domenica 28 dicembre 2014

Aiutami a nascere!

Questa storia, che ho pubblicato nella rivista Città Nuova, è stata presa da molti. Ne sono contento e grato. 
La ripubblico integralmente con i miei auguri per il nuovo anno. 
            Tanino
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Gelida mattina d’inverno. Alla fermata attendo il bus 61. Dal cancello principale del cimitero che sta di fronte vedo uscire una vecchietta che cammina lentamente appoggiandosi ricurva ad un malfermo bastoncino.
Si avvicina alle strisce pedonali per attraversare. Ma una dopo l’altra le macchine le passano veloci davanti. Finalmente una macchina si ferma e la lascia camminare lentamente lentamente. Lei, giratasi, continua a guardare grata verso l’auto che l’ha lasciata passare.
Le vado incontro per aiutarla a salire il gradino del marciapiede.
Dentro di me ribolle l’indignazione per quanti non si sono fermati.
Lei, offrendomi la mano per essere aiutata, guarda ancora la macchina, ormai lontana, che l’aveva fatta passare. Poi, con un sorriso di indicibile bellezza, mi chiede: “Vero, che c’è tanta bontà in questo mondo?”. Quando arriva il 61 l’aiuto a salire.
Guardandomi attorno, in mezzo a tanti volti che sembrano delle  casseforti sigillate, quella donnina mi sembra sia il tesoro che sta trasportando il bus e nessuno lo sa. La guardo ancora e mi sento esterrefatto per la lezione che mi ha dato. Lei non ha tenuto conto di chi non si era fermato, ha visto soltanto chi le aveva permesso di passare. Non ha visto altro. Le dico “Come sarebbe diverso il mondo se vedessimo soltanto il bene e non il male”. Interviene a questo punto un signore seduto vicino: “Allora sì che fallirebbero i telegiornali e tutti i rotocalchi. Di cosa si nutrirebbe la politica? Veleno, veleno è l’unica risorsa di ogni potere. Soltanto la malvagità equilibra il mondo. Odio ci vuole, sempre di più. Sto andando a denunciare il mio vicino di casa che con le sue orge notturne non ci lascia dormire. Lui ci avvelena la vita e io l’unica cosa che posso fare è distruggerlo. E stavolta se la passerà male!”.
La vecchietta lo guarda con materna comprensione, poi fattasi seria: “Avevo un figlio, che ha vissuto forse come il suo vicino di casa. È morto a 33 anni per overdose. Tutte le mattine lo vado a salutare. Quando sono alla tomba mi sembra di rivederlo nella culla, piccolo, indifeso, bisognoso di tutta la mia protezione. Ormai nulla può fargli male, eppure è come se mi chiedesse di difenderlo, di proteggerlo ancora. L’unica cosa che posso fare è continuare a difenderlo.  
L’unico figlio. Con mio marito abbiamo lavorato duramente per assicurargli una vita migliore della nostra. Ma è stato più infelice di noi. Amicizie sbagliate. Per un ragazzo buono e pulito come lui la scivolata fu veloce. Per anni non abbiamo saputo dov’era. Attraverso un  suo vecchio amico venimmo a sapere che gironzolava come un barbone alla periferia della città. Mio marito riuscì a trovarlo. Era irriconoscibile. Sembrava più vecchio del padre. Accettò di essere curato. In ospedale si comportava come un animale ferito. Parlava poco, lui che era un brillante intrattenitore delle feste.
Un giorno mi disse: “Non c’è cosa peggiore per un uomo che sapere di essere inutile. Niente è più soffocante dell’inutilità”. Non serviva dirgli, ripetergli che per noi era importante. Era come se in lui fosse bruciata la radice della vita.
Uscito dall’ospedale sparì, senza dirci niente, come la prima volta. Mio marito morì di crepacuore. Io avevo speranza.
Quando vennero a dirmi che l’avevano trovato morto si chiuse la speranza. Chissà da quando tempo era morto. Non me l’hanno fatto mai vedere. Nella sua giacca, hanno trovato delle frasi scritte su carta da sigarette o droga, la grafia era la sua.
La vita non mantiene mai le sue promesse. Se tu esistessi faresti giustizia. Il male ha tutti i poteri. Tu non sei mai nato su questa terra. Se ci fossi, ti chiederei di ricrearmi. Povero figlio mio, chissà che dolori ha provato! Il nostro amore non è bastato! Si apriva davanti a me la strada della disperazione, oppure … rigenerare mio figlio. Per amore di lui cominciai a vivere per gli altri e non per me. Ciò mi ha aiutato a rinascere e a rigenerare mio figlio.
In qualche modo era come se Dio mi avesse affidato il compito di possedere un amore che non avevo mai avuto. Certo che senza la fede non ce l’avrei fatta. La fede ha delle risorse di forza che quando meno te lo aspetti si mostrano in tutta la loro potenza. Ora mio figlio palpita in me”.
Il signore che le siede accanto, nonostante la sua statura, sembra diventato piccolo e insicuro. Come disorientato. Poi le chiede, quasi balbettando, se può fare qualche cosa per lei. La vecchietta, come se attendesse la richiesta, risponde veloce: “Il suo vicino potrebbe essere suo figlio che vuole essere ricreato!”.
Soltanto il rumore del motore vibra nell’aria. Quando la vecchietta si alza per dirigersi alla fermata, il signore l’accompagna. Mi salutano tutti e due. Scende anche lui. Il palazzo dove prima aveva detto di essere diretto non era da quelle parti. Mentre il bus si allontana vedo sul marciapiede quel grande uomo che offre il suo braccio alla vecchietta.
L’atmosfera di Natale colora la città e abbraccia il bus, le macchine, la gente.
“Vero, che c’è tanta bontà in questo mondo?” echeggia in me la piccola voce di una fragile donna quasi piegata su un bastoncino instabile. Mi guardo in giro. La gente chiusa nei cappotti e nei cuori è fragile e indifesa. La commozione è forte. È come se ogni sguardo spento mi stia implorando: aiutami a nascere, fammi da madre!  


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Tanino, questa storia l'avevo letta ma ha sempre un grande fascino.
Il tuo onesto riconoscimento di non aver saputo vedere il bene è il primo legame che crei con chi legge. Sei vero.
Leggo sempre le esperienze che pubblica Città Nuova, ma, lasciamelo dire, hai un tocco di autenticità affettiva che tocca il lettore. Non sei un asettico conoscitore del mestiere ma un appassionato della vita e questo trasuda da ogni fatto che racconti.
Grazie Tanino.
Ti auguro un anno di bene e mi auguro che farai partecipi i lettori di quanto vivi e sperimenti.
Buon anno,
Stefano

Dominik Berberich ha detto...

Anche io, come Stefano, conoscevo la storia, ma rileggendola mi ha commosso... Grazie Tanino, buon anno!!!

Dominik