“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).
Difficile strada di montagna. Guido la macchina di un amico anziano. Lui conosce queste stradine e lo vedo da come, con la mano, fa segni di rallentare, accelerare, procedere con prudenza. Con la coda dell’occhio seguo quei gesti, talvolta appena accennati. Metto tutto il mio impegno per riuscire a essere in perfetta sintoni a per guidare esattamente come l’amico condurrebbe la vettura. Lo immagino come un direttore d’orchestra e provo un’immensa felicità quando riesco a eseguire perfettamente il pezzo.
La sera mi telefona Massimiliano, un frate di un antico convento. Da qualche tempo il rapporto con il suo superiore si è fatto difficile e mi dice che non ha più forze per sopportarlo e quindi ha deciso di lasciare la strada intrapresa.
Gli racconto del direttore d’orchestra e mi accorgo che il suo silenzio si è fatto denso. Poi mi dice: “Forse il mio errore è stato di avere atteso qualcosa da parte del superiore ma lui non può suonare il mio strumento, non può sostituirsi a me. Lui può soltanto aiutarmi a essere in armonia con gli altri! Devo riappropriarmi del mio strumento, cioè della mia responsabilità e mostrare il mio talento nell’armonia dell’insieme”. Massimiliano piange.
Finita la telefonata, mi rendo conto che un’idea nata da un gesto d’amore ha liberato un raggio di luce che qualcuno, da qualche parte, attendeva.
Città Nuova, L'arte del direttore d'orchestra, 7/2009
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