Stefania mi manda una poesia, dai "sonetti sacri" di John Donne, un mistico e poeta inglese del '600.
Sfasciami il cuore, Dio in tre persone, perché tu
finora e solo
bussi, illumini e cerchi di guarirmi
affinché io possa alzarmi, e restare in piedi,
buttami giù e piega
la tua forza per irrompere, colpire, bruciare e così
rinnovarmi.
Io, come città usurpata, ad altri venduta,
mi sforzo di farti entrare, ma è tutto vano,
se la ragione che regna al posto tuo, invece di
difendermi
mi rende schiavo, e debole si rivela, e sleale.
Ancora fervidamente io t’amo, e vorrei essere
amato,
ma sono sposo promesso al tuo nemico:
divorziami da lui, sciogli, o rompi ancora quel
patto;
portami a te, imprigionami, ché
se non mi rendi schiavo, mai sarò libero,
né sarò casto, se tu non mi violenti.
John Donne
1 commento:
Tremendo e forte questo sonetto.
Spiritualità preconciliare dove la creatura è più passiva che attiva...
Ma si capisce.
Ciao, Tanino, buona domenica,
Giorgio
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