Era il 24 gennaio 1944.
Chiara Lubich sentì parlare di Gesù in croce che grida "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Quel grido fu per lei una rivelazione e una chiamata.
Sarà la passione della sua vita.
Il 27 prossimo inizia la causa della sua beatificazione.
La sua strada di santità è stato questo amore per Gesù Abbandonato che l'ha lanciata alla ricerca di lui in tutti i dolori dell'umanità.
Questo immaginato dialogo di Chiara con Gesù Abbandonato l'ho composto per lei nel 2005, in un momento in cui si trovava in ospedale, ricordando alcuni momenti salienti della sua grande storia d'amore.
Il mio invisibile velo da sposa ti rivestì di nebbia
evanescente
Notte di veglia, notte di attesa. Eri nascosto, eri
presente
Giurai perenne amore come soltanto un’amante può
fare
Mi abbracciasti mentre sentivo il ponte dietro me
crollare
Come dono di Natale pensai una cella a custodir
l’amore
Ma tu accendendo la stella mi indicasti mille vie
del cuore
Ciascuno ha un talento per liberare il suo destino
eterno
Essendo Amore acceso sempre, anche nel gelo
d’inverno
Ed era freddo quando ti trovai dove alcuno ti aveva
cercato
Nascosto dietro orridi cocci di dolore reietto,
rifiutato
Giurai nuovo amore e mi apristi il cuore, una ferita
strana
Un varco che mi portava in alto ma a tutti più
vicina
Scesa nella valle gridai il tuo nome, intonai il mio
canto
In un attimo raggiunsi dolori oscuri, asciugai ogni
pianto
Passai come fuoco e chi si accese con me scoprì il
segreto
La legge della vita, la scienza, l’arte, contemplò
l’increato
Il vortice di caligine uscito dai palazzi alzò mille
veli
Mi offuscò la vista, non vidi più né terra né cieli
Gli occhi incollati alla tenebra, ero la tenebra
stessa
E senza tentennare rimasi lì, incessantemente fissa
Al cuore del buio, consumata d’amore aprii la nuova
aurora
L’umanità che annunciava felice l’arrivo della tua
ora
E sei giunto vestito con abiti che non potevo
immaginare
Un trucco tuo perché ti potessi sempre incontrare
Per dirti il mio amore non avevo ormai parole nuove
Compresi che dovevo farti sempre festa in ogni dove
Festeggiato, subito, sempre con la gioia più attesa
Tu la mia vigna carica, terra feconda, terra
fruttuosa
Mi identificai con gli schianti che annullano ogni
libertà
E mi rassicurasti che la tua notte non ha oscurità
Dopo tanto camminare ti chiesi: la mia santità quale
sarà?
La risposta fu domanda: se non mi ami tu chi mi
amerà?
Ora una luce inarrestabile si espande calda da
questa stanza
Che alta, lontana, vicina è diventata faro di nuova
speranza.