Era
una signorina strana. Abitava, come noi, in via Garibaldi dove tutti si
conoscevano e si salutavano, lei passava sempre tra la gente senza salutare
nessuno. Mia nonna la chiamava "la figurina".
Era
sempre pettinata con i capelli che come onde coprivano e nascondevano le
orecchie, la cui presenza era segnalata da orecchini visibili, che splendevano
vicini a due macchie rosse sulle guance, più sbiadite del cuore rosso della
bocca. Era vestita come un lungo tubo che spaccato ad una certa altezza sopra
le caviglie mostrava la righe dritte e scure delle calze di nylon. Con la mano destra
teneva stretta una borsetta a busta, dello stesso colore delle scarpe e dei
guanti. Passava e ripassava come se andasse ad una festa. Ma non dava l’idea di
una persona che si affretta felice verso una festa.
Sembrava
non vedesse nessuno dal di sotto del velo di un cappellino che scivolava da un
lato. Poi, un giorno guardando un album di modelli, di quelli che avevano i sarti
per confezionare vestiti, mi sono reso conto che quella donna era esattamente
come le donne dell’album. Ecco perché la chiamavano “la figurina”. Volti simili
si potevano vedere in certi ovali di porcellana che mostravano immagini, più o
meno sbiadite, sulle tombe. La signorina aveva la stessa identica pettinatura
non solo delle figure dell’album ma anche dei manichini di certi antichi negozi
di via Atenea. Quei personaggi dai capelli ondulati, della stessa materia del
volto, appena appena colorati di un giallo-marrone che avrebbe voluto dire
capelli.
Manichini
vecchi come era vecchio l’album che mia madre, sarta, da anni non usava più,
tanto da non badare al fatto che io e mio fratello facessimo i baffi a tutte
quelle facce di un altro mondo.
La
ricordo ancora dopo tanti anni e mi sembra un orologio ostinatamente fermo ad
un’ora già passata.
Quella
che una volta era stata bellezza, per beffa del tempo, era diventata soltanto
una maschera da museo.
Chiesi
un giorno a mia madre se ricordava la figurina.
Mia
madre fu sorpresa che io ricordassi una persona così lontana nel tempo e nello
spazio. E mi disse qualcosa che da piccolo non avrei capito:
“Poveretta.
È stata lasciata dal promesso sposo poco prima delle nozze, e la sua vita si è
fermata. Una ragazza abbandonata dal fidanzato non aveva più fortuna. Questa
era la Sicilia. Ora
i tempi sono cambiati…”
Foto di Rita Viozzi Mattei