«La situazione era perfetta. Era
quella che da tempo sognavo: avevo intere giornate di libertà, nessun impegno,
nessun dovere e l'incredibile agio di lasciare vagare la mente, senza
interruzioni, senza l'idea - un tempo l'ossessione - che avrei dovuto fare
qualcos'altro. Dopo tanto clamore godevo finalmente di tanto silenzio. Per
anni, preso da guerre, rivoluzioni, alluvioni, terremoti, grandi mutamenti
dell'Asia, ero stato un appassionato osservatore di vite in pericolo, vite
distrutte o, più spesso, sprecate: tantissime vite altrui. Ora osservavo
semplicemente quella che più mi riguardava: la mia.
Mai, prima di
allora, mi ero tanto sentito fatto di materia; mai avevo dovuto guardare così
da vicino il mio corpo e soprattutto imparare a mantenerne il controllo, a
esserne padrone, a non farmi troppo dominare dalle sue richieste, i suoi
dolori, le sue palpitazioni e i suoi urti di vomito.
Mi resi conto
di come, fino ad allora, avendo lavorato per un settimanale, il mio ritmo
biologico e i miei stati d'animo erano stati determinati dalle scadenza - e
spesso dall'angoscia - dell'articolo da scrivere. Ora tutti i giorni della
settimana erano uguali, senza alti né bassi: semplicemente, meravigliosamente
piatti. E nessuno voleva niente da me.
Ogni stagione
ha i suoi frutti e la mia stagione giornalistica aveva fatto i suoi. Col
passare degli anni avevo incominciato a capire che i fatti non sono mai tutta
la verità e che al di là dei fatti c'è ancora qualcosa - come un altro livello
di realtà - che sentivo di non afferrare e che comunque sapevo non interessare
il giornalismo, specie per come viene ormai praticato. Avessi continuato in
quel mestiere, al massimo avrei potuto tentare di essere come ero già stato. Il
cancro mi offriva una buona occasione: quella di non ripetermi.
Non era la
sola. Lentamente mi accorsi che il cancro era diventato anche una sorta di
scudo dietro il quale mi proteggevo, una difesa contro tutto quel che prima mi
aggrediva, una sorta di baluardo contro la banalità del quotidiano, gli impegni
sociali, contro il fare conversazione. Col cancro mi ero conquistato il diritto
di non sentirmi più in dovere di nulla, di non avere più sensi di colpa.
Finalmente ero libero. Totalmente libero. Parrà strano, e a volte pareva
stranissimo anche a me, ma ero felice».
Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Longanesi & C, p. 13-14
2 commenti:
Grande Terzani!
Grazie Tanino, di questa pagina che fa vedere dove può arrivare l'uomo, le sue capacità, le estensioni della sua anima.
Federico
Ringrazio Stefano per quello che ha scritto.
Sono giovane anch'io ed, essendo donna, mi sento ancor più penalizzata quando penso a cosa farò finita l'università.
Stefano, comincia tu, comincio io! crediamo che il futuro dipende da noi e non dagli egoismi di chi è già deluso dalla vita e si aggrappa a sogni e case e vacanze...
è triste, lo so, vedere una generazione che aveva il mondo in mano e se l'è lasciato consumare dall'egoismo e dalla paura.
partiamo da questa costatazione come da una pedana di lancio per un futuro splendido... per fare vivere anche gli egoisti sepolti dalla paura.
Ciao, Stefano. Luciana
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