Mentre sto andando a trovare Paolo, in ospedale da più di tre settimane, mi
telefona Riccardo e mi chiede se può venire anche lui.
Trovo Paolo abbastanza debilitato. La situazione è seria. Diverse
operazioni in breve tempo e non pare di intravedere miglioramenti.
Ci stiamo accomiatando dalla moglie Sara, quando scorgo Paolo che guarda
profondamente il figlioletto che, con infinita delicatezza, sta giocando con la
sua mano. Una scena commovente. Se non disturbassi farei una foto.
Usciamo. Intanto Riccardo mi dice che ha dato appuntamento a qualcuno
proprio davanti all’ospedale. Una cosa da sbrigare nel giro di qualche minuto.
Infatti, dopo un po’ arriva l’auto attesa.
Vado verso la macchina al parcheggio sapendo che si tratta di breve tempo.
Poi vedo che il tempo passa e decido di uscire dalla macchina e fare due passi.
Forse faccio qualche foto ma non trovo niente d’interessante. Soltanto la
corteccia di una betulla mi attira perché vi leggo il gioco del tempo.
Rimpiango di non aver fissato il momento delicatissimo di Paolo con il
figlioletto.
Passa altro tempo. Attendo. Sbircio nella macchina dove Riccardo
chiacchiera con l’amico e vedo che si sta interessando a un navigatore. Insomma
l’attesa imprevista sta diventando pesante e, più che mancanza di tatto, mi
sembra che Riccardo non si renda conto che avrebbe almeno dovuto dirmelo che
sarebbe stato più di un attimo ma quasi un’ora. Poi, non so da quale angolo
della mente, mi viene l’idea di trasformare quella piccola contrarietà in un
fiore per Paolo e scatta dentro di me l’idea che l’attesa si è combinata
soltanto perché io fossi più sensibile alla situazione di Paolo, bloccato in
ospedale quasi un mese. Al posteggio arriva una macchina che ad alto volume
lascia sentire una vecchia canzone “You never know” (non si sa mai).
Sì, non si sa mai perché succedono certe cose! In quel momento vedo Sara.
La saluto da lontano. Mi fa capire che vuole parlarmi. Affida il figlioletto a
un parente che l’aveva accompagnata. Appena sicura di non essere vista dal
bambino scoppia a piangere. Quando riesce a parlare, mi confida che il medico
le ha detto che la situazione ormai sta precipitando irreversibilmente. Non
sanno come arrestare l’infezione e Paolo è troppo debole. Praticamente il
medico aveva confermato un timore che girava nell’aria da qualche giorno.
Capisco che il “Regista invisibile” ha organizzato l’attesa perché io
potessi incontrare Sara.
Affido Paolo al Regista e affido anche me, con l’accresciuta voglia di
seguire le sue indicazioni per il bene di Paolo.
Riccardo mi raggiunge dopo qualche tempo e mi chiede scusa perché si era
del tutto dimenticato che lo stavo aspettando. Gli dico che la mia impazienza è
ora gratitudine perché ho potuto incontrare Sara. Gli dico che si sta
consumando l’ultimo filo a cui è appesa la vita di Paolo. Mentre parlo, mi
convinco che devo mettere tutto l’impegno a credere che il filo non si
spezzerà. Per Paolo posso soltanto accrescere la mia fede. Nulla è impossibile
a Dio!
L’indomani mi telefona Sara per dirmi, pur con le dovute riserve, che i
medici avevano notato che non c’era stato peggioramento. C’è da attendere delle
ore, ma le cose forse stanno cambiando.
I giorni seguenti Paolo è fuori pericolo ed io ho la sensazione di aver
sbirciato nella misteriosa fucina del “Regista” e di aver rubato qualche
scintilla del fuoco che produce miracoli: la solidarietà che ci trasforma.
Ancora una volta la vita mi insegna che il vero miracolo che possa accadere è
credere all’amore di Dio e ad attivarlo verso i fratelli. Talvolta è eroico ma…
non si sa mai!
3 commenti:
Caro Tanino ,
la tua esperienza mi commuove
Cercherò anche io di sfruttare
le attese,tante, senza impazienza
che mi è molto congeniale!
grazie come sempre spero di rivederti prima di partire mena
eroismo della pazienza (per un impaziente come me)... è così!
mau mos
Non ho mai creduto ai miracoli perchè sarebbero una forzatura su delle leggi della natura in sé perfette.
La tua narrazione fa intuire un cambiamento non secondo le leggi.
Intervento divino?
Forza della natura?
Energia che si sveglia?
Nin so cosa dire, comunque la storia è toccante.
Grazie,Flavio
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