in attesa di incontrarci, vi mando una favola.
Mi farete contento se mi manderete un disegno.
Un abbraccio da Tanino
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Zio Teodoro abitava in una casetta costruita all’imbocco di una grotta profonda e misteriosa davanti al mare. La casa era splendente perché ricoperta da conchiglie di madreperla che si accendevano al sole del mattino e alla luna della notte.
Zio Teodoro, seduto sulla sedia a sdraio, parlava al mare e il mare a lui. Si scambiavano segreti. Quella mattina, mentre ascoltava il mare, sentì il pianto di un gattino. Proveniva dall’interno della casetta, dallo sgabuzzino. Non sapeva come e quando vi si fosse intrufolato. Come trovarlo in quel bugigattolo? Guarda, dove si è cacciato questo birbante!
Il micio si era andato a nascondere in un angolino dietro ad una piccola cassaforte di legno. Il gattino era nero, tremava per la paura ma si lasciò prendere senza resistenza. Spalancò i suoi occhi verdi per vedere in faccia il suo salvatore e al calore di quelle mani grandi e salate finì di piangere chiudendo furbamente gli occhietti come se volesse addormentarsi. Allora zio Teodoro, che tutti chiamavano zio Teo, cercò in giro una scatola dove metterlo a dormire e quel bauletto gli sembrò della misura giusta, ma era chiuso e non sapeva cosa ci fosse dentro. Con la mano rimasta libera, mentre nell’altra teneva il gattino, cercò di aprire il lucchetto. Niente da fare! La salsedine aveva arrugginito anche la serratura. Il gattino era ormai tranquillo, allora zio Teo mise il micio in una tasca della sua giacca gialla e portò la cassa sul terrazzo che stava davanti alla casetta. «Come ti chiami?» chiese Teo. Il micio, assonnato, lo guardò a lungo poi miagolò. Era questo il suo modo di parlare, e disse che si chiamava Ciccino.
In cucina trovarono un pezzetto di pesce arrostito rimasto dal giorno precedente e zio Teo lo mise in una scodellina di ceramica colorata, ricordo di un viaggio in Sicilia. Ciccino, non perse tempo a mangiare tutto.
Zio Teo guardò ancora intorno per vedere dove mettere a riposare il nuovo arrivato. In cucina, al lato del camino, c’era una cesta vuota. Ecco quello che cercava! Vi sistemò un vecchio maglione rosso e Ciccino senza salutarlo vi si sdraiò e cominciò a dormire.
Era stato il micio a fargli ritrovare la cassaforte. E come aprirla? Poi si rese conto che la ruggine aveva talmente consumato la serratura che bastò una piccola botta per far aprire il coperchio di botto.
La cassa era così piena che, appena aperta, alcuni foglietti di carta ingiallita, dispiegarono le ali e presero il volo come farfalle. Nella cassa c’erano i sogni di zio Teo, i ricordi, le favole. C’erano poesie e racconti. Zio Teo si rese conto di aver già dimenticato il suo passato. Guardò pensieroso lontano e il mare gli spiegò che ogni pezzo di vita rimane, da qualche parte e che, alla fine, ritorna come l’onda del mare.
Carta dopo carta, zio Teo voleva arrivare fino al fondo e più aumentava il mucchio fuori dalla cassa, più cresceva la sua commozione. Poi, dal fondo della cassa, qualcosa sembrò muoversi, luccicare. Cosa c’era? Chi poteva esserci in quella cassa chiusa da anni?
Tirate fuori le ultime carte sembrò che in fondo alla cassa ci fosse una luce accesa. Possibile? No! Era uno specchio che rifletteva il sole e il volto incuriosito di Teodoro che appena vide se stesso, con i lunghi capelli bianchi al vento, fece un urlo di gioia e meraviglia! In quel momento sentì miagolare Ciccino.
Corse da lui e lo trovò che si stiracchiava dopo una bella dormita. Zio Teo lo prese e lo portò sul terrazzo. Mentre lo zio leggeva le vecchie pagine, Ciccino si allontanò. Dopo qualche ora, zio Teo cominciò a preoccuparsi. Era già alla ricerca di Ciccino, quando sentì molti passi verso la sua casa. Era Ciccino, seguito da tanti bambini.
«Cos’hai in mente?» chiese serio zio Teo.
Ciccino fece capire che desiderava che lui raccontasse ai bambini le favole. Zio Teo si sedette in mezzo ai bambini seduti in cerchio, pronti per ascoltare. Chi aveva organizzato tutto?
Eh, sì, era proprio iniziata una stagione incantata e zio Teo non poteva neanche meravigliarsi. Strizzando l’occhio a Ciccino cominciò a leggere.
Hanno così inizio le “Storie incantate di zio Teodoro”.
Illustrazioni di Magdalena Kuchtova
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