martedì 27 settembre 2011

Chi mi rende capace di dare ciò che non ho?


Domande varie sono state provocate dal precedente post in cui riportavo una poesia di Manzoni che culmina in "Ecco, quello che non ho te lo dono". Questo è il tuo paradosso.
Sì, è un paradosso.
Com’è possibile?
Soltanto facendone esperienza si può capire. Mi scrive Giovanna che “funziona!”.
Si tratta di attingere all’altra fonte, non alla fonte della mia conoscenza e della mia razionalità, alla fonte solita…,  ma alla fonte alimentata da un’acqua sotterranea: da Dio in me.
Soltanto Dio, che è amore, mi rende capace di creare quello che non ho. Mi insegna quell’amore che sa trarre dal nulla ciò di cui l’altro ha bisogno. Non di più e non di meno.   

Foto mia: Bratislava, Ponte Nuovo

venerdì 23 settembre 2011

REGALA CIO' CHE NON HAI



Occupati dei guai, dei problemi
del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.

Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorriso
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho te lo dono".
Questo è il tuo paradosso.

Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua nella misura
in cui l'avrai regalata agli altri.

                          Alessandro Manzoni

Foto mia, Giallonardo (Siculiana, AG)  

mercoledì 21 settembre 2011

DIO E' ATTUALE

Oggi un'idea, come un fulmine, mi ha aiutato a vedere meglio le cose che vedo: 
Dio è attuale
Non è l'immagine che mi son costruita ieri, non è l'esperienza vissuta, non è il mio progetto e i miei sogni. 
Dio è l'oggi. L'unico mio "oggi"
Incontralo ora, senza passato e senza futuro.
Ascoltalo adesso! 
Tutto diventa semplice.

Abbazia di S.Urbano, Apiro (MC), foto di Maurizio Mosconi

sabato 17 settembre 2011

Come raggiungermi


Cari amici,
la parte più entusiasmante del blog sono i vostri commenti che mi arrivano in vari modi e che costituiscono delle preziose e illuminanti piste da percorrere.
Per questo vi ringrazio e spero di rispondere sempre alle vostre attese.


Grazie e auguri per ciò che ciascuno ha a cuore,
Tanino

Foto mia

venerdì 16 settembre 2011

RISORGEREMO?

Per dire qualcosa in più sulla "certezza", allego un brano di una conversazione di 
Chiara Lubich, fatta alla Radio Vaticana, il 2 marzo 1977, sul tema "l'Eucaristia",
riportato in versione audio dal  





(… )
Ma cos'è la risurrezione? Lo ha detto Gesù: "Io sono la risurrezione" (Gv 11,25).
E' lui che inizia in noi la sua vita immortale, quella che non ha sospensione con la morte. Anche se il corpo è corruttibile, la vita, Cristo, rimane e nell'anima e nel corpo come principio di immortalità.

Grande mistero questo della risurrezione per chi ragiona col metro umano.
Ma c'è un modo di vivere in cui il mistero diventa meno incomprensibile.
Se si attua con tutto l'impegno possibile il comandamento nuovo di Gesù, si fa l'esperienza che l'amore reciproco porta ad un'unità fraterna fra gli uomini che supera lo stesso amore umano, naturale.
Ora questo risultato, questa conquista, è effetto dell'attuare il comandamento di Gesù.
Egli sapeva infatti che col corrispondere nostro ai suoi immensi doni saremmo stati non più servi o amici suoi, ma fratelli suoi e fratelli fra noi, perché nutriti della stessa sua vita, cioè resi "consanguinei e concorporei con lui", come dice san Cirillo di Gerusalemme.

Ora, costruita questa famiglia del Regno dei Cieli, come si può pensare ad una morte
che stronchi l'opera di un Dio con tutte le conseguenze dolorose che questo comporta?
No: Dio non poteva metterci di fronte ad un'assurda separazione, egli doveva darci una risposta e ce l'ha data rivelandoci la verità della risurrezione della carne. Essa risulta così una conseguenza logica del vivere cristiano; essa è portatrice della gioia immensa di sapere che ci ritroveremo un giorno tutti con quel Gesù che ci ha uniti in tale modo.  (…)

                                                                        Chiara Lubich


 foto mia

mercoledì 14 settembre 2011

La morte è compimento?


Caro Tanino,
so cosa significhi perdere la madre. Ho perso tanto tempo fa i miei genitori e un taglio netto è stato dato alle mie radici. (...)
Eppure una domanda gira sempre nella mia mente: “La morte è compimento della vita? Anche nel caso di giovane età?”.
Gino M.

Gino, grazie!
La morte di una persona cara è sempre un trauma: cambia il legame con le cose, con il tempo. Come dici tu, trattandosi di genitori, è uno spacco alle radici.
Ma, non so come spiegarlo, accanto alla dissoluzione della fine ho sperimentato, e sperimento, che mette radice, proporzionatamente alla ferita, una certezza. Non è speranza, è certezza di vita.
So che è incomprensibile, forse inaccettabile, ma lo vivo così.
La morte dà certezza alla vita, le dà garanzia.
In questa ottica, penso che ogni vita si compia perché arriva il momento della sua trasformazione.  Non so dirti di più.
 
Foto mia

mercoledì 7 settembre 2011

Sicilia mia

Rita mi ha mandato questa foto della Sicilia chiedendomi di darle un ...titolo. Eccolo!




Luogo di mistero e mistero diventato spazio.

È la mia terra. È la terra dei miei morti.

Sicilia è mare, severo custode di una bellezza senza paragoni.

Mi sono reso conto che in Sicilia orologi  e quotidiani non si vendono:

gli odori dicono a che punto è il sole,

l’amore spiega dove e come scorre la vita.

Il silenzio della sera ti confida che l’eternità non è distante.

Foto di Rita Viozzi Mattei

domenica 4 settembre 2011

QUANDO HO COMINCIATO AD AMARMI

Maurizio mi ha segnalato questa riflessione di Charlie Chaplin tratta dal discorso celebrativo per il suo 70° compleanno

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito com'è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama "rispetto".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di desiderare un'altra vita e mi sono accorto
che tutto ciò che mi circonda é un invito a crescere.
Oggi so che questo si chiama "maturità".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto
e che tutto quello che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questo si chiama "stare in pace con se stessi".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di privarmi del mio tempo libero
e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento,
ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi.
Oggi so che questo si chiama "sincerità".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene:
persone, cose, situazioni
e tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso;
all'inizio lo chiamavo "sano egoismo",
ma oggi so che questo è "amore di sé".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questo si chiama "semplicità".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di più nel momento presente, in cui tutto ha un luogo.
E' la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo "perfezione".

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il mio pensiero può rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore,
l'intelletto è diventato un compagno importante.
Oggi a questa unione do il nome di "saggezza interiore".

Non dobbiamo continuare a temere i contrasti,
i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro
dando origine a nuovi mondi.

Oggi so che tutto questo è la vita.

Foto mia 

venerdì 2 settembre 2011

MILLE STORIE IMPORTANTI



In una sala di attesa attendo di imbarcarmi sull’aereo. Tanta gente torna dalle vacanze, aria di festa.
Viaggiano anche persone aiutate da altri su sedie a rotelle e proprio loro mi fanno pensare che ogni vita è una storia.
Tra le carte a portata di mano leggo un commento alla parabola del figlio prodigo, inno alla misericordia di Dio-Padre.
L’idea di un tale padre che guarda al figlio e non al suo comportamento mi aiuta a vedere ogni persona che si muove nel mio orizzonte come una storia sacra, una storia amata, un’esistenza importante.
La sala di voci e colori, di vetrine e valigie, di fretta e cellulari si trasforma in uno scrigno di tesori e mi dà gioia essere, con la mia storia, accanto alle mille storie sconosciute, ma importanti, perché amate dall’invisibile padre che guarda l’orizzonte per vederci apparire. “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,32).

foto mie