lunedì 5 settembre 2016

L'esperienza dell'estraneità


Jozi Imrich  un amico slovacco che ho assistito durante la malattia che lo ha portato alla morte, a 30 anni, mi confidava un suo stato d'animo. 
Ci ho ripensato in questi giorni in cui si parla tanto di Santa Teresa di Calcutta e della sua "notte".
Riporto l'esperienza di Jozi: 
   
«L’esperienza più forte non è quella della malattia che ti impoverisce e ti fa aver bisogno di tutto e di tutti, ma è l’estraneità.
Non so se ti è capiato di trovarti un una città straniera da solo. Non hai indirizzi, non sai dove andare, non hai punti di riferimento.
È questa un’esperienza molto più forte della stessa malattia.
Il punto di riferimento a cui sei relativo, a cui puoi sempre riferirti, appoggiarti, che puoi raccontare… come tanti amici che hanno fatto viaggi si sono riempiti di fotografie, di film, di ricordi per narrarli ad altri.
Una volta ho parlato con un amico che aveva organizzato una serata per farci vedere le foto di un viaggio fatto. Mi ha detto che il fatto di poter raccontare a qualcuno quello che aveva vissuto rendeva la sua gioia più vera. È la condivisione che dà valore a quello che facciamo.
Quando Gesù in croce ha gridato “Perché mi hai abbandonato?” non aveva più punti di riferimento. Più forte del dolore fisico c’era un dolore spirituale: non aveva più il suo punto di riferimento, un tu di relazione.
Fino ad un certo punto della malattia la convinzione della presenza di Dio era sostenuta dalla stessa offerta che avevo fatto della mia vita, e la vivevo come un segno di amore, ma ad un certo punto questo sostegno è finito e mi trovo senza punti di riferimento.
In forma meno dolorosa che a Gesù, anche a me viene chiesto qualcosa del genere…».


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie per questa testimonianza, Tanino; avevi un giovane ma grande Amico.
Stanotte è mancato un mio amico dopo 2 mesi dalla scoperta di una malattia incurabile.
Due giorni fa l'ho salutato per l'ultima volta; quando guardavo Javan, già in coma nel suo letto di ospedale, sentivo dentro di me una strana calma che mi accompagnava assieme alla preghiera e, allo stesso tempo, provavo quel senso di smarrimento che mi ha fatto alzare la testa e fissare intensamente il crocifisso di quella stanza.
Oggi la testimonianza di Jozi mi aiuta tantissimo.
Grazie Tanino, un abbraccio.
Gabry

Tanino Minuta ha detto...

Grazie Gabry,
veramente un giovane grande amico!
Forte quello che scrivi: tutto è lezione per abitarci a stare davanti al mistero.
Per me quella di Jozi è stata una forte esperienza.
Grazie, a presto!
Tanino