mercoledì 25 novembre 2009

Il dormiveglia del condannato




Tutte le volte che torno ad Agrigento, la città dove riposano i miei morti, mi stupisco nel vedere sui volti dei conoscenti le devastazioni compiute dal tempo. Sfregi di vario grado che la giacca alla moda o la tintura dei capelli non corregge.
Vedo anche bellezze non conosciute che si affacciano fresche sulla scena e rivedo in loro il mio carico entusiasmo, le mie stesse ingenue legittime speranze di un tempo.
Mi girano nella testa alcune canzoni che ho ricevuto per Natale da Maurizio, un vecchio amico. Ha raccolto in un CD le mie canzoni preferite, quelle ardite dei cantautori coraggiosi degli anni Sessanta e Settanta che cantavamo insieme accompagnandoci con la chitarra, quelle canzoni dove la parola è incoraggiata dal suono e diventa poesia che fa breccia nel mondo dei sogni. Sogni lontani, mai raggiunti in tutta la loro estensione. Scadenza oltrepassata oppure da attendere ancora?
La musica ha il potere di trattenere il tempo, dicevo a Maurizio quando l’ho ringraziato del dono. E lui “più che trattenere il tempo, la musica ha il potere di far riemergere il vissuto”. Ma dove riposa il vissuto?
La canzone che canticchiavo mi riportò alla passeggiata domenicale dei miei sedici anni, onde che vanno e che vengono, cavalloni alti sulla punta del cuore e vestiti nuovi o stirati bene. Una scena che si ripeteva dentro il budello della Via Atenea o lungo il palco del Viale della Vittoria.
Oggi il viale, con una comoda strada in discesa, mi sta portando fino al cimitero dove molti sguardi che un tempo scintillavano ora sono fissati per sempre su lapidi più o meno lucidate e il mio andare in mezzo a lapidi antiche e nuove è popolato da un silenzio acuto, insostenibile. Una lacrima che secca prima di cadere.
Le domande, forse per una loro forza scaramantica, non arrivano a traboccare dal cuore carico di smarrimento. Temono di non atterrare su nessuna risposta. Passeggio col mantello del silenzio che senza pesare mi cade addosso perfettamente. Il mantello portato da mio padre, da mio nonno… Ho raggiunto la statura del loro tempo che una volta mi sembrava irraggiungibile.
Mi distrae un profumo troppo forte per quel luogo, un maquillage dissonante col grigio dei marmi, più finto ancora dei fiori di plastica che non vogliono marcire. Non mi distrae un grido disperato mescolato a fiori freschi e non è dissonante la povertà di un vestito fuori moda o sbiadito dall’uso. Questo è un luogo sicuro, pregno di verità e giustizia.
Incontro un amico. Non mi riconosce. Da come guarda vedo che il suo orizzonte si è spostato oltre il reale. Parlo con la moglie e lui mi scruta come un bambino osserva un nuovo giocattolo. Poi in quegli occhi mi rivedo e mi ritrovo. Non dico nulla, se il pensiero dovesse rivelarsi mi metterei a gridare e piangere. Lui, cercando nei miei occhi purificati dal dolore, mi rivela un segreto:
“Siamo dei condannati a morte, siamo stati sempre condannati a morte. Non lo sapevamo, la forza dei sogni ci offuscava la vista e non sapevamo leggere il foglio di condanna. La vita è un dormiveglia sterile. È ora di svegliarsi!”
Dissi qualcosa come domanda. Lui molto serio, guardando oltre la spalla disegnata dal mio mantello, aggiunse: “se non siamo capaci di svegliarci, cerchiamo di dormire”.
Distolto lo sguardo dalle mie mani che volevano afferrare le sue, aveva già dimenticato che ero davanti a lui. La moglie prese subito la direzione del passo del marito. Non avevano altro tempo, non erano interessati a sapere nulla della mia vita. Avrei avuto da raccontare. Ma cosa raccontare a chi si è sciolto da ogni legame?
Li vidi allontanarsi sulla striscia del vialetto incorniciata dal verde scuro dei cipressi. Quegli alberi austeri come monumenti puntavano in alto e presero con loro il mio sguardo verso un cielo che insolitamente prometteva pioggia.



Pubblicato in Città Nuova, 9/2007
Agrigento, Tempio di Giunone, foto di Giacomo Scozzari

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quasi, quasi farei un blog come il tuo.
Con i miei errori:
demotivato
dirottato
demoralizzato.

"In ...visibile" è leggibile da persone cocciute.Ed è come se i punti, che vanno ricuciti da persone che vogliono rimanere nel vissuto ...e su di un resto che vogliono loro raccontare.

Vivo una situazione molto ampia, cosa ne uscirà fuori da questo dormiveglia?