A commento del post “Dio ti chiama per nome” un amico/a
mi pone la domanda: «Come fare perché chi è nella
disperazione si senta “chiamato per nome”?»
Ti
rispondo con una recentissima esperienza:
Sono
stato a Moresco per incontrare la famiglia di Roberto Straccia, lo studente
universitario scomparso a Pescara a metà dicembre 2011 e il cui corpo è stato trovato
dopo 29 giorni tra gli scogli di Bari, con un lungo viaggio in mare che desta
serie domande.
L’archiviazione del caso non è una risposta né per la famiglia né
per i molti amici di Roberto.
Ciò che
mi ha stupito ed edificato è che se questa famiglia non fosse stata sorretta da
autentica fede, sarebbe stata schiacciata da un dolore acutizzato dal fatto che
Roberto era una ragazzo pieno di vita, di amicizie, di sogni…
Con quello che
sta producendo la sua morte, sembra che Dio stia chiamando per nome non solo Roberto,
ma una comunità intera, tantissimi amici che hanno assistito attoniti a uno
spettacolo atroce.
La risposta
alla tua domanda potrebbe essere: Se vuoi sentirti chiamare per nome, mettiti
in ascolto, anche se sei stritolato dal dolore, dall’assurdità, dalla
delusione. Mettiti in ascolto.
Hai diritto di “sentirti chiamare per nome”.
Hai diritto di “sentirti chiamare per nome”.
Auguri!
3 commenti:
Grazie, Tanino, di aver parlato di Roberto: una storia che ha dell'incredibile.
Mi stupisce quello che dici della famiglia.
Grazie e, se hai occasione, ringrazia la famiglia,
Monica
Questi dolori così vissuti reggono il mondo, lo equilibrano, fanno progredire l'umanità impazzita e l'aiutano a ritrovare pace.
Non so cosa dire, Tanino.
Da quello che so, ma anche tu lo accenni, la famiglia non si rassegna ad una sbrigativa chiusura delle indagini.
Viviamo in un mondo che decade e ci vogliono giganti di Dio che frenino il crollo.
Grazie.
Come madre riesco a immaginare cosa significhi per la famiglia un figlio che non torna più.
Gemma
Che Roberto sia una luce in questi vicoli oscuri dove l'umanità cerca il senso dell'esistere.
grazie, Tanino.
Girolamo
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