(Gv 1,12)
Ecco la grande novità annunciata e donata da Gesù all’umanità: la
figliolanza di Dio,
diventare figli di Dio per grazia. Ma come e a chi viene donata
questa grazia?
«A quanti lo accolsero» e a quanti lo accoglieranno nel corso dei
secoli.
Occorre accoglierlo nella fede e nell’amore, credendo in Gesù come
nostro Salvatore.
Ma cerchiamo di capire più in profondità cosa significhi essere figli
di Dio.
Basta guardare a Gesù, il Figlio di Dio, e al suo rapporto con il
Padre: Gesù pregava il Padre suo come nel “Padre nostro”.
Per lui il Padre era “Abbà”, cioè il
babbo, il papà, cui egli si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato
amore.
Ma, giacché era venuto in terra per noi, non gli è bastato essere
lui in questa condizione privilegiata.
Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti fi gli di
Dio, sorelle e fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito Santo, la possibilità di
essere introdotti nel seno della Trinità.
Cosicché anche a noi è stata resa possibile quella
sua divina invocazione:
«Abbà, Padre!»: “papà, babbo mio”, nostro, con tutto ciò che essa
comporta: certezza della sua protezione, sicurezza, abbandono al suo amore,
consolazioni divine, forza, ardore; ardore che nasce in cuore a chi è certo di
essere amato.
«A quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di
Dio».
Ciò che ci fa uno con Cristo e con lui figli nel Figlio è il
battesimo e la vita di grazia che ci viene da esso.
In questo passo del Vangelo c’è, inoltre, una parola che svela
pure il dinamismo profondo di questa “figliolanza” da realizzare giorno dopo giorno.
Occorre,
infatti, «diventare figli di Dio».
Si diventa, si cresce come figli di Dio, con la nostra
corrispondenza al suo dono, vivendo la sua volontà
che è tutta concentrata nel comandamento dell’amore: amore verso Dio e amore
verso i prossimi.
Accogliere Gesù significa, infatti, riconoscerlo in
tutti i nostri prossimi.
E anch’essi potranno avere la possibilità di riconoscere Gesù e credere in lui se nel nostro amore per loro scorgeranno un tratto, una scintilla dell’amore sconfinato del Padre.
E anch’essi potranno avere la possibilità di riconoscere Gesù e credere in lui se nel nostro amore per loro scorgeranno un tratto, una scintilla dell’amore sconfinato del Padre.
«A quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare
figli di Dio».
In questo mese, in cui ricordiamo specialmente la
nascita di Gesù su questa terra, cerchiamo di accoglierci reciprocamente, vedendo e servendo Cristo
stesso gli uni negli altri.
E allora una reciprocità di amore, di conoscenza di
vita come quella che lega il Figlio al Padre nello Spirito, si instaurerà anche fra noi e il Padre, e sentiremo affiorare sempre di nuovo sulle nostre labbra l’invocazione di Gesù: «Abbà,
Padre».
Chiara Lubich
Pubblicata
su Città Nuova n. 22/1998.
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