martedì 23 settembre 2014

Ogni giorno un puzzle

La giornata è nuvolosa e pesano anche i miei pensieri.  La notte mi sono svegliato senza poter riprendere sonno. Certe notizie della TV hanno provocato tante domande. “Perché un padre arriva a uccidere le proprie creature e la moglie? Perché tanto crudele fanatismo? Perché nessuno rimane indenne dal potere dei soldi?”.
Esco con il mio abituale zaino. Per strada una macchina rallenta, si abbassa il finestrino. Penso alla solita richiesta della via per l’ospedale invece una signora mi grida che il mio zaino è aperto. La ringrazio interdetto. Stavo annaspando tra oscure nubi. Quel gesto è un raggio di sole. 
Ecco venirmi incontro Romano, conosciuto su questa strada principale del paesino dove vivo. I suoi problemi sono immancabilmente nuovi e ha sempre bisogno di un euro per comprare le sigarette. Oggi la sua preoccupazione sono i giovani senza ideali e il loro crescente interesse per i riti satanici. Lui ha un figlio adolescente con il quale da anni non ha nessuna comunicazione e teme che sia entrato in qualche strano giro forse tra quelli che di notte imbrattano i muri. Lo ascolto mentre bevo il caffè che ha voluto offrirmi. 
Poi serio mi racconta: “Ho ascoltato il tuo consiglio per come riuscire a sopportare mia moglie che parla per ore al telefono. Ieri sera invece di far rumore e disturbarla le ho portato una sedia perché si sedesse comodamente. Mi ha guardato con due occhi grandi. E io ero felice”. 
E felice sono anch’io di sentire Romano che, asciugandosi il sudore, mi chiede quando andiamo al mare. Mi dirigo verso l’ufficio postale e, per un pezzo, lui mi accompagna, poi, stringendomi forte la mano: “Grazie, buona giornata!”
Lunga fila all’ufficio postale. In genere non è così. Scadenza della tassa IMU. Che cosa fare? Ho un numero abbastanza basso perché il mio sportello non è quello delle tasse ma dei pacchi. Caldo, aria viziata, impiegati nervosi, una in particolare continua a gridare “silenzio, mi scoppia la testa!”. Guardo l’orologio per vedere se ho tempo sufficiente per il trenino che va a Roma. A voce bassa un signore mi domanda l’ora, aggiungendo “sto male”. Gli chiedo se posso fare qualcosa e mi racconta che è stanco di stare in piedi. Un anno fa ha superato un’ischemia cerebrale ma non può più fare il suo lavoro di meccanico. Aveva perso anche l’uso della parola ma lentamente l’ha riacquistato. Per esercitarsi a parlare si metteva davanti a uno specchio e parlava, parlava. “Vado a fare delle passeggiate e parlo agli alberi, ai funghi se li trovo… Certo mi piacerebbe parlare con qualcuno. A casa c’è solo mio padre, vecchio. Mia moglie mi ha lasciato per un altro più ricco di me. Ora sono ancora in piedi e ringrazio Dio ogni mattina quando apro gli occhi”.
Guardo gli occhi buoni di quell’omone dall’aria leggermente distratta, con lo scontrino del turno che continuamente gli cade dalle mani. Mi sembra un bambino troppo cresciuto. Anche il modo di parlare, lento, con le parole da indovinare mi fa pensare a uno studente durante un’interrogazione che cerca nella mente le parole da dire. Gli chiedo il numero di telefono così “qualche volta possiamo fare una passeggiata insieme e invece di dialogare con gli alberi parli con me”. Luciano ne è felice. 
Quando arriva il mio turno, faccio presente all’impiegato la situazione di quell’uomo. Lui con semplicità si alza, si rivolge a tutti i clienti e chiede il permesso di far passare avanti una persona che non può aspettare in piedi. Luciano mi guarda sorpreso e, mentre esco, continua a guardarmi con un sorriso stupito da bambino. 
Fuori un improvviso acquazzone di quasi estate mi costringe a cercare un riparo. In attesa che cessi di piovere guardo il cellulare e vedo che mi ha cercato Giovanni. È vedovo da alcuni mesi e non si rassegna alla solitudine. La moglie, pur anziana, lavorava di cucito, e la sua casa era sempre frequentata. Ora lui è caduto in una forte crisi. Mi ripete, con un tono sempre uguale: “La solitudine è la mia malattia. La vera miseria è la mancanza di orizzonti”.
Arrivo in tempo alla stazione ferroviaria. Felice di non aver perso quel treno di tarda mattina, più “tranquillo” di quelli delle ore di punta con il carico di pendolari e studenti. Seduto vicino al finestrino guardo i vigneti dei Castelli Romani, lucidati dall’acquazzone. Intanto il controllore con calma sta scrivendo una multa a una donna, vistosamente truccata e ben vestita, di una certa età, che non ha convalidato il biglietto: “Lo faccio per lei, signora. Se succede un incidente, l’assicurazione non le paga niente se la trova senza biglietto!”. La donna continua a enumerare colpevoli intercalando: “Lo dirò a mio figlio, non la passerà liscia…”. Il controllore non si scompone, lascia sul sedile il foglio della multa, giacché la signora non lo vuole accettare, e prosegue il controllo borbottando: “Mai uno che chieda scusa. La colpa è soltanto del controllore!”. 
Mentre la signora impreca come un carrettiere, un anziano sacerdote seduto all’altro sedile, con il breviario tra le mani dice qualcosa che non riesco a capire. Una signora di fronte a lui chiede spiegazioni.
“Quello che manca è la riflessione. Il negativo che disorienta l’umanità possiamo vincerlo con la preghiera perché è “la più potente forma di energia” come la definiva Alexis Carrel.

Prima di scendere alla stazione Termini, ho ancora tempo per rendermi conto che ogni giornata è come un mosaico e devo saper indovinare il posto dove incastonare volti e colori.  

Pubblicato nella rivista Città Nuova, n. 17- 2014   
Vetro di Marek Trizuljak

1 commento:

gabriele ha detto...

Avevo letto il tuo articolo su Città Nuova e l'ho riletto volentieri; hai proprio ragione, ogni giornata è come costruire un nuovo grande puzzle e bisogna saper incastonare al proprio posto volti, colori, gioie, dolori, profumi, emozioni ... che messi insieme formano quell'immagine speciale della giornata che a guardarla ti fa solo dire: GRAZIE.
Grazie Tanino e buona settimana.
gabriele.