L’apostolo Paolo scrive alla comunità della città di Filippi, mentre egli stesso è oggetto di una persecuzione che lo mette in grave difficoltà. Eppure, a questi suoi cari amici egli consiglia, anzi quasi comanda di “essere sempre lieti”.
Ma si può rivolgere un simile comando?
Guardandoci intorno, non troviamo spesso motivi di serenità, figuriamoci di gioia!
Di fronte alle preoccupazioni della vita, alle ingiustizie della società, alle tensioni tra i popoli è già un grande impegno non lasciarci scoraggiare, sopraffare, chiuderci in noi stessi.
Eppure Paolo invita anche noi:
“Siate sempre lieti nel Signore”.
Qual è il suo segreto?
«[…] c’è una ragione perché, nonostante tutte le difficoltà, noi dobbiamo essere sempre nella gioia. È la vita cristiana presa sul serio che porta a questo. Per essa Gesù vive con pienezza dentro di noi e con lui non possiamo non essere nella gioia. È lui la sorgente della vera gioia, perché dà senso alla nostra vita, ci guida con la sua luce, ci libera da ogni timore sia per quanto riguarda il passato come per quanto ancora ci attende, ci dà la forza per superare tutte le difficoltà, tentazioni e prove che possiamo incontrare» (1)
La gioia del cristiano non è il semplice ottimismo, o la sicurezza del benessere materiale, o l’allegria di chi è giovane e in buona salute. È piuttosto frutto dell’incontro personale con Dio nel profondo del cuore.
“Siate sempre lieti nel Signore”.
Da questa gioia, dice ancora Paolo, nasce la capacità di accogliere gli altri con cordialità, la disponibilità ad avere tempo da dedicare a chi abbiamo intorno (2)
Anzi, Paolo in un’altra occasione riporta con forza il detto di Gesù: «c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (3)
Dalla compagnia di Gesù scaturisce anche la pace del cuore, l’unica che può contagiare le persone che abbiamo intorno, con la sua forza disarmata.
Recentemente in Siria, nonostante i gravi pericoli e disagi della guerra, un gruppo numeroso di giovani si sono riuniti per scambiarsi le esperienze di Vangelo vissuto e sperimentare la gioia dell’amore reciproco; da qui sono poi ripartiti, decisi a testimoniare che la fraternità è possibile.
Così scrive chi ha partecipato: «Si susseguono racconti di storie di dolore cocente e di speranza, di fede eroica nell’amore di Dio. C’è chi ha perso tutto e chi ha visto morire le persone più care[…]. Forte l’impegno di questi giovani a generare vita attorno a loro: organizzano opere di beneficenza, coinvolgendo migliaia di persone, ricostruiscono una scuola e un giardino nel centro di un paesino, mai portato a termine a causa della guerra. Offrono sostegno a decine di famiglie di profughi[…]. Riaffiorano nel cuore le parole di Chiara Lubich: “La gioia del cristiano è come un raggio di sole che brilla da una lacrima, una rosa fiorita su una macchia di sangue, essenza d’amore distillata dal dolore […] per questo ha la forza apostolica di uno squarcio di Paradiso” (4) Nei nostri fratelli e sorelle della Siria troviamo la fortezza dei primi cristiani, che in questa tremenda guerra testimoniano la fiducia e la speranza in Dio Amore, trasmettendola ai loro compagni nel viaggio della vita. Grazie, Siria, per questa lezione di cristianesimo vissuto!».
Letizia Magri
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1 C. Lubich, Invito alla gioia, in «Città Nuova», 31 (1987/22), p. 11.
2 Cf. Fil 4, 5.
3 Atti 20,35.
4 C. Lubich, La gioia, al Giubileo dei giovani, Roma 12 aprile 1984.