Turoldo

Foto di Gennaro Musella

sabato 1 aprile 2017

Parola di Vita - aprile 2017

“Resta con noi, perché si fa sera” (Lc 24,29)
E’ l’invito rivolto allo sconosciuto, incontrato lungo la via da Gerusalemme al villaggio di Emmaus, dai due compagni di viaggio che “conversavano e discutevano” tra loro di quanto accaduto nei giorni precedenti in città.
Egli sembrava essere l’unico a non saperne nulla e per questo i due, accogliendo la sua compagnia, gli raccontano di “un profeta potente in parole ed opere davanti a Dio e agli uomini”, nel quale avevano riposto la loro fiducia. Era stato consegnato dai capi dei loro sacerdoti e dalle autorità giudaiche ai Romani, poi condannato a morte e crocifisso1 . Una immane tragedia, di cui non riuscivano a comprendere il senso.
Lungo il cammino, lo sconosciuto, partendo dalla Scrittura, aiuta i due a cogliere il significato di quegli avvenimenti e riaccende nel loro cuore la speranza. Giunti ad Emmaus, lo trattengono a cena: “Resta con noi, perché si fa sera”; mentre sono a mensa insieme, lo sconosciuto benedice il pane e lo condivide con loro. Un gesto che permette di riconoscerlo: il Crocifisso era morto ed ora è risorto! E subito i due cambiano programma: tornano a Gerusalemme a cercare gli altri discepoli e dare loro la grande notizia.
Anche noi possiamo essere delusi, indignati, scoraggiati per un tragico senso di impotenza di fronte a ingiustizie che colpiscono persone innocenti e inermi. Anche nella nostra vita non mancano il dolore, l’incertezza, l’oscurità…E quanto vorremmo trasformarli in pace, speranza, luce, per noi e per gli altri.
Vogliamo incontrare Qualcuno che ci capisca fino in fondo e ci illumini il cammino della vita?
Gesù, l’Uomo-Dio, per essere sicuro di raggiungere ognuno di noi nel profondo della propria situazione, ha accettato liberamente di sperimentare come noi il tunnel del dolore. Il dolore fisico, ma anche quello interiore: dal tradimento da parte dei suoi amici fino alla sensazione di essere abbandonato2 da quel Dio che aveva sempre chiamato Padre. Per la sua fiducia incrollabile nell’amore di Dio, ha superato quell’immenso dolore riaffidandosi a Lui3 e da Lui ha ricevuto nuova vita.
Su questo stesso cammino ha portato anche noi uomini e vuole accompagnarci: “… Egli è presente in tutto ciò che ha sapore di dolore… Proviamo a riconoscere
Gesù in tutte le angustie, le strettoie della vita, in tutte le oscurità, le tragedie personali e altrui, le sofferenze dell’umanità che ci circonda. Sono lui, perché egli le ha fatte sue … basterà fare qualcosa di concreto per alleviare le “sue” sofferenze nei poveri … per trovare una nuova pienezza di vita”.4
Racconta una bambina di sette anni: “Ho sofferto tanto quando il mio papà è stato messo in prigione. Ho amato Gesù in lui. Così non ho pianto davanti a lui quando siamo andati a fargli visita”.
Così una giovane sposa: “Ho accompagnato mio marito Roberto negli ultimi mesi della sua vita, dopo una diagnosi senza speranza. Non mi sono allontanata da lui un attimo. Vedevo lui e vedevo Gesù… Roberto era in croce, davvero in croce.” Il loro amore reciproco è diventato luce per i loro amici, coinvolti in una gara di solidarietà che non si è più interrotta, ma si è estesa a tanti altri, dando vita all’associazione di promozione sociale “Abbraccio Planetario”. “L’esperienza vissuta con Roberto – dice un suo amico – ci ha trascinati a seguirlo in un vero e proprio cammino verso Dio. Spesso ci domandiamo quale significato abbiano la sofferenza, la malattia, la morte. Credo che tutti coloro che hanno avuto il regalo di percorrere questo pezzo di strada al fianco di Roberto abbiano ora ben chiara quale sia la risposta”.
In questo mese tutti i cristiani celebreranno il mistero della morte e risurrezione di Gesù. E’ un’occasione per riaccendere la nostra fede nell’amore di Dio che ci permette di trasformare il dolore in amore; ogni distacco, separazione, fallimento, e la stessa morte, possono diventare anche per noi sorgente di luce e pace. Sicuri della vicinanza di Dio a ciascuno di noi, in qualsiasi situazione, ripetiamo con fiducia la preghiera dei discepoli di Emmaus: “Resta con noi, perché si fa sera”.
Letizia Magri

1 Cf. Lc 24,19ss.
2 Cf. Mt 27,46; Mc 15,34.
3 Cf. Lc 23,46.

4 Cf. Chiara Lubich, Parola di vita/aprile – La porta, CN, 43, [1999], 6, p. 47.