venerdì 11 dicembre 2009

In principio c'era colui che è la Parola



Foto di Attila Adam

Una gelida alba mi alzo per accompagnare qualcuno all’aeroporto. Avverto segni di mal di gola. Una spremuta d’arancia è quello che ho bisogno. Mentre la preparo mi viene in mente un’invocazione di Madre Teresa di Calcutta: “Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo; quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di una bevanda…”.
È spontaneo quindi, alla colazione preparata per l'ospite, aggiungere la spremuta. Non c'è tempo per farne un’altra.
Mentre ci avviamo all’aeroporto mi rendo conto di essere felice e libero. E soprattutto sveglio. Eppure non ho preso neanche il caffè. Cosa mi ha svegliato?
Un succo d’arancia donato non è proporzionato alla gioia che ora mi scalda e mi libera. Un gesto di carità non è paragonabile alla comunione che stabilisco con il mio prossimo. Certo i santi, definiti da Chiara Lubich come Vangelo dispiegato nel tempo, sanno come aiutarmi a mettere in moto la mente, come aprire il mio cuore. Sì, perché è il Vangelo che dà alla mia quotidianità una dimensione compiuta.
Si avvicina l’inizio di un nuovo anno. Come sarebbe bello voltare pagina e vedere un mondo di pace, d’armonia! Come posso contribuire io? L’unico bene che posseggo è quello che io posso fare, ho un tesoro da disseppellire ogni volta e condividerlo con chi mi è vicino ora, ora, ora. Ciò mi aiuta a vedere. Come madre Teresa ha fatto con me.
Nella tempesta di informazioni che uccidono la speranza, le parole del Vangelo, accese da chi le mette in pratica, sono i catarifrangenti che impediscono che io esca di strada e mi indicano come avanzare verso la meta. Soprattutto mi aiutano a rimanere sveglio.

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