Ho vissuto un Natale da dimenticato. Penso che la cosa peggiore che si possa sperimentare è quella di "non esistere" per nessuno. E' una morte sociale. Poi mi sono ricordato che nel palazzo dove abito c'erano altri "soli" e sono andato a trovare una coppia di anziani. Erano così felici e grati anche perchè avevano bisogno di un aiuto per tante cose, perchè malati. Nel loro sorriso ho visto Dio: Natale mi ha raggiunto.
"Se rinascessi farei tante cose. Se non avessi fondato l’Opera di Maria (Movimento dei Focolari), ne fonderei una che serve i Natali degli uomini sulla terra. Stamperei le più belle cartoline del mondo. Sfornerei statue e statuette coll’arte più pregiata. Inciderei poesie, canzoni passate e presenti, illustrerei libri per piccoli e adulti su questo “mistero d’amore”, stenderei canovacci per rappresentazioni e film. Non so quel che farei…"
Roberto mi ha suggerito di iniziare una rete... di sorrisi. OGGI SORRIDO A CHI NON SORRIDEREI MAI.
Sì, Roberto, il sorriso che "costa qualcosa" è un gesto che fa bene innazitutto a chi lo fa.
"Sorriso che non dai, gioia che non hai!"
Grazie del suggerimento!
Un commento posto recentemente è stato un dono e lo riporto, mentre ringrazio l'anonima che mi scrive.
Chi può negare che nella propria vita non abbia mai incontrato un "punto luce"? Ci sono delle persone, e non importa la loro appartenenza ad una religione o meno, che anche nel buio più fitto della storia umana irradiano una luce particolare di cui loro stesse spesso non sono coscienti, specie se umili e modeste, eppure sono il "sale della terra" e aprono la via ai nostri passi.
Un ricordo ed un omaggio che in questo momento avverto come doveroso:
in una casa amica di famiglia, già dall'infanzia, ricordo una zia nubile e povera accolta più come domestica-cuoca-bambinaia-sarta tutto fare che come sorella, cognata e zia. Mi colpiva sempre perchè assolutamente silenziosa, serviva e tornava a scomparire in ogni occasione, eppure quasi sempre la famiglia ne parlava con fastidio, ironia e critiche.
Così, fino a tarda età, ha servito in silenzio, allevato i nipoti e i pronipoti,servendo anche spesso nelle loro case, confezionato abiti e organizzato migliaia di feste in cui appariva frettolosa in silenzio per servire e scomparire in cucina o nella sua stanzetta di domestica.Ha anche accompagnato alla fine della vita molte persone della famiglia compresa la suocera del fratello morta a cento anni.
Rispondeva con poche parole solo a chi le faceva una domanda diretta e sorrideva raramente ma con tanta dolcezza all'affettuosità semplice ma sincera dei vari bambini, noi compresi.
Più tardi, da giovane ed adulta, ho visto in lei una grande luce e provato una tenerezza ed una stima profonda, direi istintiva, ed ho per caso scoperto il suo segreto: chiedeva per se' solo il permesso di andare ogni giorno alla prima Messa in Parrocchia. Niente altro.
E' morta praticamente da sola in una struttura a lunga degenza quando non poteva più servire, ma essere servita, e ci è stato comunicato troppo tardi per poter fare qualcosa per lei.
Continuo nel tempo a pensare a lei ed a pregarla come una santa luminosissima che mi è stato concesso di avvicinare e da cui ho ricevuto un raro straordinario esempio.
Grazie Maria Assunta, luce silenziosa nel mondo per il mondo!
«Il Battista fa chiedere a Gesù: "Sei tu quello che deve venire? O dobbiamo aspettare un altro? Sei tu o dobbiamo aspettare un altro?".
Negli ultimi due, tre secoli molti hanno chiesto: "Ma realmente sei tu? O il mondo deve essere cambiato in modo più radicale? Tu non lo fai?". E sono venuti tanti profeti, ideologi e dittatori, che hanno detto: "Non è lui! Non ha cambiato il mondo! Siamo noi!". Ed hanno creato i loro imperi, le loro dittature, il loro totalitarismo che avrebbe cambiato il mondo. E lo ha cambiato, ma in modo distruttivo. Oggi sappiamo che di queste grandi promesse non è rimasto che un grande vuoto e grande distruzione. Non erano loro.
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: "Sei tu?". Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: "Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni".
… non è la violenta rivoluzione del mondo, non sono le grandi promesse che cambiano il mondo, ma è la silenziosa luce della verità, della bontà di Dio che è il segno della Sua presenza e ci dà la certezza che siamo amati fino in fondo e che non siamo dimenticati, che non siamo un prodotto del caso, ma di una volontà di amore.
"Dio è vicino", (…) è vicino, ma noi siamo spesso lontani. Avviciniamoci, andiamo alla presenza della Sua luce (…) diventiamo noi stessi luce per gli altri (…) così che noi stessi diventiamo una delle più piccole luci che Lui ha acceso e portiamo luce nel mondo che sente di essere redento.»
Mentre sto andando a trovare Paolo, in ospedale da più di tre settimane, mi telefona Riccardo e mi chiede se può venire anche lui.
Trovo Paolo abbastanza debilitato. La situazione è seria. Diverse operazioni in breve tempo e non pare di intravedere miglioramenti.
Ci stiamo accomiatando dalla moglie Sara, quando scorgo Paolo che guarda profondamente il figlioletto che, con infinita delicatezza, sta giocando con la sua mano. Una scena commovente. Se non disturbassi farei una foto.
Usciamo. Intanto Riccardo mi dice che ha dato appuntamento a qualcuno proprio davanti all’ospedale. Una cosa da sbrigare nel giro di qualche minuto. Infatti, dopo un po’ arriva l’auto attesa.
Vado verso la macchina al parcheggio sapendo che si tratta di breve tempo. Poi vedo che il tempo passa e decido di uscire dalla macchina e fare due passi. Forse faccio qualche foto ma non trovo niente d’interessante. Soltanto la corteccia di una betulla mi attira perché vi leggo il gioco del tempo. Rimpiango di non aver fissato il momento delicatissimo di Paolo con il figlioletto.
Passa altro tempo. Attendo. Sbircio nella macchina dove Riccardo chiacchiera con l’amico e vedo che si sta interessando a un navigatore. Insomma l’attesa imprevista sta diventando pesante e, più che mancanza di tatto, mi sembra che Riccardo non si renda conto che avrebbe almeno dovuto dirmelo che sarebbe stato più di un attimo ma quasi un’ora. Poi, non so da quale angolo della mente, mi viene l’idea di trasformare quella piccola contrarietà in un fiore per Paolo e scatta dentro di me l’idea che l’attesa si è combinata soltanto perché io fossi più sensibile alla situazione di Paolo, bloccato in ospedale quasi un mese. Al posteggio arriva una macchina che ad alto volume lascia sentire una vecchia canzone “You never know” (non si sa mai).
Sì, non si sa mai perché succedono certe cose! In quel momento vedo Sara. La saluto da lontano. Mi fa capire che vuole parlarmi. Affida il figlioletto a un parente che l’aveva accompagnata. Appena sicura di non essere vista dal bambino scoppia a piangere. Quando riesce a parlare mi confida che il medico le ha detto che la situazione ormai sta precipitando irreversibilmente. Non sanno come arrestare l’infezione e Paolo è troppo debole. Praticamente il medico aveva confermato un timore che girava nell’aria da qualche giorno.
Capisco che il “Regista invisibile” ha organizzato l’attesa perché io potessi incontrare Sara.
Affido Paolo al Regista e affido anche me, con l’accresciuta voglia di seguire le sue indicazioni per il bene di Paolo.
Riccardo mi raggiunge dopo qualche tempo e mi chiede scusa perché si era del tutto dimenticato che lo stavo aspettando. Gli dico che la mia impazienza è ora gratitudine perché ho potuto incontrare Sara. Gli dico che si sta consumando l’ultimo filo a cui è appesa la vita di Paolo. Mentre parlo, mi convinco che devo mettere tutto l’impegno a credere che il filo non si spezzerà. Per Paolo posso soltanto accrescere la mia fede. Nulla è impossibile a Dio!
L’indomani mi telefona Sara per dirmi, pur con le dovute riserve, che i medici avevano notato che non c’era stato peggioramento. C’è da attendere delle ore, ma le cose forse stanno cambiando.
I giorni seguenti Paolo è fuori pericolo ed io ho la sensazione di aver sbirciato nella misteriosa fucina del “Regista” e di aver rubato qualche scintilla del fuoco che produce miracoli: la solidarietà che ci trasforma. Ancora una volta la vita mi insegna che il vero miracolo che possa accadere è credere all’amore di Dio e ad attivarlo verso i fratelli. Talvolta è eroico ma… non si sa mai!
Mi son trovato un giorno ad ascoltare il vecchio papà di un amico. Mi raccontava della guerra, dello scoppio di una bomba che lo aveva gravemente ustionato, della sua miracolosa guarigione...
Mentre l'anziano parlava, fui sorpreso nel vedere il dolore della moglie e della figlia, come se quel fatto accadesse in quel momento. Chissà quante volte avevano ascoltato quel racconto, eppure sembrava si trovassero di fronte a quel fatto per la prima volta.
Mentre tornavo a casa, non riuscivo a pensare ad altro che al pianto dei parenti. “Com’è possibile – mi chiedevo - che un fatto così lontano provochi ancora dolore?”.
La risposta la ebbi durante una Messa.
Il sacrificio di Gesù diventa attuale per il potere che Gesù stesso ha dato alla Chiesa, ma anche per un coinvolgimento che mi rende consapevole di un grande amore dal quale non posso sfuggire e al quale non posso non rispondere.
Ecco la spiegazione: è l'amore che attualizza il passato. Soltanto l'amore ha il potere di entrare nel passato e di riportarlo al presente. E la Chiesa riporta nel presente un evento di più di due millenni fa: Natale. L'infinito che si chiude nella storia, l'incontenibile Amore che si fa prendere in braccio, l'origine della storia che viene a segnare una data. Sembrano tanti i Natali passati eppure, per la forza del mistero, questo Natale può essere il primo della storia, può segnare l'inizio di un’era nuova.
I colleghi avevano preso la decisione di agire conto il nostro capo-cattedra perché ci mandava delle lettere “ingiuste” che avrebbero potuto avere conseguenze negative. Loro, sapendo che avevo un buon rapporto con il rettore, incaricano me per portargli una lettera a svantaggio del nostro capo.
Mi trovai tra l’incudine e il martello: da una parte volevo aiutare i colleghi d’altra parte mi dispiaceva agire contro il capo, perché l’università era tutta la sua vita.
Ho chiesto aiuto a Dio. Quello stesso giorno ricevo un regalo. Senza pensarci due volte, metto quel dono sulla scrivania del capo, che quando arriva mi fa chiamare chiedendomi spiegazioni. Dico che, avvicinandosi Natale, mi sembra logico sottolineare che è festa e che siamo una famiglia. Lui resta in silenzio. Ne approfitto per dirgli che quelle lettere che lui ci scrive creano tra i colleghi uno strano senso di diffidenza.
Lui mi spiega che lo fa per zelo, ma “se questo rovina i nostri rapporti, non vi scriverò più queste note di rimprovero”.
Nella nostra cattedra tornò la pace e la gioia di lavorare insieme. Quando i colleghi mi chiesero cosa fosse avvenuto, non seppi spiegare che veramente “nulla è impossibile a Dio!”