Tunisina, musulmana, da 18 anni in Italia. La storia di un’amicizia “interreligiosa”,
dai problemi quotidiani, fino al dolore della morte del marito: una
condivisione che coinvolge l’intera comunità.
Latina, è
una città del centro Italia, la più giovane
della penisola, costruita
durante il ventennio fascista sul terreno bonificato dell’Agro Pontino. La sua
popolazione è già in origine “mista”, con provenienze da varie regioni,
arricchita oggi dalla maggiore varietà culturale, frutto delle correnti
migratorie.
Basma si è
trasferita lì 18 anni fa, con il marito Ben, dalla Tunisia. In Italia sono nati i loro due figli.
«Un giorno –
racconta – mentre aspettavo mio figlio più piccolo fuori dalla scuola, ho
conosciuto un’altra mamma italiana, con cui piano piano è nata una profonda
amicizia. Fino a quel momento, avevo conosciuto tanti cristiani o che almeno
dicevano di esserlo, che mi avevano dato un’impressione negativa del
cristianesimo, dove tutto era permesso e non si vedeva la differenza fra bene e
male. Con questa nuova amica cristiana, abbiamo iniziato a confrontarci sulla
nostra fede e scoprivamo sempre più di avere tanto in comune: ognuna di noi
aveva messo Dio al centro della sua vita. Lei mi offriva sempre un passaggio in
macchina all’uscita da scuola, abitavamo vicino; e così abbiamo iniziato a
frequentarci coinvolgendo anche le nostre famiglie, e ho scoperto che dietro
questa nuova amica c’era un popolo di cristiani che vivevano tutti
per Dio».
L’amicizia
cresce, con semplici scambi di doni, e conoscenza reciproca: cuscus per tutta la famiglia accompagnato
da un servizio di piatti tunisino, una cena insieme. «Abbiamo attraversato la
città a piedi, come usiamo noi, e loro dicevano di aver scoperto una città
nascosta, popolata da tutti gli amici musulmani». Poi una serata tunisina con
contributo libero per sostenere le spese scolastiche dei ragazzi, in un periodo
in cui il papà aveva avuto un incidente sul lavoro. Gli amici cristiani mettono
a disposizione la casa allestendo un‘ambientazione araba con tappeti, tende,
cuscini, tavolini bassi e candele. «Abbiamo fatto insieme la spesa e Basma ha
cucinato – raccontano –. Grande è stata la gioia nel constatare di aver
raggiunto la cifra esatta per l’acquisto dei libri. Una serata bellissima in
cui abbiamo fatto nostra la cultura araba e ci siamo sentiti fratelli. Nel
consegnare la cifra, il biglietto diceva: “Grazie per questo viaggio nella tua
terra che ci hai fatto fare con te. La tua famiglia di Latina”. Il pianto
commosso di Basma ha saldato questo legame fra tutti».
Poi,
improvvisa, la malattia e la morte del marito. «Prima di lasciarci Ben mi ha affidato a
questi amici cristiani. Io per prima ne sono rimasta stupita: c’erano i suoi
familiari, i fratelli di Moschea, ma forse lui sentiva che con loro c’era
veramente un rapporto basato su Dio. Ben è morto lasciandoci in un profondo
dolore. Eravamo soli in terra straniera. Io non avevo la forza di vivere»,
confida Basma. In quei giorni segnati dal dolore, gli amici si alternano
nell’accudire la famiglia, preparando da mangiare e cercando di spronarla a
ricominciare. «Il suo dolore era il nostro, i suoi figli, i nostri»,
raccontano. Danno vita ad una grande comunione di beni per sostenerli nel primo
periodo. Dopo pochi giorni, una persona si presenta con dieci sacchi di verdura
che la proprietaria aveva voluto regalare. La “Provvidenza”, come la chiamano
gli amici cristiani, diventa contagiosa, e anche Basma comincia a condividere
quanto riceve.
Finalmente
arriva la proposta di un lavoro. Ma il turno comincia alle quattro del mattino in una fabbrica distante
dalla città. Una delle amiche si propone di accompagnarla. Da questo gesto
inizia una catena di passaggi, in modo da condividere il peso e riuscire a
farcela. «In questo nuovo ambiente di lavoro – racconta Basma -, anche io ho
iniziato ad amare tutti, compreso chi mi considerava un nemico a causa del mio
velo. Ora c’è un’atmosfera molto bella e i miei amici non devono più
accompagnarmi perché i colleghi si offrono di farlo. Nei primi giorni difficili
mi ripetevo una frase che avevo sentito dai miei fratelli cristiani: “Dove non
c’è amore, metti amore e troverai amore.” È proprio così, l’amore è
contagioso».
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