La famiglia di un mio compagno di scuola mi aveva invitato a passare qualche giorno di vacanza con loro nella villa di campagna dei nonni, non lontana da una stupenda spiaggia al mare.
Spesso nel pomeriggio ci ritrovavamo in spiaggia con altri ragazzi del vicinato. Un giorno ho visto un ragazzo molto triste. Si era accorto che al braccio del mio compagno c’era l’orologio che suo padre, emigrato in Germania, gli aveva mandato quando aveva finito le scuole medie.
L’ho visto correre dalla madre, abitavano in un casetta non lontana, e udii strillare e piangere.
La sera, durante la cena, la nonna si vantava di aver comprato l’orologio dalla povera donna per pochi soldi e tutti ammiravano la sua abilità per l’affare che era riuscita a fare.
La notte non riuscii a dormire.
Il giorno dopo era domenica e siamo andati alla messa. C’era anche il mio amico con l’orologio. All’omelia il sacerdote spiegava come i primi cristiani erano un cuor solo, come si aiutavano, e diceva che erano capaci di vivere così perché la fede in Gesù risorto aveva cambiato il meccanismo del loro cuore e vedevano tutto con altri occhi. La fede li rendeva capaci di superare il proprio egoismo.
Non so quanto sia durata quella Messa, so che per me presero forza delle domande che mi portarono a vedere che tutto attorno a me era falso e che la chiesa era un’istituzione ormai sterile. Lentamente non frequentai più la chiesa.
L’idea cambiò quando incontrai una comunità impegnata a vivere la Parola di Vita. Ciò che mi convinse non fu quello che dicevano, ma come agivano. Erano attenti all’altro, chiunque fosse. Ho sentito che impegnare tutta la mia vita per costruire un mondo che cammini su altri binari, era la cosa più urgente e più intelligente che potessi fare.
“La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32).
foto mia