Primo pomeriggio. Provo a riposare ma non riesco.
E' già ora. Mi preparo con più cura del solito. Camice pulito e stirato.
Pantaloni del pigiama a righe. Spillette colorate. Cappello da giullare.
Ovviamente il naso rosso. Non manca nulla. Pronto per andare al funerale.
Già. Sembra una specie di ossimoro. Eppure è
andata così. La chiesa stracolma. C'erano anche i clown. Il celebrante ha detto
che eravamo tutti lì per dirle addio. E "addio" a quanto pare è una
bella parola. Non è come un "a mai più", è più simile ad un
arrivederci. Ma a Dio. Ci rivediamo lì da dove siamo venuti. E considerando che
prima di andare da qualche parte in genere si è nella propria dimora, allora è
un po' come dire "bhè, ci si vede a casa". L'unica differenza è che
l'attesa dura quanto la vita stessa. Se V. adesso è tornata davvero a Casa,
deve essere stata una grande gioia per chi l'ha accolta. In fondo è stata via
per tredici anni. Davvero tanti per chi attende, decisamente troppo pochi per
chi contava di fare insieme a lei il viaggio di una vita.
Di questi tredici anni gli ultimi due, questa
bimba, li ha passati ad insegnare. Non ci credete? E invece è andata così.
Delle lezioni in piena regola! In silenzio. Certo l'aula, una stanza
d'ospedale, risultava un po' scomoda. Un letto per cattedra, un monitor come
lavagna. Un respiratore a fare da metronomo. Credo a questo punto di intuire
fossero lezioni di musica. Considerando che la vera arte, come disse qualcuno,
consiste nel togliere ciò che non serve, allora credo che una Musica come la
sua, senza una sola nota, la possano eseguire e spiegare in pochi. Così
straordinaria da non poterla comprendere del tutto. Con un senso che a volte
sembra quasi di afferrare, per poi vederlo svanire, e riapparire, e poi dissolversi
ancora... Un senso che a volte rischia di schiacciarti, e che spesso pensi di
non poter sopportare. Ma con una maestra del genere vi garantisco che si
possono fare grandi progressi.
Personalmente ho avuto l'onore di trascorrere
qualche ora in quella stanza. La prima volta in realtà ero troppo distratto da
quel tubo che le usciva dalla gola per cogliere altro. In effetti anche la
seconda volta, i suoi occhi sbarrati a fissare il nulla (così credevo) per ore
mi hanno non poco spiazzato. Altri giorni ho preferito saltare la lezione. Per
fortuna in questa assurda classe c'erano due allievi modello. I genitori di V.
non hanno mai saltato un giorno di questa strana scuola. Mai un'assenza in due
anni. Che fatica direte. Ventiquattro ore su ventiquattro. Eppure, nonostante
tutto, il suo papà non ha mai esitato a spiegarmi meglio, senza neanche
rendersene conto, i passaggi che mi sfuggivano. Ovviamente non solo a me,
volontario della domenica. Pare sia andata così anche con tutti gli altri che
hanno avuto la fortuna di passare di là.
Quante cose abbiamo imparato dal respiro di V.!
Dal suo addormentarsi e svegliarsi. E poi dai movimenti della mano sinistra.
Dal viso. Per non parlare dal battito cardiaco! E di quella volta che forse mi
ha guardato, ne vogliamo parlare? E se a noi visitatori di passaggio ha svelato
tutti questi segreti in poche ore chissà quante cose fantastiche ha vissuto chi
l'è stato vicino sul serio, ininterrottamente. Certo, lezioni spesso dure. Cose
che magari si comprenderanno un po' alla volta. Non pensavo una bimba in coma
potesse dirci tanto. Non credo lo pensasse nessuno. E se abbiamo ancora dei
dubbi e se non riusciamo a smettere di piangere è solo perché questa musica è
troppo difficile da comprendere, ma pur sempre meravigliosa.
Rubo dal profilo del suo papà questa foto e
ripenso ad una frase di Gabriel García Márquez: "Ho imparato che quando un
neonato prende col suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre,
l'ha afferrato per sempre". V. l'ha sicuramente stretto quando è nata, ed
ha voluto ricordarcelo, di nuovo, il suo per sempre.
Addio V., anzi no, ci si vede a casa.
Jambo
(volontario dell'associazione Mister Sorriso -
Taranto)
Sito: www.mistersorriso.it
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