sabato 11 gennaio 2014

Vite compiute



Sono stato in una casa di cura a trovare un amico con il quale ho collaborato quando era in piena forma.
Persona ricca di talenti, un’intelligenza rara. Un soggetto della società ora diventato “oggetto”…
Ci siamo messi a parlare. Era lui, quello di sempre, solo che non sapeva finire le frasi, non aveva più le parole per dirmi il suo pensiero, eppure era contento. Ha acquistato una docilità che lo rende attento a ogni parola che gli altri dicono. E mi sono sentito ascoltato e accolto come mai.
Dov’è quell’uomo ultrasicuro di sé? Dov’è quel temuto dirigente che ti faceva misurare le parole prima che le pronunciassi? Chi è veramente lui? Quello di prima o quello che adesso vive di gesti essenziali.
Tra le poche cose che ha nella sua camera mi ha mostrato la foto della famiglia. L’unico suo bene. Non più biblioteche con libri di varie lingue, non più scrivania carica di corrispondenza e fogli da firmare. Mi ha chiesto di tornare a trovarlo.
Quando sono uscito da quella casa avevo l’impressione che soltanto una vita compiuta sa dire quant’è bella la vita.  

4 commenti:

Anonimo ha detto...

fa riflettere,
grazie,
Piero

Anonimo ha detto...

Tanino, leggo il tuo blog in una di quelle domeniche in cui vorrei gridare: "Perchè a me è toccata questa solitudine?".
Mio marito, dopo anni di grande intesa e profondo amore è impazzito dietro una collega...
Di colpo cancellati figli e moglie.
I miei ragazzi non hanno avuto parole per giudicare il padre e con un "Mamma, il mondo va così!" mi hanno tolto ogni appiglio, anche nel rapporto con loro.
Ma chi crea il mondo che va così? Chi manovra i fili della storia?
Sono stanca.
Tu hai fede e mi sembri lontano da ogni dolore.
Hai pubblicato la storia dell'Abignente.
Ora racconti di questo tuo amico-collega che è trascinato dagli altri... uno che trascinava.
Che senso ha tutto questo? Capisco Vincenzo che ti scrive che appena sarà dipendente dagli altri si ucciderà.
Scusa lo sfogo... è un modo per parlare con qualcuno.
Papa Francesco parla di periferie esistenziali. Eccomi. Io che credevo di essere il centro ora sono periferia.
Le domeniche non dovrebbero più esserci, sottolineano le solitudini.
Comunque grazie che mi lasci parlare, anche se non so quando leggerei queste frasi.
Ciao,
L.

Luisa ha detto...

Cara L,
leggo appena l'hai inviato il tuo accorato sfogo e il tuo comprensibile dolore e,sento forte il desiderio di farti giungere una vicinanza che è prima di tutto la preghiera, e poi poche cose che una lunga esperienza a contatto col cuore e l'anima degli altri mi ha arricchita, e mi ha anche permesso di essere vicina a persone che hanno vissuto o vivono un dolore amaro e pesante come il tuo.

Proprio nell'anno appena concluso una donna ancora abbastanza giovane con due figli a livello universitario, mi ha chiesto aiuto, conoscendo abbastanza i miei problemi (e chi non ne ha?)e chiedendomi ragione del mio sorriso, della pace interiore che secondo lei io emanavo nei contatti umani.

Cara L. nessuno, sicuramente neanche Tanino, è lontano da ogni dolore : l'importante è arrivare a poter prendere su di se' la propria croce sicuri di portarla insieme a Gesù, e scoprire poi che ci si trova "al di là" della propria piaga, come se qualcuno ci avesse preso in braccio e amorevolmente confortati.

Ragionavamo con la signora in questione, che si può fare tutto questo continuando ad amare nonostante tutto, mettendo da parte i giudizi feroci, i rancori dilanianti, la ribellione alle ingiustizie subite......ma come?

Pregando per prima cosa per chi ci ha fatto del male e anche per la persona o le persone che sono parte in causa di questo male e vedendo in tutto questo una grande "povertà", e mostrando anche nel tuo caso ai figli, non la propria forte delusione del loro superficiale sfuggire il problema (che sicuramente brucia in loro più di quanto vogliano dimostrare e così...cercano la via breve ed inutile della fuga),ma invitandoli insieme con te a considerare il padre come vittima della nostra comune umana fragilità, come se fosse in una situazione patologica che richiede una "contemplazione di povertà" personale e familiare.

Questo coraggioso ed oblativo atteggiamento non sarà vano, non è mai vano per chi sa di aver ferito fortemente un altro essere umano così vicino ed intimo a se stessi. Chi sbaglia gravemente, sa di non meritare questa comprensione e questo generoso imporsi di "non giudicare" e lasciare solo a Dio il compito di redimere coi Suoi tempi e metodi!

La signora di cui parlavo si è attivata in questo senso e mi ha detto che ha cercato di ricordare costantemente i primi tempi, il fidanzamento, la gioia dello stare insieme, la nascita dei due figlioli e capire fino in fondo cosa l'aveva attirata ed unita a quest'uomo : ha smesso di sbattere il telefono ad ogni telefonata; ha pregato incessantemente per lui e per la sua compagna di lavoro causa del problema; ha anche preso per dei mesi una reale distanza da lui perchè non ce la faceva più a sopportare la sua presenza, e infine ha voluto avere davanti ad un avvocato e ad uno psicologo cui era dovuta andare a farsi aiutare psicologicamente, un chiarimento sincero,obiettivo dei problemi forse mai discussi prima e della situazione attuale concreta ed interiore di entrambe, sforzandosi di evitare un coinvolgimento provocatorio da parte sua e da parte del marito che non avrebbe giovato a nessuno dei due.

E' passato poco più di un anno, ed ho saputo da poco che il marito sta andando in terapia psicologica, ha lasciato la collega, e attende con impazienza che lei gli dia il segnale positivo per rientrare in famiglia.
E spero intensamente che accada, sia come premio per la sua fede in Dio e nella strada di perdono che Gesù ha fortemente sottolineato per noi nella Rivelazione Evangelica (anche al momento di essere inchiodato alla croce), sia per aver chiesto umilmente aiuto a chi poteva fare unità di preghiera e sostegno a lei, e sia per la nuova serenità che vedo nei suoi occhi SOLO per aver fatto tutta la sua parte per suo marito di cui è garante di salvezza col suo amore nel bene e nel male abbracciando la sua croce e chiedendo a Gesù di portarla con lei.

A te cara L. la mia vicinanza nella preghiera e non dubitare mai che la potenza della preghiera in comune possa fare miracoli.
Luisa

Luisa ha detto...

Cara L.
sono stata costretta a inviare a parte per ragioni di spazio una stupenda poesia di Alessandro Manzoni sgorgata certo da una sua grande sofferenza "Regala ciò che non hai".
E' l'invito, in ogni circostanza della nostra vita ad "uscire da noi stessi" e continuare ad amare gli altri, a donarci ed a donare ciò che possiamo nella gioia e nel dolore.
Un caro saluto
Luisa
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Regala ciò che non hai…

Occupati dei guai, dei problemi
del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
le esigenze di chi ti sta vicino.

Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Illuminali dal tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorriso
quando tu hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco, quello che non ho, te lo dono".
Questo è il tuo paradosso.

Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua nella misura
in cui l'avrai regalata agli altri.

Alessandro Manzoni