martedì 31 gennaio 2017

Un senzatetto

Viveva con i senzatetto perché scappato da casa: i genitori erano sempre ubriachi e violenti. Tra i barboni aveva trovato tanta solidarietà, anche se le liti per i posti di accattonaggio erano violente. Nonostante non avesse ancora 40 anni i segni di varie malattie erano evidenti.
Ho cercato di aiutarlo: rifare una carta d’identità, entrare in una clinica disintossicante, trovare un posto per dormire e poi una famiglia che l’ha accolto come un figlio.
Un giorno mi ha telefonato e l’ho raggiunto nel luogo che mi ha detto. Era in mezzo a tanti senzatetto. Dopo avermi presentato loro come amico, mi ha detto che non ce la faceva a restare da quella famiglia. Anche se gli volevano bene, a lui mancava qualcosa che gli dava un vero senso di avventura. Sapeva bene di aver fatto male ma non era capace ormai di non bere e non riusciva a vivere in una prigione.

Gli ho chiesto perché mi avesse cercato, mi rispose: “Il vero bene non è una vita protetta e comoda ma avere degli amici che ti capiscono anche se sbagli. Da quella famiglia mi sentivo l’ultimo, qui mi sento come gli altri e ci conquistiamo la vita giorno dopo giorno. Sto bene così. Ti chiedo solo di restare mio amico”.

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