venerdì 22 gennaio 2010

Concerto di gala

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Ero in montagna e Alessandro mi aveva chiesto di accompagnarlo per un incontro con un collega che partecipava ad un congresso promosso da una casa farmaceutica. 


I congressisti stavano uscendo dalla sala. Alessandro trova il collega. Intanto io sbircio per ammirare l’elegante sala dell’albergo d’alta montagna e vedo, seduta ancora al tavolo dei conferenzieri, un’attrice famosa. Era proprio lei senza paparazzi e assedio di fans. Mi avvicino e la saluto. Lei, abituata a essere conosciuta, risponde con un signorile sorriso aggiungendo un inatteso “come va?”. Mi presento. Le dico che lavoro faccio, su quali binari corre la mia vita e la ringrazio per una risposta data ad un’intervista. Lei con elegante compostezza finisce di raccogliere le sue poche carte, le sistema in una grossa borsa, prende anche il bouquet che stava davanti a lei e finalmente riesce ad ammirarlo. Forse proprio per l’avanzata età, la sua bellezza emana nobiltà, serenità, felicità. Semplice com’è mi porge un braccio perché l’aiuti ad alzarsi. Porta un tailleur color verde chiaro, con dei disegni raffinati. Le maniche finiscono con dei bordi riccamente elaborati. Al mignolo della mano sinistra, quella che mi porge, ha un vistoso solitario. Ma non è questo che dà valore alla sua grazia.
Pensando che io sia uno del congresso: “sì, come ho detto, la bellezza non è un fatto estetico, ma uno stato interiore. Certo, posso parlare così perché ho vissuto le altre stagioni della vita, eppure, ne sono convinta, quello che mi ha tenuto a galla, è stata la vita con la mia famiglia che non mi ha permesso di uscire fuori dalla realtà. Ciò mi ha aiutata a dare al lavoro il posto giusto ed ha impedito che la macchina del successo mi sbranasse, come fa purtroppo con molti. Aggiungerei, con il rischio di non essere capita, che anche le sofferenze sono una cura di bellezza. Tante volte, quando guardavo le rughe della mia amata mamma, che nella vita si è consumata per noi figli, ho visto una bellezza che non si può imitare. Ho contemplato la bellezza della vita. Una volta mio padre ha fotografato mia figlia mentre correva per abbracciarmi. Una dolcezza indescrivibile. Come fai a riprodurre in scena una tale emozione? 
Sono convinta che in questo martoriato mondo che tocca una delle fasi acute di crisi, la bellezza salverà il mondo, come diceva il principe Miškin. Ma ora c’è bisogno di una bellezza integra: la bellezza che nasce dal dolore. Dopo l’11 settembre viviamo senza terra sotto i piedi. Certo non è quella l’unica insicurezza che ci terrorizza. La gente non ha più speranza”.
Le chiedo se conosce l’enciclica di Benedetto XVI sulla speranza. Mi dice di no e mi chiede se posso dirle qualcosa.
Proprio quei giorni stavo preparando una breve presentazione dell’enciclica “Spe salvi” e avevo con me in tasca la copia dove annotavo qualche commento. Leggo dall’enciclica: «… il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta  e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino».
“Sì ‑ aggiunge lei ‑, il guaio è che nessun punto di riferimento appare sicuro”. Allora le cito quanto il Papa dice sul Vangelo che «non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti, che cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro è stata spalancata».
Dopo aver fatto il brindisi assieme agli altri, la signora mi chiede di seguirla, come se volesse dirmi ancora qualcosa. Nella hall dell’albergo ci sono poltrone libere. Ci sediamo lontani dal rumore.
“Vede, una persona che ha un mestiere che la mette davanti al grande pubblico, rischia molto. Ho visto persone sane, diventare strane. Quante vittime “del pubblico”! E quanti scivolano nell’alcool, nella droga! È la macchina del successo che ti stritola. Ci vuole grande equilibrio e un corpo sociale, come una famiglia, un giro di amici, che ti aiutano. Altrimenti non ce la fai. Il successo è uno stampo che ti modella, come una foto con la quale devi sempre combaciare. La fedeltà all’immagine che altri decidono per te, ti fa impazzire. È schizofrenia. Ricorda i tempi dei telefoni bianchi? Le attrici americane erano tutte uguali. Allora era cosmesi, oggi è chirurgia. Labbra, occhi, forme del corpo. È l’industria della bellezza!  Per essere veramente belli ci vuole più attenzione agli altri e sei attento soltanto se sei sveglio”.  
Intanto era arrivato il marito a cui mi presenta ripetendo quello che le avevo detto di me. Anche Alessandro mi sta cercando e si stupisce non poco quando vede con quanta cordialità mi sto accomiatando dalla signora.
Scendendo nella valle dove alberghiamo racconto ad Alessandro della chiacchierata e ciò conferma in lui la stima che già nutre per lei. Posteggiamo la macchina davanti ad un parco.
Ci distrae una specie di tintinnio di bicchieri che brindano. Non l’avevo mai sentito un concerto così e neppure visto. Alla luce di alcuni lampioni, gli alberi scintillano. I rami, rivestiti di ghiaccio, al minimo spostamento d’aria, si muovono dolcissimamente accompagnati dal crepitio ininterrotto di cristalli che si spezzano, si sfiorano, cadono a terra mentre aumenta la sensazione di un sortilegio che cancella ogni paura.
 Quella bellezza gratuita, riempie il buio della notte di certezza. Il concerto di cristallo mi aiuta a pregare. Sento che non è lontano Colui che è la speranza del mondo.


foto di Attila Adam

1 commento:

Paolo ha detto...

Una lezione sulla bellezza.
La bellezza delle rughe, del bimbo che corre nelle braccia della mamma, della natura che celebra con voi.
Mi tocca l'attenzione; di una donna famosa verso uno sconosciuto e tua verso lei, che arrivi non come fan ma come una persona con il fardello leggero della sua vita da offrire.
E' un'attenzione quotidiana che parla a chi si pone domande difficili: Perché non ci eravamo mai accorti prima dei poveracci ad Haiti?
Paolo G.